venerdì 21 ottobre 2011

Il ritorno sulla Terra di Javeh - parte 1

“Tu l'hai detto - gli rispose Gesù - anzi io vi dico: d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo”.
(Matteo 26:64)

“E si dirà in quel giorno: Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza”.

(Isaia 25:9)

“Ecco, viene sulle nubi e ognuno lo vedrà”. (Apocalisse 1:70)


“E Gesù ha garantito: la Scrittura non può sbagliare”. (Giovanni 10:35)


“Amen. Vieni, Signore Gesù”. (Apocalisse 22:20)


Quando Gesù annunciò, più di duemila anni fa, che sarebbe ritornato sulla Terra per separare il grano dalla zizzania, stava riferendosi alla separazione tra gli spiriti tendenti al bene e gli altri.
Gesù annunciò che, in un futuro prossimo della specie terrena, sarebbe ritornato per riaffermare di nuovo il Suo amore per tutti gli abitanti del pianeta.
Promise di tornare perché sapeva che l’umanità non sarebbe stata capace di evolvere da sola fino al punto di non avere più necessità di qualcuno che la “giudicasse”. Doveva tornare perché c’era ancora bisogno di Lui, per ripetere un’altra volta le stesse parole pronunciate in molte opportunità durante la Sua incarnazione sulla Terra: amatevi l’un con l’altro come Io vi ho amato.


Era consapevole che la specie
homo sapiens non sarebbe ancora stata capace di apprendere ad amare incondizionatamente, e così non si sarebbe evoluta sufficientemente per evitare il Suo aiuto o quello di qualunque altro essere “uno con il Padre” che qua fosse venuto per "giudicarla". 


Javeh, dal canto suo, sapeva invece che questa popolazione non lo avrebbe mai riconosciuto come il dio onnipotente di questo Universo. I terracquei umani lo avevano completamente dimenticato, e la versione cristiana della Bibbia ne accennava solamente! Iniziò allora a pensare quale potesse essere il modo migliore per riapparire sullo scenario terrestre, ma come? Programmò perciò la nascita di un suo antico compagno di viaggi, uno che sapeva sarebbe stato fedele ai suoi desideri e alle sue volontà. 


Nacque così Maometto in un popolo politeista dove Javeh intravide un terreno fertile per fondare una nuova religione, nella quale potesse avere sotto controllo tutto il processo e tornare ad albergarsi nel cuore degli uomini. E si fece conoscere come Allah – che il suo nome sia lodato!


Cominciò pertanto a comandare una popolazione fedele ai suoi comandamenti, pronta a servirlo senza fare domande. Dettò, attraverso Gabriele, il testo che sarebbe diventato sacro agli occhi di quella gente: il Corano. Javeh ritornava quindi con forza totale, ma c’era il problema del nome: era un altro, un nuovo nome, e perciò chiese a Gabriele di annunciare che il dio così chiamato altri non era che il medesimo dio di Abramo, Isacco e Mosè. In questo modo sarebbe rientrato in scena, e in un futuro non troppo lontano avrebbe potuto comunque rivendicare la sua posizione di dio di tutto il genere umano.


Il tempo passò, mentre infervoravano i tentativi di Javeh di assumere questa posizione gerarchica di fronte alla razza umana. La nazione islamica stava crescendo, ma per una serie di motivi che non piacevano neanche allo stesso Javeh, veniva osteggiata dalla popolazione mondiale che riconosceva gli equivoci creati dagli interpreti di quella parte specifica di umanità. Javeh allora capì che non sarebbe riuscito, neanche in quel modo, a raggiungere il suo obbiettivo finale: essere riconosciuto come il Dio Creatore dell’Universo e di tutto ciò in esso esistente.


Tempi attuali. Il ritorno di Gesù s’avvicina. Javeh non permette che Questi venga da solo, visto che aveva sollecitato Val Ellam – l’unico che s’era disposto seriamente a parlare del breve ritorno del Maestro sulla Terra – a divulgare che anch’egli avrebbe fatto parte del gruppo che avrebbe valutato il grado evolutivo di ogni essere, incarnato o meno, di questo pianeta.


Javeh voleva essere ricordato come il dio creatore dell’Universo, ma nessuna religione lo evocava come tale. Era stato dimenticato e questo non riusciva ad accettarlo. Lui aveva creato tutto, amato e pensato tutto in ogni dettaglio. Lui aveva tentato di aiutare il processo evolutivo della popolazione di esseri che ora abitavano la Terra. Lui aveva espulso gli esseri qua venuti per profanare il suo giardino. Lui, che tutti proteggeva con il suo amore, sarebbe ora rimasto al di fuori del processo in atto e dimenticato, come se non avesse la minima importanza.


No, questo Javeh non lo poteva proprio accettare. Ecco perché chiese la partecipazione di Val Ellam per divulgare la “sua” verità. Ma Ellam si rifiutò, poiché esistevano dei precedenti, diciamo di incomprensione reciproca e di una certa indisposizione ad avere buoni rapporti, provenienti da un lontano passato mai dimenticato.


Di fronte a questa prospettiva Javeh usò ancora una volta il suo potere imperativo e vietò il ritorno di Gesù, a meno che lui stesso, Javeh in persona, non avesse assunto il comando della reintegrazione cosmica. Sì, lui sarebbe stato il “capo” in questa visita ufficiale del Maestro. Lui era il padrone dell’Universo e nessuno sarebbe qui venuto senza la sua autorizzazione.








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