giovedì 15 dicembre 2011

Prove di guerra in Medio Oriente

La lettura di questo articolo è consigliata a chi ama la suspense, non se ne pentirà! 

Tratteremo della guerra segreta che si svolge da due anni a questa parte in Medio Oriente, e che sta ora finalmente affiorando, per mostrarsi al mondo.
Gli “apparenti” attori principali di questo tragica rappresentazione si chiamano Israele e Iran, ma quelli veri sono i soliti: nordamericani, russi e cinesi. Il resto del cast, le comparse, non sono da sottovalutare: Egitto, Turchia, Siria formano complesse realtà, pezzi di manovra sulla scacchiera medio-orientale.
La “sala di regia” ha i vetri oscurati, affinché nessuno possa vedere chiaramente chi sta dirigendo lo show, anche se molti credono di poter identificare nei grandi gruppi di potere, i conglomerati economici e finanziari, quelli che di fatto controllano l’andamento del gioco.
Il pubblico pagante siamo noi.

La motivazione “ufficiale” è nota: l’Iran sta tentando di costruire un sistema industriale che permetta all’ apparato militare di equipaggiarsi con armi nucleari, e Israele non vuole che ciò accada, per ovvie ragioni. Quella “non ufficiale” parla sempre della stessa cosa: petrolio, energia per il futuro della generazione di “irresponsabili”, della quale noi facciamo parte, tanto è che il denaro che paga tutto ciò proviene dalle tasche, direttamente o indirettamente, dei “disconnessi” contribuenti del pianeta.
Sappiamo che l’Iran, oltre a essere un Paese molto popolato e con un enorme apparato militare, ha il territorio incuneato in quella regione ricchissima di correnti sotterranee di combustibile, e le sue frontiere toccano Russia, Turchia, Iraq, Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi, Oman, Pakistan e Afghanistan. Leggendo questo elenco del vicinato possiamo cominciare a comprendere l’importanza strategica che Teheran ha nello scacchiere medio-orientale, e non solo di questo.
Il vero pericolo che l’Iran rappresenta, in questa logica che sto proponendo, è che, essendo la maggiore potenza militare attiva in quell’area, escluso Israele, può in qualsiasi momento bloccare il traffico marino nello stretto di Hormuz, nel Golfo Persico, impedendo a qualunque nave il rifornimento e il trasporto del petrolio in uscita dai depositi dei paesi arabi che forniscono il blocco occidentale degli americani e degli europei. Così facendo lascerebbero i primi ostaggi del combustibile venezuelano di Hugo Chavez – storico nemico degli USA e da sempre desideroso di ostacolarne lo sviluppo, forte del suo ruolo di fornitore del 25% del mercato nordamericano – e i secondi del petrolio e del gas russo, che sarebbero garantiti attraverso la frontiera naturale del mar Caspio, che collega l’Iran alla ex URSS.
Se questo avvenisse, sarebbe una rivoluzione tale da provocare immediatamente una débacle delle democrazie atlantiche e mediterranee, dividendo il mondo in due: quelli che posseggono l’energia e quelli che devono comprarla. In questa semplice equazione è racchiusa la vera ragione di tutto quello che vediamo svolgersi in quel territorio.

Ma andiamo a dare un’occhiata allo scacchiere, e osserviamo la posizione di ciascun pezzo.

