Le comunicazioni spirituali che intercorrono ininterrottamente da un secolo e mezzo, e che sono cominciate in Francia con la rivelazione spirituale di Allan Kardec, hanno sempre mostrato come nei cieli la politica terrestre sia sempre stata tenuta in altissima considerazione.
Si crede, lassù, che lo spirito civico espresso dalla politica possa fungere da trampolino di lancio a questioni della massima importanza per l’avvento di una visione caleidoscopica della vita e dell’esistenza in cui, pur mostrando evidenti differenze cromatiche, i valori civili e morali sono comunque parte di uno stesso spettro di colori, che sommati fra loro risulterebbero in un fulgido bianco… la luce.
In questo senso, dicono gli spiriti, sin dalla seconda metà del secolo XVIII, molte individualità di alto lignaggio morale si sono impegnate in progetti reincarnatori personali la cui attuazione era prevista su due fronti “caldissimi”, forieri di novità a livello planetario. Uno posizionato nell’America del Nord, dove gli Stati Uniti stavano preparandosi a nascere, l’altro nella Francia della rivoluzione anti-monarchica.
Nell’ nell’unione di intenti tesa a far primeggiare principi di libertà e giustizia in quelle porzioni civiche del pianeta, gli spiriti intravedevano il compendio pratico per poter affermare, in un secondo momento, altri principi ancor più alti, eminentemente morali, utili al progresso collettivo dell’umanità.
Una volta affermati nella politica quei concetti che, applicati, avrebbero evidenziato la necessità di una gestione equa e solidaria, per rendere più pratica possibile l’idea di sovranità popolare, la stessa cosa si sarebbe trasferita in ambito maggiore. A quel punto pertanto sarebbero state inglobate altre sfere dimensionali appartenenti – anche se poco ce ne rendiamo conto – al campo energetico unificato ( matrice modellatrice, matrix divina) comprensivo pure del piano degli alti valori etico/morali che sottintendono alla realtà spirituale.
La storia, invece, prese poi un’altra piega, e il risultato di ciò che avvenne è comunque oggi sotto gli occhi di tutti. Né gli USA, né la Francia diedero impulso al governo delle leggi spirituali, con sommo rammarico di chi aveva creduto al possibile successo di tale iniziativa.
Sembra che, non contento della “sberla” (oggi va di moda) presa nelle due occasioni, il mondo spirituale iniziò a fermentare con nuove idee, per raggiungere lo stesso obbiettivo già preteso prima.
Un altro grande progetto globale cominciò allora a disegnarsi, prima negli ambienti spirituali e poi in quelli fisico-materiali della Terra. Alcuni spiriti abnegati si sarebbero incarnati con il compito di provvedere alla creazione di un modello, di un “sistema” che avrebbe convogliato in sé il meglio delle esperienze politiche, culturali e sociali fino ad allora prodotte, e che sarebbe diventato l’esempio pratico di una conduzione veramente “illuminata” della res publica. Darwin, Pestalozzi, Marx, Napoleone, Kardec e altri si dedicarono a questo gravoso compito: in una Europa unificata e pacificata dal genio strategico di Napoleone, gli altri sarebbero intervenuti con le loro conoscenze specifiche, offrendo sostegni socio-culturali all’immane travaglio che gli uomini sulla Terra si stavano preparando ad affrontare.
Anche qui, però, il risultato fu scarso, se non inesistente.
Pensate che lassù qualcuno abbia desistito dall’idea? Per niente!
Anzi. Pensarono, invece, in funzione dell’obbiettivo finale individuato nell’instaurare anche sulla Terra il modello gestionale cosmico – quello che segue le leggi del Padre Amatissimo –, perché non cominciare dalla fine? Ovvero, perché non cercare , attraverso un’alta concentrazione territoriale di reincarnazioni di spiriti compromessi all’uopo, di stimolare la divulgazione e la pratica di sempre più elevati concetti morali, mirati all’esercizio del buon vivere?
Il luogo scelto fu allora – ci dicono sempre gli spiriti – il Brasile, dove la miscellanea di razze e culture avrebbe favorito una visione tollerante ed ecumenica, prodromo di un’evoluzione civica che ne avrebbe rispecchiato una uguale (evoluzione) spirituale futura.
