lunedì 6 dicembre 2010

Il suicidio di Mario Monicelli, qualche riflessione ancora.

Mario_monicelliQuesto è un post che pubblico con un certo imbarazzo, perchè le tematiche che presenterò sono attinenti anche al mio comportamento personale.
Parleremo di “suicidio indiretto”.
Se, come abbiamo ipotizzato nel primo di questi post, quello su Monicelli, il suicidio è sempre considerato un fatto serissimo dal punto di vista spirituale, già che l’essere che lo perpetra assume su di sé la responsabilità di terminare con la propria vita fisica ancor prima del tempo che gli concede il suo “serbatoio energetico”, che dire di quelli – come me – che fumano, bevono, mangiano carne ed altri alimenti chimicamente dannosi alla salute?
Non sono anch’essi dei potenziali suicidi, nel senso che volontariamente accorciano la durata della propria esistenza, in contrapposizione al tempo che gli era stato concesso in vista della serie di esperienze che avrebbe dovuto fare durante la sua incarnazione attuale?
Sicuramente sì, purtroppo, e dico purtroppo perché anche questa, come tutte le attitudini che abbiamo nel nostro quotidiano, porterà con sé le proprie conseguenze.
Quali saranno, poi, queste conseguenze, dipenderà dal grado che ognuna delle personalità coinvolte in questa situazione avrà raggiunto, ossia dall’intensità con cui – fisicamente, mentalmente ma anche spiritualmente – si sarà calata nel pozzo delle attitudini potenzialmente suicide.
Ciò significa che una persona con una buona indole caratteriale, che cerca di conoscere e capire il massimo che può delle leggi cosmiche che imperano nel nostro universo, seppur vivendo nel mondo equivoco del “vizio”, potrebbe scontare meno, in termini di conseguenze, di un’altra senza vizio alcuno, ma legata comunque in modo spasmodico e irragionevole all’aspetto materiale della propria vita.
Bisogna, in questa valutazione, tenere conto anche del “bagaglio esperenziale” che la persona porta con sé, nel senso che la maggioranza di quelli che s’imbevono di “vizi” stanno solo perpetuando un comportamento che lo aveva fortemente contraddistinto nel suo passato esistenziale, durante precedenti incarnazioni.
Ciò implica la conseguenza che se un essere che s’era portato appresso un forte karma legato a questi aspetti della propria vivenza passata, durante la vita attuale riesce, perlomeno, a mitigare la condizione che era stata nel passato preponderante, il suo sforzo di contenersi, anche se non riuscisse a distaccarsene del tutto, sarebbe comunque visto come un progresso negli ambienti spirituali del nostro mondo
I criteri che soggiacciono alla somministrazione delle conseguenze spirituali relative a certe nostre determinate scelte non mi sono quindi interamente noti anche se, intuitivamente, credo di comprenderne il meccanismo, e soprattutto la ragione d’essere.
L’ostinazione con cui taluni – lo scrivente incluso – insistono, nonostante la coscienza delle responsabilità che tali scelte comportano, nel comportamento errato, mi è di fatto ancora misteriosa.
Sembrerebbe quasi una sfida tra il sé e il resto, come se questa cosa avesse senso.
In realtà non ce l’ha.
Spero che un giorno tutti noi, oltre a capirlo, si sappia agire di conseguenza.
E’ forse, per me, una delle ultime battaglie da combattere, contro me stesso, o meglio contro quella parte di me stesso che non si vuole assoggettare alle conoscenze del proprio spirito.
Una battaglia persa in partenza, quindi, che avrà solo una vittima.
Magari un giorno lo capirò anch’io.



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