giovedì 15 dicembre 2011

Prove di guerra in Medio Oriente

La lettura di questo articolo è consigliata a chi ama la suspense, non se ne pentirà! 

Tratteremo della guerra segreta che si svolge da due anni a questa parte in Medio Oriente, e che sta ora finalmente affiorando, per mostrarsi al mondo.
Gli “apparenti” attori principali di questo tragica rappresentazione si chiamano Israele e Iran, ma quelli veri sono i soliti: nordamericani, russi e cinesi. Il resto del cast, le comparse, non sono da sottovalutare: Egitto, Turchia, Siria formano complesse realtà, pezzi di manovra sulla scacchiera medio-orientale.
La “sala di regia” ha i vetri oscurati, affinché nessuno possa vedere chiaramente chi sta dirigendo lo show, anche se molti credono di poter identificare nei grandi gruppi di potere, i conglomerati economici e finanziari, quelli che di fatto controllano l’andamento del gioco.
Il pubblico pagante siamo noi.

La motivazione “ufficiale” è nota: l’Iran sta tentando di costruire un sistema industriale che permetta all’ apparato militare di equipaggiarsi con armi nucleari, e Israele non vuole che ciò accada, per ovvie ragioni. Quella “non ufficiale” parla sempre della stessa cosa: petrolio, energia per il futuro della generazione di “irresponsabili”, della quale noi facciamo parte, tanto è che il denaro che paga tutto ciò proviene dalle tasche, direttamente o indirettamente, dei “disconnessi” contribuenti del pianeta.
Sappiamo che l’Iran, oltre a essere un Paese molto popolato e con un enorme apparato militare, ha il territorio incuneato in quella regione ricchissima di correnti sotterranee di combustibile, e le sue frontiere toccano Russia, Turchia, Iraq, Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi, Oman, Pakistan e Afghanistan. Leggendo questo elenco del vicinato possiamo cominciare a comprendere l’importanza strategica che Teheran ha nello scacchiere medio-orientale, e non solo di questo.
Il vero pericolo che l’Iran rappresenta, in questa logica che sto proponendo, è che, essendo la maggiore potenza militare attiva in quell’area, escluso Israele, può in qualsiasi momento bloccare il traffico marino nello stretto di Hormuz, nel Golfo Persico, impedendo a qualunque nave il rifornimento e il trasporto del petrolio in uscita dai depositi dei paesi arabi che forniscono il blocco occidentale degli americani e degli europei. Così facendo lascerebbero i primi ostaggi del combustibile venezuelano di Hugo Chavez – storico nemico degli USA e da sempre desideroso di ostacolarne lo sviluppo, forte del suo ruolo di fornitore del 25% del mercato nordamericano – e i secondi del petrolio e del gas russo, che sarebbero garantiti attraverso la frontiera naturale del mar Caspio, che collega l’Iran alla ex URSS.
Se questo avvenisse, sarebbe una rivoluzione tale da provocare immediatamente una débacle delle democrazie atlantiche e mediterranee, dividendo il mondo in due: quelli che posseggono l’energia e quelli che devono comprarla. In questa semplice equazione è racchiusa la vera ragione di tutto quello che vediamo svolgersi in quel territorio.

Ma andiamo a dare un’occhiata allo scacchiere, e osserviamo la posizione di ciascun pezzo.

La Russia controlla il mercato del gas in Europa, ma non del petrolio, nelle mani dei Paesi Arabi alleati degli Stati Uniti, Arabia Saudita in primis. Insieme con la Cina ha scelto la Siria e l’Iran come avamposti nella regione, rifornendoli di armi, denaro, tecnici e conoscenze scientifico-militari. E’ così da tempo, ma due anni fa qualcosa cambiò: un aereo con “cinque tecnici nucleari” russi, in missione come “addestratori ” degli iraniani, esplose “casualmente” prima di atterrare, uccidendo tutti.
 Nei mesi seguenti, altrettanti ingegneri nucleari iraniani – che erano stati addestrati dai russi – sono morti, alcuni “casualmente”, altri non proprio. Le fabbriche in cui il programma nucleare iraniano era stato sviluppato hanno cominciato allora a diventare obiettivi del servizio segreto israeliano. Il Mossad dapprima è intervenuto usando una nuova generazione di virus elettronici che ha destabilizzato tutto l’apparato tecnologico nucleare degli Ayatollah, riducendolo di un terzo, di fatto ritardando il cronogramma degli islamici.
Poi, a questo attacco cibernetico ne è seguito uno ben più “normale”, con l’esplosione di una base missilistica vicina a Teheran e, la scorsa settimana, di una fabbrica di testate nucleari. I due paesi, Iran e Israele, hanno iniziato ad accusarsi reciprocamente, l’uno invocando la presunta intenzione dell’altro di distruggerlo. In questa impasse la diplomazia internazionale ha tentato, e ancora sta tentando, di costringere gli iraniani a desistere dal programma nucleare con sanzioni economiche durissime, ma che finora non hanno ottenuto alcun successo, se non di cristallizzare le posizioni di Russia e Cina, a favore degli sciiti iraniani.