Ho vissuto per trent’anni in quella terra. Quando arrivai lì, agli inizi degli anni ’80, tutto il continente sudamericano sprofondava in una coltre spettrale di soprusi, miserie, ingiustizie. Le dittature militari controllavano con pugno di ferro, e reprimevano con quello d’acciaio, ogni segmento sociale che osasse alzare la testa.
Solo negli anni ’90 cominciò a modificarsi la situazione. In Brasile apparse un operaio metalmeccanico, poi sindacalista, un tizio chiamato popolarmente Lula. Era tarchiato, grassottello ( i suoi contendenti politici lo chiamavano “o sapo”, il rospo ), con un’ispida barba incolta, quasi sempre incazzato. Si presentò per due volte come candidato alla Presidenza della Repubblica di quel Paese, e per due volte perse.
Si tagliò allora la barba, dandole finalmente una forma, e smise d’infervorarsi a dismisura, cominciando ad assumere un linguaggio sempre più comprensibile alla vasta mappa degli elettori. Moderò i toni e i costumi, e al terzo tentativo riuscì a farsi eleggere Presidente.
Otto anni al governo hanno mostrato al popolo brasiliano, e al resto del mondo, le due facce del potere: quella dell’arroganza ( i sistemi clientelari, le corruzioni, gli sprechi) e quella del servizio alla comunità (quaranta milioni di persone spostati dai ceti più poveri a quelli più dignitosi di una elementare classe media, prima inesistente).
Un curriculum di cui non aver vergogna, per Lula il Presidente. Che però ha pensato bene – per motivi a me sommariamente incomprensibili – proprio l’ultimo giorno, prima del trasloco dalla Piazza dei Tre Poteri di Brasilia, di fermare unilateralmente una sacrosanta richiesta delle autorità giudiziarie italiane di consegnare per estradizione un tale che in Italia s’era macchiato di gravi delitti ed era stato giudicato e condannato. Siccome quella persona – Cesare Battisti è il suo nome - risiedeva in Brasile, dal Brasile doveva essere estradato e ricondotto nelle patrie galere dove la sua punizione l’aspettava.
Non ho trovato sollievo nel pensiero del lungo periodo di paura, incarcerazione, umiliazioni e soprusi che Lula, la sua succeditrice Djlma Roussef, il loro ministro della Giustizia Tarso Genro, ed alcuni dei notabili magistrati che compongono la Corte Suprema Federale, avevano dovuto soffrire nelle mani degli aguzzini fascisti che li soggiogarono per decenni. Non mi sembra questo un buon motivo per permettere un così evidente sopruso civico. Né mi sembra d’uopo ricorrere alla scappatoia dello scontro politico fra due visioni di realtà – quella socialdemocratica brasiliana e la liberista italiana.
Credo piuttosto che sia qualcosa che ancora mi sfugge nella sua vera essenza, ma sono convinto che prima o poi questa apparirà in tutta la sua evidenza.
Per ora, di fronte alle mega iniquità planetarie che terrorizzano il regno dei cieli, la vicenda di Lula e di Battisti mi pare assumere una valenza relativa, anche e soprattutto in vista del progetto maggiore che sembra dispiegarsi in quelle terre tropicali.
Se ci occupassimo invece – con la stessa passione civica – delle gravi, ben più gravi iniquità che adombrano il nostro Paese e altre realtà territoriali planetarie ( Siria, Libia, Afghanistan, Cambogia, Tibet, Africa sub-sahariana), potremmo forse raggiungere risultati pratici che, anche se minimi, sarebbero comunque di grande impulso riformatore a livello umanitario.
Se quindi i nostri veri intenti sono quelli di far rispettare la predominanza del diritto sul potere politico, forse, tutto sommato, su Battisti è meglio fare finta di niente: corriamo il rischio che ci prendano sul serio, ce lo rimandino qua, e poi esigano che l’Italia adotti lo stesso rigore con i delinquenti di casa nostra.
E allora che faremmo?
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