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venerdì 15 luglio 2011

Cosmogonia - I Vangeli

Durante la vita di Gesù non vi fu alcuna produzione scritta concernente le Sue opere.

Immediatamente dopo la Sua morte, però, cominciò una vastissima opera di trascrizione dei fatti e soprattutto delle parole del Maestro. La costanza del lavoro di proselitismo degli apostoli, migrati non solo in ogni angolo della Palestina e delle nazioni vicine, ma anche in Europa attraverso la Spagna e la Sicilia, produsse grandi risultati nell’opera di diffusione del primo pensiero cristiano.
Nei primi decenni del nuovo secolo vari scrittori, storici, filosofi e letterati cominciarono a redigere i resoconti di quello che a loro parere avevano inteso dei racconti che gli erano arrivati da amici, o amici degli amici, che in ultima istanza si rifacevano alle gesta del Messia in Palestina.

Cento anni dopo la morte di Gesù il suo apostolo più giovane, e più amato, – Giovanni – scriveva l’Apocalisse, il libro delle rivelazioni, a suggello della sua opera sulla vita di Gesù, iniziata con il Vangelo alcuni anni prima, annoverandosi come l’unico degli apostoli ad aver redatto personalmente un testo che parlava di Lui.

Passato un altro secolo la proliferazione dei testi evangelici, oltre a lettere, resoconti storici, trattati filosofici ed altra letteratura del genere, era diventata enorme. La diffusione del cristianesimo come metodo religioso, inoltre, viaggiava sempre più oltre i confini della città di Roma, incuneandosi in territori che spaziavano tanto quanto le conquiste dell’Impero. La divisione di questo fra quelli d’Oriente e di Occidente, poi, non fece che aiutare la moltiplicazione di questo fenomeno, facendo lievitare il numero degli scritti a varie migliaia.
Quando la Chiesa Romana cominciò a rendersi conto dell’importanza che stava assumendo nella società, non solo dal punto di vista meramente teologico e religioso, ma anche da quello politico – non raramente sostituendosi alla realtà amministrativa vigente – sentì la necessità di darsi uno statuto interno. Una delle prime operazioni a combinarsi fu quella, quindi, dell’individuazione dei testi evangelici – fra le migliaia esistenti – che più si adattassero alle necessità teologiche e civili del nuovo soggetto politico che impersonava.
La raccolta di tutti i testi rinvenuti nelle centinaia di chiese regionali che si sparpagliavano nell’ampio territorio dell’Impero, ognuna di loro adottando i propri scritti e accreditandoli della veridicità, era una mossa necessaria per poter “effettivamente” centralizzare il potere a Roma, e da lì controllare meglio l’andamento delle diocesi più lontane, oltre al fatto, naturalmente, di accentrare finalmente nelle mani del Papa la dottrina teologica che meglio rispondeva alle necessità di supremazia e governo.

Fu un uomo di Chiesa, Geronimo, la persona a cui vanne affidato dal Papa in pectore, il compito della cernita e della selezione finale delle opere più consone allo spirito della Chiesa di allora, e questo avvenne mediante la proscrizione del 90% del materiale raccolto, e l’elezione di pochi testi – fra cui i quattro Vangeli che tutti conosciamo – che sarebbero serviti a compilare il testo sacro della Chiesa Romana, il Vecchio e il Nuovo testamento.
Nasceva il Cattolicesimo Romano.


sabato 25 giugno 2011

Cosmogonia - Ya Yevh il manipolatore

Quello che valeva per Luzbel, valeva per Ya Yevh: la dimenticanza del passato, caratteristica che riguardava chiunque fosse soggetto al processo della reincarnazione, era il vero, insormontabile problema.

Certo, la valenza e soprattutto i motivi per la lagnanza erano ben differenti. Da una parte, infatti, il passato rimosso era il motivo dell’insuccesso della “ribellione”, i cui propositi basilari rimanevano negli archivi mentali dei soli esseri “astralizzati”, ossia lo stesso Luzbel e il suo generalato. 
Dall’altra – quella di Ya Yevh – era il passato dell’anima, del suo “iter” esistenziale, soprattutto della sua origine divina, il ricordo del quale era la parte importante di cui gli esseri incarnati non disponevano più.
Ricordarsi infatti l’origine, la provenienza e il destino di ciascuno di noi sarebbe stata la “soluzione finale” affinché tutta l’umanità intraprendesse infine, con fermezza, quel cammino che l’avrebbe portata al passo successivo, quello della reintegrazione cosmica.

Una volta ciò avvenuto, reinserita la Terra nel grande circuito universale, gli abitanti di quel pianeta avrebbero potuto riavvalersi di nuovo dell’esperienza e dell’esempio che l’immensa comunità galattica avrebbe portato in tutti i campi – dalla scienza alla tecnologia, dall’etica alla più profonda spiritualità.

La sola acquisizione di queste nuove nozioni avrebbe automaticamente risolto il problema della presenza disturbatrice dei ribelli che, relegati ad altro luogo di espiazione e pena, nell’ambito di un processo reincarnatorio fondato sulla giustizia, non avrebbero più potuto impedire, con i loro comportamenti “folli”, il libero accesso al cammino della migliore evoluzione per tutti.

Il problema di Ya Yevh era però rappresentato dall’impossibilità di “cooptare” le scelte di chicchessia, di impedirgli, in soldoni, di scegliere qualsiasi cosa intendesse, e siccome il mondo era – nella quasi totalità degli interessi dei suoi abitanti – diretto al raggiungimento di scopi che andavano in direzione assolutamente contraria alle grandi leggi che imperavano nel cosmo, il risultato che presumibilmente si sarebbe ottenuto non avrebbe portato a nulla di buono.