Gli americani, nel frattempo, hanno deciso di “sporcarsi le mani” e hanno iniziato a inviare materiale bellico a Israele, segretamente, affinché fosse usato in suolo iraniano: i “droni”, aerei senza piloti, invisibili ai radar, dotati di telecamere e missili di precisione. E’ evidente che il governo americano ha sempre negato questo fatto, ma ieri (4 dicembre) gli iraniani hanno abbattuto uno di questi esemplari di ultima generazione, i micidiali RQ-170 Sentinel, gli iper-tecnologici UAN (unmanned aereal vehicle), e la farsa si è conclusa. Le proteste russe si sono subito manifestate dando supporto alla decisione di mantenere le loro navi da guerra di fronte al litorale siriano, l’altra “trincea” degli ex sovietici. La notizia di oggi, però, è che gli americani non si sono lasciati intimorire, e hanno mandato le navi da guerra posizionate nel Mar Rosso, attraverso il Canale di Suez, nel Mediterraneo, in direzione della Siria. Quindi in breve avremo, forse, le due potenze mondiali una di fronte all’altra, come una volta. 

In questo quadro di per se stesso preoccupante, l’Egitto si è impegnato a fornire ulteriori motivi di suspense. Le recenti elezioni hanno mostrato un nuovo equilibrio del potere, in fase di formazione nella terra delle piramidi. Il 40% dei votanti ha eletto il Partito Islamico (moderato) come rappresentante, e l’altro 20% ha dato la sua preferenza al partito dei Salafiti, fondamentalisti islamici, nemici mortali degli ebrei. Il governo che presto si formerà sarà quasi sicuramente contrario alla politica del “buon vicinato” con Israele, presa a Camp David negli anni ottanta e mantenuta in questi ultimi decenni dal governo appena caduto, quello di Hosni Mubarak.

Per complicare ancor di più la situazione la potentissima Turchia, da sempre “barriera” occidentale in terra islamica, ha cambiato la sua posizione entrando in un conflitto diplomatico con il governo ultra conservatore di “Bibi” Netanyahu, minacciando di infrangere gli accordi commerciali e militari.

Ecco che i tre lati del triangolo nel quale Israele è territorialmente inserito, sono ora definiti: Egitto, Turchia, Siria e Iran sono assolutamente in grado di fornire un sacco di preoccupazioni agli israeliani, e agli occidentali che finanziano e sostengono il potere militare degli ebrei nella regione. Questi, infatti, vogliono dimostrare di esserne all’altezza, in un “braccio di ferro” che non potrà aiutare alcun processo di pace in medio Oriente.
Apparentemente, quindi, la situazione è molto preoccupante, e di fatto lo è. Ma c’è dell’altro.

La nave spaziale che discese a Gerusalemme, il gennaio scorso, sopra il tempio più importante per i cristiani, gli ebrei e i musulmani, era portavoce di un messaggio di Javeh/Allah: non immischiatevi in cose che non vi appartengono, questo è il mio momento, non più il vostro. I governi russi e americani, che già da molti anni intrattengono relazioni costanti con esponenti di altre civiltà extraterrene, sanno con chi stanno trattando, conoscono la determinazione e il potere tecnologico dei nostri fratelli “di fuori”, e ne hanno paura.
La vera guerra non è quindi tra le dune del deserto africano, ma nella matrice quantica di Javeh, di Gesù e di Sai Baba. E’ lì che si affrontano l’esercito della luce e quello delle tenebre. E la battaglia conclusiva, l’Armageddon, ha un finale già scritto.

Possiamo dormire in pace, se questa sarà la volontà del Padre. Se sarà un’altra, lo sapremo presto.


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