lunedì 5 dicembre 2011

Conversazioni con Rogerio: Machu Picchu - 6

«Aspetta un attimo» dissi interrompendo l’amico «mi sembra che ora tu stia esagerando. Come la pagina più bella? Stiamo parlando della morte. Cosa ci può essere di bello nel terminare tutto?»
«“Tutto” è quello che pensi tu giacché, in realtà, la morte del corpo fisico è solamente la fine dell’esistenza transitoria comune a chi vive sulla Terra. È la morte che libera il nostro spirito eterno dalla prigione della carne. Ti dirò di più: se non ci fosse la morte la vita sulla Terra diventerebbe semplicemente impossibile. Prova a pensare un mondo dove gente come Hitler e Stalin e tutti quelli che come loro si sono dilettati ad ammazzare milioni di persone fossero immortali. Cosa sarebbe del nostro mondo con l’accumulo di personalità di questo tipo che tenterebbero, ognuna di loro e a qualsiasi prezzo, di dominarlo attraverso il terrore e la violenza? Per fortuna, amico mio, che la morte esiste, perché solo in questo modo la vita, per noi terracquei così abituati a vivere aggredendo e tentando di dominare gli altri, diventa possibile. E credo che chi inventò e poi trasportò quella prima molecola-madre sulla Terra che già conteneva in sé i germi della morte, su queste cose pare che la sapesse lunga.

In realtà la vita è bella e generosa, ma la morte è necessaria per poter preservare non solo la bellezza, ma anche la funzione evolutiva insita nella vita stessa.»
«Tu parli di cose così complesse e misteriose in una forma così semplice e diretta, Rogerio! Mi viene il dubbio che tu non sia un terrestre come noi, e che vieni da quello spazio di
cui tanto parli e sembri apprezzare» dissi con ironia.
«Figurati, Roberto. Sono tanto terrestre come te, quanto meno nel corpo transitorio. Ora, nello spirito, non credo proprio di essere terrestre. La grande maggioranza degli spiriti incarnati su questo pianeta sono venuti da molto lontano, e questa è forse la differenza fra noi: io ne sono ben conscio e tu lo stai scoprendo solo adesso. Sai, in verità siamo tutti compagni dello stesso destino cosmico, che lo si capisca o no, che lo si voglia o no.»
«Siamo tutti extraterrestri, allora.»

La mia affermazione era chiaramente ironica, ma il brasiliano mi regalò un sorriso comprensivo. «Buona parte degli spiriti che nascono in questo mondo lo sono, e quando tu sarai disponibile e pronto per percepire certi aspetti della verità cosmica che avvolgono la vita nella Terra» ora il suo sorriso era sparito e al suo posto era comparsa la sua abituale serissima espressione «torneremo a parlare di questo argomento, e allora forse sarai pronto a rispondere da solo a quelle domande che poco fa mi hai fatto sulle origini e sul destino della vita. Per ora, direi, mi sembra già un buon passo riuscire a percepire veramente la bellezza di questo luogo, cercare di sentire i suoi enigmi ancora aperti e che si riferiscono a un passato perso nella notte dei tempi. Quanti Inca non si saranno già seduti su queste rocce, guardando lo stesso cielo che noi stiamo ammirando adesso, e facendosi le stesse domande che noi ci stiamo facendo ora? Sai, caro amico, questo luogo, questa notte, mi fa credere che avremo tutta l’eternità per continuare queste nostre belle chiacchierate».
E si girò verso le montagne che stavano al nostro fianco, perdendosi con lo sguardo tra le poche nuvole e le stelle del cielo. Sembrava che non fosse più lì, che stesse volando lassù verso i mondi che amava tanto.
Non ebbi più il coraggio di chiedergli niente. Mi versai un’abbondante dose di pisco e mi distesi nel sacco a pelo, fuori dalla tenda. Il cielo era grande, e sembrava così vicino.
Mi tuffai in quell’immensità, e con una sensazione di pace infinita nel cuore, mi addormentai.
Al risveglio trovai Rogerio già pronto per partire. Lo zaino appoggiato a una pietra vicino alla mia tenda e lui accanto al fuoco, lottando con i rami spezzati e carichi di umidità di
qualche arbusto della vicinanza per ravvivare un minimo di fiamma che gli permettesse far bollire l’acqua per un tè.
«Buongiorno» disse «ben svegliato. Sto facendo del tè. Lo vuoi?»
Ringraziai e mi avvicinai ancora mezzo addormentato al fuoco. In silenzio, con le mani protese verso le esili fiamme, aspettammo che l’acqua fosse pronta e poi, piano piano, bevemmo l’infuso.

«Sei già pronto per partire, vedo» dissi.
«Sì. Tu sei quasi arrivato a destinazione, Machu Picchu è ormai a poche ore di cammino, ma io ho almeno tre giorni di camminata per arrivare a Cuzco. Penso che ci rivedremo là,
no?»
«Non credo» risposi. «Penso di tornare oggi stesso a Cuzco, o al massimo domani mattina, e da lì prendo un autobus per Arequipa e poi per La Paz. Voglio conoscere la Bolivia, è l’ultima parte del mio viaggio per le Ande e sono molto curioso di vedere la capitale più alta del mondo. Mi spiace che non potremo rincontrarci. Chissà più avanti.»
«Già, chissà più in avanti. Io mi fermerò qualche giorno ancora e poi andrò a Lima. Ho un aereo che mi aspetta la prossima settimana per tornare a casa, in Brasile. Dopo tutte queste montagne e questo freddo», e simulò un tremito, «il caldo delle spiagge della mia città mi manca un poco. Sai Roberto, mi ha fatto un grande piacere rincontrarti qui, e come tu ben sai non credo molto alla casualità. So che noi due ci rincontreremo di nuovo per cominciare il lavoro che ci aspetta. Non so ancora bene ciò che dovremo fare e quando cominceremo, ma qualcosa mi dice che ci rivedremo sicuramente».
«Solo se dovessi venire in Brasile, cosa che al momento non rientra fra i miei piani di viaggio. Ma chissà, le cose possono cambiare e comunque il destino si è mostrato di forma insolita per noi. Se ci siamo incontrati in cima a un vulcano in Italia, e poi sulle Ande in Perù, niente di più facile incontrarci sulla vetta di qualche altra montagna vicino a casa tua.
A proposito, ci sono montagne vicino a Natal?»
«Solo dune di sabbia, un mare meraviglioso e un sacco di belle ragazze piene di voglia di vivere. Serve?» chiese sorridendo.
«Serve! Al prossimo incontro a Natal, in Brasile, allora.»

Ci abbracciammo forte. C’era commozione in quel momento, ed evitai di guardarlo negli occhi per non mostrargli il mio lato sentimentalista. Ma lui mi prese le spalle tra le mani, mi sorrise e disse «A presto, amico, al nostro prossimo incontro».
Mi abbracciò di nuovo, poi si girò e cominciò a prendere il suo cammino.


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