Bisognava elaborare una strategia che permettesse di aggirare l’ostacolo e raggiungere l’obbiettivo. La venuta del Maestro sarebbe stata questa soluzione, ma solo se fosse stata indirizzata verso l’obbiettivo che Ya Yevh intendeva più utile al suo scopo.

Il modo che trovò fu quello della manipolazione storica attraverso il maggior testo epico che lasciò in eredità al suo popolo prescelto, quello degli ebrei, la Bibbia. L’insieme dei vaticini profetici presenti nella Torah (i primi cinque libri della Bibbia, quelli scritti direttamente dal creatore e consegnati “brevi manu” a Mosè) descrivono, oltre al carattere collerico e vendicativo dello stesso Yaweh, i modi, le parole, gli scenari in cui il Messia – l’Inviato – si sarebbe trovato davanti, al fine di rendersi riconoscibile al Suo popolo.

L’influenza che le parole scritte nel testo sacro hanno avuto su tutti coloro che ebbero la fortuna di imbattersi in vita con una simile Personalità, soprattutto in coloro che Gli erano più vicini quali la Sua stessa madre e tutti i Suoi apostoli, è stata enorme, plasmando comportamenti che sono stati fondamentali nella vita del proprio Gesù. Lo hanno visto, ancora ragazzino, insegnare ai dotti del Tempio di Gerusalemme, litigare con i commercianti che lì lavoravano, trasformare acqua in vino e moltiplicare pani e pesci, guarire gli storpi, i ciechi e resuscitare i morti, entrare nella capitale seduto su di un asinello, morire sulla croce e resuscitare tre giorni dopo.

Tutto quello che si aspettavano che accadesse, il Messia la compì. Tutte, meno una, quella che Gli era sempre più insistentemente richiesta: assumere il controllo politico e militare sulla Palestina, guidare il popolo ebreo verso il dominio mondiale (o di quello che allora sembrava il loro piccolo mondo).

Il Maestro passò buona parte dei Suoi ultimi anni cercando di spiegare a tutti, cominciando da Sua madre, i Suoi apostoli, gli altri che frequentava, i re locali e gli inviati romani, addirittura allo stesso Ya Yevh, che Lui non si sarebbe prestato ad utilizzare i poteri che Gli appartenevano per favorire questa o quella vicenda umana, già che il Suo lavoro, basato esclusivamente sull’amore, era a beneficio di tutti, indistintamente.

Ad alcuni riuscì a farlo capire, alla maggior parte no. Ma tutti, o quasi, si rassegnarono ad ascoltare le parole del loro “Rabi” dove mai c’era spazio per inviti diversi dal perdono, dal rispetto, dalla solidarietà.
Uno di quelli che non si rassegnò fu Giuda Iscariota.



sabato 4 giugno 2011

Cosmogonia - Oltre i confini di spazio e tempo

Il pensierio scientifico classico non è più adeguato a spiegare i fenomeni che la scienza moderna stessa riscontra nelle sue indagini, come quello della "non-località quantica" e delle "onde di probabilità"... 

Un esempio alla portata di tutti è il fenomeno descritto dal biologo R. Sheldrake e noto come "risonanza morfica". In pratica, si osserva che quando un nuovo comportamento viene adottato da un certo numero di esseri viventi simili tra loro, questo si diffonde tra tutti gli altri appartenenti alla stessa specie, anche se non ci sono contatti effettivi tra di loro. 
Secondo Sheldrake, tale fenomeno di “trasferimento di informazioni” avviene grazie ad una forma di "risonanza" che trascende i limiti di spazio e tempo.



                                                                                                                                                                                              

sabato 21 maggio 2011

Cosmogonia - nasce Gesù

Cosa rispondereste a chi vi proporrebbe di dedicare tutta la vostra esistenza, fino alla morte, alla pulizia di un porcile, con i porci che appena pulito risporcano tutto, compresa la persona che sta pulendo? Bene, questa è stata la scelta del Maestro.
Lui conosceva le intenzioni di Ya Yevh, sapeva cosa questi aveva inviato telepaticamente ai suoi medium – i profeti – affinchè scrivessero sulla Bibbia il resoconto dell’epopea che il Messia - Lui - avrebbe dovuto protagonizzare in Palestina. 
Conosceva il nostro passato, i racconti quasi uguali che in popoli ed epoche differenti ripercorrevano la storia dell’“inviato”: la nascita da una vergine, la rivoluzionaria azione politica, la morte e la resurrezione in tre giorni. Erano miti che si rincorrevano nella Storia, adattandosi – chi più chi meno – alle particolarità di questo o quel popolo.

Aveva detto chiaramente a Ya Yevh che il metodo che avrebbe usato, una volta sulla Terra, non sarebbe stato quello della spada ma quello dell’amore, secondo il Suo stile. E così infine fu.
Nonostante tutte le manipolazioni preparatorie, e quelle successive alla “nascita” del Maestro – di cui parleremo in altre occasioni – non riuscì minimamente a scalfire i propositi di Quello, che portò finalmente a termine la missione che s’era imposto. E’ vero che l’imponente presenza di quasi tutta la flotta galattica in silente osservazione dei fatti che si succedevano sulla Terra, in occasione della “prova esistenziale” del Maestro, aveva prodotto come effetto l’immediato allontanamento di tutte le navi spaziali ancora presenti sul globo, oltre a quelle che dall’esterno si guardavano bene dall’attraversare lo scudo energetico che gli assessori del Maestro avevano imposto tutto attorno al pianeta.
Ya Yevh, da questo punto di vista, poteva dirsi soddisfatto: gli ET se ne erano andati. Ma la soddisfazione non poteva essere completa: resistevano infatti tutti gli “atlanti” di un tempo, i ribelli che in migliaia di opportunità reincarnatorie avevano ormai “occupato” la Terra, senza parlare di Yel Luzbel e dei suoi generali, che dall’alto del mondo astrale continuavano a tirare le file delle vicende umane.

Il piano di Ya Yevh era riuscito, ma solo per metà. Il vero problema, quello della velocità del ritmo evolutivo dei terracquei e del pericolo di non riuscire nell’omaggio che con la Creazione aveva voluto fare al Padre, era ancora tutto intero.

Cosa avrebbe potuto fare?








sabato 30 aprile 2011

Cosmogonia - Sconcerto generale


La decisione del Maestro di incarnarsi come un qualsiasi terracqueo per immergersi nel mondo tutto materiale della Terra, creò immediatamente uno sconcerto generale in tutti gli ambienti spirituali.
Vari ordini di problemi si presentarono immediatamente agli occhi dell’Alta Spiritualità, oltre a quelli di tutti gli assessori del governatore spirituale della galassia. Alcuni grandi, altri enormi, altri ancora apparentemente invalicabili. Nessuno, tranne il Maestro, riusciva a capire i veri propositi di quell’azione, nemmeno Ya Yevh che Quella presenza l’aveva invocata.
A prescindere dalle ragioni a sostegno della decisione (la legge del libero arbitrio è valida per tutti, nell’Universo e al di fuori d’esso) erano le difficoltà tecniche a mettere in crisi, sin da subito, gli esseri deputati al processo reincarnatorio. Se è quasi routine l’immedesimazione di uno spirito “normale” in un feto in formazione, assolutamente inconsueto era ipotizzare la stessa procedura per il caso del Maestro.
Il processo reincarnatorio è un concorso di più volontà: dallo spirito desideroso di rientrare nell’esperienza fisica, ai suoi “compagni di viaggio”, ai mentori spirituali dell’incarnante, ai tecnici che seguono tutto il processo di “immantazione” dello spirito al nuovo corpo. Quello che normalmente succede, poco prima di quest’ultima fase, è l’inizio dell’adattamento dei corpi non materiali a quello fisico, in una sequenza che può durare mesi o anche anni, ma che sempre si risolve con il 100% del risultato atteso, data la compatibilità reciproca tra i corpi dimensionalmente differenti.
Il primo grande problema che si presentò a questa equipe – quella che sovrintende al processo reincarnatorio – fu cercare di capire come “ridurre” la personalità spirituale del Maestro. I corpi materiali degli homo sapiens, infatti, erano costituiti per accogliere “naturalmente” gli spiriti degli esseri di mondi d’espiazione e pena. La loro complessità vibratoria, infatti, entrava in simbiosi perfetta con i corpi fisici che li avrebbero accolti. Non così poteva funzionare per Gesù. La sua essenza spirituale era di una tale caratura che mai si sarebbe potuta “ridurre” fino a permettergli di entrare in un corpo materiale, almeno questa era l’idea dei responsabili dell’equipe.
Con pazienza e determinazione il Maestro gli offrì modo di ricredersi, incentivandoli allo studio per la risoluzione dell’apparente problema, che comunque alla fine – come sappiamo – si risolse.
Ordini di complessità maggiore s’imposero perentori per tutti gli esseri appartenenti all’Alta Spiritualità, invece, e stiamo parlando dei co-creatori, come Ya Yevh, degli altri esseri cristici, di tutti coloro, poi, che si trovano nella scala intermedia tra gli esseri cristici e il Padre – e sono tanti, tantissimi. Chi appartiene a queste categorie esistenziali v’è arrivato per il grado di purezza che ha saputo infondere alle proprie esperienze, nel corpo e nello spirito, durante tutto il processo evolutivo. Raggiunte le vette spirituali il loro magnetismo vibratorio irradia nelle galassie, nei mondi, nelle realtà parallele e in tutte quelle altre dimensionalmente differenti, sostenendo con la propria forza intrinseca i destini di questo o di quel luogo, con tutti gli esseri in essi inseriti.

Una semplice macchia, in un corpo spirituale di quella forza e dimensione, può provocare un disastro inimmaginabile, a se stesso e a tutti gli altri. A se stesso perché lo costringe al ripristino delle condizioni energetiche perdute, in un processo che può non avere tempo. A tutti gli altri – Alta Spiritualità compresa – perché obbliga a un ritardo evolutivo, nell’attesa di queste condizioni ripristinate. Forse sarà un po’ complesso da intendere, ma vi assicuro che è un vero disastro!
Lo stesso Ya Yevh, che intendeva – come ha sempre fatto con tutti – “manipolare” Gesù affinché gli risolvesse un problema da lui stesso creato (la devianza dell’homo sapiens dal cammino tracciato, ad opera del proprio DNA del creatore e dell’influenza extraterrestre), era sicuro che questi sarebbe venuto nella Sua veste cosmica, già che Gli sarebbe stato impossibile entrare in un corpo materiale.

La sorpresa, e lo sconcerto generale quindi, furono unanimi e provocarono un certo panico.
Solo il Maestro – e il Padre con cui era Uno – sapevano.

sabato 2 aprile 2011

Cosmogonia - i primi preparativi per l'arrivo del Maestro

Ya Yevh si assunse l’incombenza di preparare il terreno per l’arrivo del grande sovrano spirituale. 

Quasi tutti gli esseri extraterreni erano stati espulsi al di là delle frontiere energetiche del pianeta, e quelli che rimanevano erano talmente pochi e isolati da non risultare neanche preoccupanti. Un discorso a parte erano però gli Atlanti che, seppur scomparsi come nucleo popolazionale organizzato, erano però ancora coesi come centro di potere, riparati dalle frequenze del mondo astrale, da cui cercavano di condizionare mentalmente tutti quelli che sulla Terra potevano essere raggiunti dalla loro influenza vibratoria.
Esaminando le condizioni generali di popoli e razze che vivevano sul pianeta, il loro grado di conoscenze tecniche e scientifiche, decise quindi che il Medio Oriente era il luogo giusto per l’incarnazione del Maestro. Non che fosse veramente d’accordo con il metodo scelto da Gesù - lui avrebbe preferito che fosse venuto nella Sua veste cosmica, munito di tutti i poteri che disponeva, riuscendo in un solo colpo a fare quello che da tempo lui tentava, ossia cacciare tutti gli invasori extraterrestri e “svegliare” i terracquei per il compimento del loro vero destino – ma non poteva certo imporre anche al Maestro (a Lui proprio no) le sue volontà.

Così, costretto a soccombere di fronte a una volontà maggiore, si accontentò di dirigere i lavori, valutando e scegliendo secondo la sua ottica il posto e il momento giusto. Scelse prima un capostipite, trovandolo in un commerciante sumero della città di Ur, Abramo, e lo convinse ad adottare il monoteismo (dietro promesse di lauti compensi terreni). Lo fece viaggiare fino alle sponde del Meditarreneo, e procreare creando una popolazione nuova – gli ebrei – che avrebbero conteso il territorio ad altri nuclei di origine sumera, assiria, babilonese, egiziana.
Si sarebbe a loro presentato come Yaweh, l’impronunciabile, l’unico Dio, generoso con chi gli avesse ubbidito e terribile contro tutti gli altri, detentore di tutti i poteri, in cielo come in terra. Ottenne – come sempre – quello che voleva, e quattromila anni dopo nasceva, in una giornata di aprile (probabilmente) dell’anno 6 a.c., in Palestina, il piccolo Yoshua, Gesù, figlio di Maria e di Giuseppe, il carpentiere.
Nel frattempo aveva consegnato a uno dei discendenti di Abramo, di nome Mosè, le tavole con le sue leggi e soprattutto la Torah, i primi cinque libri della Bibbia, dove tutto ciò che era stato, che era e che sarebbe diventato era scritto.
Attraverso alcune persone della popolazione locale aveva aperto un canale di comunicazione mentale (medianico), con cui li spronava a riportare fatti e avvenimenti che avrebbero marcato la storia del suo popolo, in seno al quale sarebbe prima o poi apparso il Messia, il grande sovrano celeste che avrebbe riportato Israele ai fasti a suo tempo promessi.
In una sempre maggiore e fervorosa adorazione di Yaweh, si aspettava l’arrivo del Maestro. Quando il momento dell’incarnazione si avvicinò Ya Yevh dovette scegliere i genitori che avrebbero accolto siffatto figlio. Se la scelta di Maria fu relativamente semplice – era un essere speciale, in evoluzione marcata e libero da grandi pesi karmici – non altrettanto poteva dirsi in relazione al suo compagno, Giuseppe, che non presentava un bagaglio genetico atto a contribuire alla grande missione del Maestro.
Si scelse così la strada dell’inseminazione artificiale, e dopo pochi mesi, annunciato dagli “angeli” - gli emissari di Ya Yevh – nacque Gesù.



giovedì 24 febbraio 2011

Cosmogonia - La decisione del Maestro

L’ultima esperienza atlante si stava mestamente per chiudere. Mancava ancora abbastanza tempo – secondo l’ottica umana qualche migliaio d’anni – ma quello che ai nostri sensi passava non percepito, tale non era agli occhi di Ya Yevh e soprattutto del Maestro, che da lontano seguivano l’evoluzione del pianeta Terra. I risultati non erano certo incoraggianti, e non facevano presagire nulla di buono per il tempo a venire.
Le acque del “grande diluvio” si erano ormai ritratte, permettendo la riemersone di vaste aree continentali, e le popolazioni – soprattutto quelle decimate dall’improvviso cataclisma naturale – stavano già ricostituendosi in forti nuclei organizzati.
L’arrivo – ottomila anni fa circa – di emissari di una popolazione che abitava il pianeta “anomalo” del nostro sistema solare, Nibiru, non aveva certo contribuito al ripristino di condizioni ideali per la ripresa del cammino evolutivo, tutt’altro.
Divisi tra di loro, asserragliati in una disputa interna, tutta familiare, per il controllo del potere sul loro pianeta d’origine, e soprattutto necessitati dal reperimento di grandi quantità d’oro, scarsissimo sul loro territorio ma grandemente in abbondanza sulla Terra, elemento indispensabile per correggere determinate condizioni ambientali su Nibiru che stavano compromettendo la stabilità di quel pianeta, erano scesi nel territorio storicamente definito come Mesopotamia e là avevano stabilito il centro politico e amministrativo della loro missione.
Rapidamente avevano assoggettato la popolazione locale, abbagliati dagli strabilianti poteri che questi “dei” mostravano detenere, e ancor più rapidamente avevano ripreso le loro lotte interne, usando gli umani come carne da macello in annose guerre fratricide che lasciavano migliaia, a volte milioni di morti.
Avevano – è vero – contribuito al miglioramento sostanziale della civiltà mesopotamica, non solo unendosi alle donne terrestri e generando uomini dalle caratteristiche speciali – i “giganti” – ma soprattutto attraverso manipolazioni genetiche che erano riuscite a creare un primo uomo “diverso” dai suoi simili, fisicamente più adatto a sopportare la gravità terrestre e l’intensità radioattiva solare, rendendolo non solo più forte – e quindi più atto al lavoro fisico – ma anche più scaltro, in grado quindi di assumere decisioni, o quantomeno di seguire alla lettera le istruzioni che gli venivano impartite.
Sapevano gli Annunaki (Nefelim per la Bibbia) – gli abitanti di Nibiru – che presto sarebbero dovuti tornare sul loro pianeta, in orbita di avvicinamento alla Terra, già che il passaggio successivo si sarebbe ripresentato solo tremila e seicento anni dopo.
Le scorte d’oro, dopo la scoperta degli enormi filoni delle Ande sudamericane, erano pronte; le guerre interne – soprattutto in Medio Oriente – si erano avvicinate pericolosamente ad un tragico olocausto, e poi c’erano gli atlanti, che con loro si contendevano territori e poteri; senza parlare di Ya Yevh, che da tempo cercava di spingere tutti quegli incursori galattaci verso i loro luoghi d’origine, nella speranza di poter vedere, finalmente, la razza degli homo sapiens cominciare a camminare davvero con le proprie gambe. Il caos era grande, e la possibilità di vedere l’umanità percorrere un cammino fatto di solidarietà e rispetto reciproco era ancora lontanissima.
Intanto però il tempo – anche quello cosmico – correva, e bisognava far qualcosa per permettere ai terracquei di ritornare a percorrere il cammino che li avrebbe riavvicinato al circuito universale.
A tutto questo progetto si contrapponeva anche la politica di Yel Luzbel, che dall’alto del mondo astrale faceva di tutto per influenzare negativamente la popolazione terrestre, di modo a ritardare sine die la sempre più imminente reintegrazione cosmica.
Di fronte a questo quadro desolante, fu gioco-forza per Ya Yevh dover ammettere l’impossibilità di correggere da solo il dispiegarsi degli eventi e dovere, di conseguenza, richiedere l’intervento della massima autorità spirituale della Galassia – il Maestro – per cercare di rimediare ai mali che lui stesso, attraverso il trasferimento del proprio DNA a tutta la popolazione universale ed anche alla sua gestione “politica” della crisi terrestre, aveva creato.
Il Maestro, che già sapeva che ciò sarebbe accaduto, aveva già previsto il modo in cui si sarebbe dovuto presentare davanti a quella situazione caotica: come un qualsiasi terracqueo si sarebbe reincarnato, avrebbe perso la memoria spirituale, e da lì sarebbe dovuto ripartire per mostrare ai Suoi simili le immense possibilità di risveglio e crescita che soggiornavano in ognuno di loro.
Ora si sarebbe dovuto decidere solo dove, e quando.


sabato 29 gennaio 2011

Cosmogonia - Altri progetti in divenire.

Se è quasi intuitivo riconoscere alcuni segnali di successo nelle strategie messe in atto per il miglioramento morale progressivo a cui tendeva tutto il progetto Terra, meno facile è accettare gli scopi ultimi dell’esperimento messo in atto con la creazione del nostro pianeta. Uno di questi è il “portale cosmico”. Posta agli estremi di una delle spirali del nostro sistema galattico – la Via Lattea – la Terra sarebbe servita, in un futuro oggi non più distante, come trampolino di lancio per viaggi inter-sistemici e inter-dimensionali.
La collocazione geografica prossima a un vortice energetico – un buco nero – da cui partono condotti che attraversano parte dell’universo senza sottoporsi ai limiti dello spazio e del tempo, era la caratteristica astronomica che interessava molte delle civiltà extraterrene a noi vicine, notevolmente sviluppate dal punto di vista tecnologico, ma non ancora in grado di progettare macchine e tecniche che gli avrebbero permesso il raggiungimento fisico di tale vortice.
Una base fissa sul nostro pianeta, facilmente raggiungibile da molti, avrebbe risolto la situazione, permettendo scambi di esperienze con realtà dell’universo ancora enormemente distanti. Il progresso scientifico, ma anche morale, che si sarebbe potuto raggiungere con tali scambi esistenziali sarebbe state di enorme vantaggio per tutti, e questo era l’obbiettivo ultimo in cui molti speravano.
Il ritmo di marcia lento e pieno di intoppi invece, unito all’incredibile degradazione ambientale che stiamo imponendo al nostro pianeta, stava – e sta – mettendo in rischio quest’ultima parte del progetto Terra.
Il tempo, purtroppo, non ci è amico, né la nostra ignoranza e incompetenza nel riconoscere gli errori che da anni stiamo facendo sul fronte ambientale. La fiducia in un nostro prossimo “ravvedimento” non è poi gran cosa, e chi ci guarda dal “di fuori” non è molto ottimista, anzi direi esattamente il contrario.
Ecco perché arrivati alle soglie dell’inversione di tendenza cosmica, con il nostro sistema solare – dalla fine del 2012 – in avvicinamento costante al centro della galassia, ricevendo sempre maggiori flussi di energie provenienti dal centro della Via Lattea, il tempo dell’attesa dei nostri buoni propositi è in fase terminale, e volenti o nolenti saremo costretti a “subire” l’intervento esterno dei nostri fratelli di altre civiltà cosmiche, a ricordarci le nostre origini e i propositi che ineluttabilmente ricordiamo quando in stato di spirito, tra una vita fisica e l’altra, ma che puntualmente dimentichiamo una volta apparsi nel contesto della materialità.


Tutto questo grande dispiegarsi di eventi – preannunciato dal Maestro, dai suoi discepoli, dai molti avatar nel corso della storia in varie opportunità – sarà naturalmente diretto da Ya Yevh, in qualità di nostro Creatore ma anche di diretto interessato all’evoluzione della razza umana.
L’interesse di Ya Yevh è personale: esseri come lui – e ce ne sono tanti – con esistenze quasi senza tempo, sono costretti ad una specie di immobilismo morale determinato dall’assenza di opportunità di esperienze fisico-materiali, le uniche a proporzionarci possibilità di intervento che possono trasformarsi in passi evolutivi concreti. Non avendo situazioni di stimolo che gli permettano, col confronto e l’introspezione, di modificarsi intimamente, Ya Yevh è costretto ad utilizzare le nostre esperienze e le nostre sensazioni per rendersi conto della duttilità dello spirito nel riconoscere se stesso per quello che è: ad immagine e somiglianza del Dio creatore.
E’ meraviglioso per lui verificare come l’essere umano, a differenza di molti altri, ha la possibilità in una sola vita – una manciata di anni che tradotti in tempo cosmico sono quasi meno di niente – di passare da uno stato di coscienza ignorante e incongruente ad un altro profondamente compenetrato dalla più alta sensibilità morale.
L’esempio di uomini che pur se incarnati e dimentichi della propria origine spirituale riescono a trascendere la materialità e vivere di luce e amore – ne potremmo ricordare a decine, da Bhudda a Lao Tse, da Francesco d’Assisi a Madre Teresa, da Ghandi a Gesù – è il modello a cui il nostro creatore guarda con sempre rinnovato interesse, cercando di cogliere in queste esperienze il materiale da utilizzare per la propria evoluzione.
Sembra strano, ma è proprio così: Ya Yevh, il creatore dell’Universo, ci invidia la capacità che abbiamo di imparare... e di cambiare.

domenica 19 dicembre 2010

Cosmogonia - Il grande progetto di Ya Yevh

Ogni cosa nella natura ha un senso, soprattutto una finalità. La Terra, il pianeta che della natura ha fatto la sua identità, la sua specialità, non è da meno: anche lei ha una finalità. Complessa e inderogabile.
Quando Ya Yevh - quattro miliardi e seicento milioni di anni fa - ne ha costituito la struttura, pensava esattamente alle sue molteplici finalità: essere un laboratorio dove far sorgere sempre nuove specie, fornire materie prime – minerali, vegetali – per l’utilizzo in altri mondi o sistemi galattici, essere la sede dell’evoluzione della razza umana, trasformarsi in “portale”, una specie di trampolino di lancio, per viaggi interdimensionali. Non ultimo, permettere allo stesso Creatore di evolvere con la sua creatura.
Se diventa facilmente accettabile l’idea di un pianeta con lo scopo di riunire una immensa bio-diversità, atta a sopperire con le proprie materie prime altri mondi con carenze specifiche di questo o quell’elemento, meno intuitiva è la scelta di un pianeta selvaggio, percorso da cataclismi e belve varie, dominato dalla materialità, per farvi nascere e crescere una razza di esseri che avrebbero dovuto evolvere fino al raggiungimento della coscienza del Padre.

Perchè allora è stata fatta, e proprio sulla Terra?

Perché il percorso dalla materialità alla spiritualità si sarebbe potuto dispiegare in tutta la sua ampiezza, già che tutte le forme di vita, animate e non animate, contenevano comunque il DNA del Creatore, e ciò avrebbe – in teoria – permesso un percorso evolutivo lento ma progressivo, senza gravi intoppi.

La scelta del tipo di essere che avrebbe, infine, dovuto imperare sul pianeta avvenne a tappe. Si cominciò qualche milione di anni fa con l’affermarsi di una razza biologica che potremmo definire “ominide”: esseri strutturalmente umani ma senza “coscienza”, e quindi senza responsabilità karmiche, pronti a far tutto ciò che era necessario per poter migliorare fisicamente e soprattutto spiritualmente, con una acquisizione graduale della propria “specificità” in relazione alle altre specie biologiche presenti sul pianeta.
Innesti regolari di altri prototipi “umani” provenienti da razze planetarie differenti, che si “sacrificavano” in nome del grande progetto evolutivo di Ya Yevh, avrebbero permesso piccoli e grandi “salti quantici” nell’evoluzione stessa, portandola verso il suo grande obbiettivo: la spiritualizzazione.
Furono varie le esperienze fatte in questo senso. Regolarmente arrivavano gruppi di esseri provenienti da realtà sistemiche differenti, con strutture fisiche diverse che spaziavano dall’altezza al colore della pelle. Lo scopo precipuo era quello di individuare quella che meglio si sarebbe combinata con gli “ominidi” nello sviluppo di una razza che meglio si sarebbe potuta ambientare alle condizioni estremamente materiali del pianeta.
Il vantaggio era mutuo: per gli ominidi che ricevevano influssi e nozioni superiori che li avrebbero aiutati nel progredire con maggiore velocità, per “quelli di fuori” perché avrebbero contribuito alla costruzione del grande piano di Ya Yevh, accelerando il ritmo del percorso evolutivo di quella parte del nostro sistema galattico. E questo fu ciò che risultò per milioni e milioni di anni, fino all’arrivo di Yel Luzbel e dei suoi “ribelli”.
In quel momento dovette necessariamente cambiare la strategia, visto che l’arrivo di questi fratelli provenienti da un lungo esilio planetario avrebbe sì aiutato la razza terrena ancora primitiva ad acquisire conoscenze che l’avrebbe portata ad uscire dal lungo tunnel dell’ignoranza a cui era stata da sempre costretta, ma allo stesso tempo sarebbe stata foriera di conflittualità spirituali ancora sconosciute nel nostro mondo, felice nella sua ignoranza morale.
Anche in questa occasione, però, la dualità dei vantaggi era evidente: ancora maggior progresso tecnico-scientifico per gli abitanti del pianeta, oltre a un’ultima, decisiva, opportunità di redenzione per i ribelli, che dovendosi incarnare in questa realtà materiale senza poter preservare il ricordo del passato, avevano modo di ricostruirsi – ad ogni nuova reincarnazione – un’identità spirituale sempre migliorata.
Il prodotto dell’incrociarsi di queste differenti realtà esistenziali è oggi sotto gli occhi di tutti: siamo noi, gli attuali sei miliardi di esseri incarnati, e i quasi venti che vivono nel mondo astrale e spirituale che circonda il nostro globo. Purtroppo il risultato di questa interazione non è stato dei più positivi, e piccolo è stato il progresso spirituale che ha accompagnato la nostra storia. Se comunque il grado di coscienza dell’umanità ha fatto significativi passi in avanti, dobbiamo ringraziare gli spiriti eccelsi che di tempo in tempo hanno fatto la loro comparsa sul pianeta, alcuni come grandi avatar, inviati dallo spazio con lo scopo precipuo di farci compiere “salti quantici” nella comprensione della vera realtà esistenziale, altri – la maggior parte – come “normali” esseri umani che con il loro esempio di vita hanno influito su tante scelte storiche di piccoli e grandi gruppi dell’umanità.
Non di meno è stata – lo è tuttora – di somma importanza la rivelazione della dottrina spiritualista nel diciannovesimo secolo che ha permesso, mediante il riconoscimento dell’enorme contributo di medium anonimi, l’identificazione chiara e inequivocabile dell’esistenza di un mondo spirituale “a priori”, matrice dello specchio di realtà in cui noi ci muoviamo.

Il percorso evolutivo, lento ma inarrestabile, cominciava ad essere intenzionalmente intrapreso da un numero sempre maggiore di “terracquei”.



       

martedì 23 novembre 2010

Cosmogonia - Le reticenze di Yel Luzbel

L’avvicinamento del momento in cui sarebbe dovuto assoggettarsi a quest’ultima, penosa tappa dell’esilio che da migliaia di anni lo perseguiva, era da tempo una grande fonte di preoccupazione per Yel Luzbel. La Terra, infatti, era un pianeta fisico, dove l’esistenza si processava attraverso la materia a cui tutti gli esseri, di qualunque specie biologica fossero, dovevano soggiacere.


Ma questo era solo uno dei problemi, non certamente il più grave. Il vero fatto preoccupante era che la caratteristica degli esseri che popolavano la Terra era la quasi totale assenza di sensibilità “trascendente”, con la conseguenza – terribile agli occhi dei “capi” della ribellione – del pressoché totale predominio della mente fisica su quella dell’anima, che conservava tutti i ricordi delle esperienze del passato spirituale dell’essere ora incarnato. Agli effetti pratici voleva dire che, al reincarnarsi in un corpo umano, l’essere perdeva completamente la conoscenza del passato, di ciò che era stato e che aveva imparato, compresi i motivi che avevano dato origine alla ribellione di Cappella e al lungo percorso che ognuno di loro aveva dovuto intraprendere nella strada dell’esilio planetario. La rimozione di questo ricordo era il peggior nemico di Luzbel, quello che avrebbe potuto stroncare la sua impresa. Qualcosa doveva essere fatta! La soluzione fu trovata nella propria composizione dimensionale della Terra. Al contrario infatti di molti altri pianeti dove l’esistenza si processa solo in una dimensione – fisica o eterica che vuoi – la Terra possedeva tutti e tre i livelli: quello fisico, quello astrale e quello spirituale. Decise così che lui e i suoi luogotenenti sarebbe rimasti nella sfera astrale del pianeta, conservando i loro corpi eterei e la perfetta memoria di tutto il processo storico.
Tutti gli altri, invece – i soldati della ribellione – si sarebbero reincarnati sul piano fisico, e alla perdita della memoria del passato sarebbe stato ovviato con incursioni “mentali” celate sotto forma di pensieri, intuizioni, premonizioni, oltre a vere e proprie apparizioni che avrebbero comunque reso “temibili” e “attendibili” gli esseri astralizzati che così fossero comparsi agli occhi degli umani, nativi e “immigrati”. In questa maniera Luzbel avrebbe mantenuto il controllo del flusso delle idee dei suoi seguaci e degli oriundi del pianeta, creando in questa maniera, tutto attorno al globo, uno spesso strato di energia non armonica che avrebbe sicuramente impedito, per molto tempo, l’avvicinarsi del momento di una nuova reintegrazione cosmica.
La comunità degli esiliati – gli atlanti – si sparse in piccoli raggruppamenti nelle Americhe, nell’odierno Polo Sud, e soprattutto in Europa, dove grazie ad una tecnologia assolutamente sconosciuta e incomprensibile agli occhi degli abitanti nativi, riuscirono a mantenere il controllo del potere sui territori che occupavano. Se con i nativi la politica egemonica degli atlanti non trovò nessun ostacolo, lo stesso non si potè dire per ciò che riguardava i rapporti con le altre razze extraterrene – nei loro corpi originari – che per motivi diversi occupavano ampie regioni continentali alla ricerca soprattutto di minerali introvabili, o difficilmente reperibili, nei loro mondi di origine. Gli scontri con le civiltà provenienti da Sirio, in territorio indiano, e con quelle originarie di Nibiru, in Mesopotamia, intaccarono velocemente e con grande intensità la loro supposta egemonia per il controllo della Terra, facendogli perdere quel senso di invincibilità che li aveva fino ad allora accompagnati.
I grandi sommovimenti tellurici e soprattutto oceanici del 10.000 a.c. finirono poi per disintegrarne la struttura logistica di laboratori, arsenali e magazzini, fino a renderli impotenti di fronte al dilagare numerico dei terracquei che cominciarono ad assumere il controllo delle terre rimaste emerse. Ridotti ormai a poche migliaia di individui – salvi o perché in viaggi spaziali durante il grande “diluvio”, o perché in luoghi alti non attinti dalla “grande onda” – cercarono di elaborare nuove strategie per potere nuovamente controllare quello che ritenevano il “loro pianeta”.

martedì 16 novembre 2010

Cosmogonia - L'arrivo sulla terra

Centomila anni fa circa si consumò il penultimo capitolo di questa lunga storia, con la reintegrazione cosmica di Alt Lam, il diciottesimo pianeta, e l’esilio forzato di Luzbel, del suo quartier generale e di tutti i loro seguaci – milioni di persone – verso l’ultimo dei globi che ancora s’erano mantenuti fedeli ai dettami della “ribellione”, laTerra.
Il nostro pianeta, a quel tempo, era abitato da quelli che noi identifichiamo come uomini primitivi, sparsi in piccoli conglomerati su quasi tutte le terre emerse, e da rappresentanti di varie civiltà extraterrene che per ragioni legate alla nostra incredibile bio-diversità, cercavano piante e soprattutto minerali che servivano, per ragioni differenti, ai loro pianeti di origine. 
Il rapporto che si era creato fra queste entità esistenziali così diverse tra loro – i terracquei e gli “altri“ – s’era affermato in modo differente a seconda delle diverse regioni terrene in cui stava sviluppando, ma sempre con un denominatore comune: gli umani obbedivano, gli “altri” comandavano.
Il risultato, d’altronde, non poteva essere diverso: “formattati” come ominidi, senza una vera e propria coscienza, e quindi ancora senza alcuna responsabilità karmica, erano stati introdotti nell’ambiente terrestre col preciso scopo di percorrere tutti i gradi dell’evoluzione, nel più breve tempo possibile.

venerdì 12 novembre 2010

Cosmogonia - L'isolamento


Alla stessa maniera in cui, in una qualsiasi prigione sulla Terra, i prigionieri godono di una relativa libertà all’interno del presidio, ma nessun contatto con l’ambiente esterno, le popolazioni di questi diciannove pianeti potevano muoversi liberamente nei loro rispettivi ambienti, ma erano impediti di uscire al di fuori dei mondi che abitavano. 
Chiaramente non potevano nemmeno ricevere visite da chicchessia provenisse da altri mondi abitati.
Questo stato di cose produsse, col tempo, effetti devastanti sulle civiltà “isolate”. La ricchezza culturale e tecnologica di queste civiltà infatti, si doveva grandemente all’incessante interscambio che le civiltà cosmiche avevano fra loro. Era in questo modo che il progresso tecnologico e scientifico assumeva ritmi di crescita così sostenuti da permettere l’incessante avanzamento delle conoscenze e delle loro applicazioni in tutti i quadranti della galassia.
La crescita morale e intellettuale subiva d’altronde gli stessi influssi, beneficiandosi delle esperienze individuali e collettive degli abitanti di altri mondi e dell’esempio preciso e costante del Maestro e dei suoi assessori, che da Orbum si dislocavano con regolare frequenza verso le realtà planetarie di loro giurisdizione. Lo scambio delle esperienze quindi – fisiche o spirituali che fossero – costituivano la base della crescita di quel pezzo di Universo.
L’effetto quindi che l’improvvisa cessazione di questo scambio di esperienze ebbe per tutte le popolazioni coinvolte nella “ribellione di Lucifero” fu, col tempo, terribile. Tutte le loro conoscenze tecnologiche cominciarono a diventare obsolete, così come quelle scientifiche che si arenavano di fronte allenuove difficoltà che col tempo sorgevano. Potevano cercare, in questo modo, di mantenere ciò che già sapevano ed avevano, ma anche qui con sempre maggiori difficoltà, già che non potevano comunque rimpiazzare gli strumenti e le materie prime di cui avevano bisogno per risolvere tutte le questioni che via via si presentavano.
Una lunga, sistematica e problematica decadenza cominciò quindi ad impadronirsi della civiltà di questi diciannove pianeti coinvolti nella ribellione.

giovedì 4 novembre 2010

Cosmogonia - L'inizio



La nostra storia comincia 900 mila anni fa, nel sistema planetario noto con il nome di Cappella, una stella lontana milioni di anni luce dal globo terracqueo. In quel sistema, popolato da esseri in sintonia con le grandi leggi universali, di eccelse conoscenze nel campo scientifico e morale, uno dei loro rappresentanti, di nome Yel Luzbel, fra i più autorevoli, dinamici e intelligenti di quel popolo, cominciò a nutrire seri dubbi sull’autenticità della delega che il sovrano spirituale della galassia, il Maestro, diceva di aver ricevuto direttamente dal Padre, con cui si dichiarava “essere Uno”.
Il Maestro – che noi conoscemmo  molto tempo dopo con il nome di Gesù - risiedeva in un piccolo mondo appartenente a quel sistema, Orbum, da cui amministrava le grandi questioni spirituali dei sistemi di mondi che Gli erano stati affidati, avvalendosi della collaborazione di consigli planetari e interplanetari che a Lui facevano riferimento per ogni questione di interesse delle aree di loro amministrazione. Ciò che Luzbel intendeva scoprire era una prova dell’allegata autorità del Maestro, o della propria esistenza del Padre, che non aveva mai visto né sentito. In nome di quel Padre, infatti, erano decise tutte le questioni di maggior importanza agli effetti evolutivi del pianeta cui apparteneva.

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