La Russia controlla il mercato del gas in Europa, ma non del petrolio, nelle mani dei Paesi Arabi alleati degli Stati Uniti, Arabia Saudita in primis. Insieme con la Cina ha scelto la Siria e l’Iran come avamposti nella regione, rifornendoli di armi, denaro, tecnici e conoscenze scientifico-militari. E’ così da tempo, ma due anni fa qualcosa cambiò: un aereo con “cinque tecnici nucleari” russi, in missione come “addestratori ” degli iraniani, esplose “casualmente” prima di atterrare, uccidendo tutti.
 Nei mesi seguenti, altrettanti ingegneri nucleari iraniani – che erano stati addestrati dai russi – sono morti, alcuni “casualmente”, altri non proprio. Le fabbriche in cui il programma nucleare iraniano era stato sviluppato hanno cominciato allora a diventare obiettivi del servizio segreto israeliano. Il Mossad dapprima è intervenuto usando una nuova generazione di virus elettronici che ha destabilizzato tutto l’apparato tecnologico nucleare degli Ayatollah, riducendolo di un terzo, di fatto ritardando il cronogramma degli islamici.
Poi, a questo attacco cibernetico ne è seguito uno ben più “normale”, con l’esplosione di una base missilistica vicina a Teheran e, la scorsa settimana, di una fabbrica di testate nucleari. I due paesi, Iran e Israele, hanno iniziato ad accusarsi reciprocamente, l’uno invocando la presunta intenzione dell’altro di distruggerlo. In questa impasse la diplomazia internazionale ha tentato, e ancora sta tentando, di costringere gli iraniani a desistere dal programma nucleare con sanzioni economiche durissime, ma che finora non hanno ottenuto alcun successo, se non di cristallizzare le posizioni di Russia e Cina, a favore degli sciiti iraniani.

Gli americani, nel frattempo, hanno deciso di “sporcarsi le mani” e hanno iniziato a inviare materiale bellico a Israele, segretamente, affinché fosse usato in suolo iraniano: i “droni”, aerei senza piloti, invisibili ai radar, dotati di telecamere e missili di precisione. E’ evidente che il governo americano ha sempre negato questo fatto, ma ieri (4 dicembre) gli iraniani hanno abbattuto uno di questi esemplari di ultima generazione, i micidiali RQ-170 Sentinel, gli iper-tecnologici UAN (unmanned aereal vehicle), e la farsa si è conclusa. Le proteste russe si sono subito manifestate dando supporto alla decisione di mantenere le loro navi da guerra di fronte al litorale siriano, l’altra “trincea” degli ex sovietici. La notizia di oggi, però, è che gli americani non si sono lasciati intimorire, e hanno mandato le navi da guerra posizionate nel Mar Rosso, attraverso il Canale di Suez, nel Mediterraneo, in direzione della Siria. Quindi in breve avremo, forse, le due potenze mondiali una di fronte all’altra, come una volta. 

In questo quadro di per se stesso preoccupante, l’Egitto si è impegnato a fornire ulteriori motivi di suspense. Le recenti elezioni hanno mostrato un nuovo equilibrio del potere, in fase di formazione nella terra delle piramidi. Il 40% dei votanti ha eletto il Partito Islamico (moderato) come rappresentante, e l’altro 20% ha dato la sua preferenza al partito dei Salafiti, fondamentalisti islamici, nemici mortali degli ebrei. Il governo che presto si formerà sarà quasi sicuramente contrario alla politica del “buon vicinato” con Israele, presa a Camp David negli anni ottanta e mantenuta in questi ultimi decenni dal governo appena caduto, quello di Hosni Mubarak.

Per complicare ancor di più la situazione la potentissima Turchia, da sempre “barriera” occidentale in terra islamica, ha cambiato la sua posizione entrando in un conflitto diplomatico con il governo ultra conservatore di “Bibi” Netanyahu, minacciando di infrangere gli accordi commerciali e militari.

Ecco che i tre lati del triangolo nel quale Israele è territorialmente inserito, sono ora definiti: Egitto, Turchia, Siria e Iran sono assolutamente in grado di fornire un sacco di preoccupazioni agli israeliani, e agli occidentali che finanziano e sostengono il potere militare degli ebrei nella regione. Questi, infatti, vogliono dimostrare di esserne all’altezza, in un “braccio di ferro” che non potrà aiutare alcun processo di pace in medio Oriente.
Apparentemente, quindi, la situazione è molto preoccupante, e di fatto lo è. Ma c’è dell’altro.

La nave spaziale che discese a Gerusalemme, il gennaio scorso, sopra il tempio più importante per i cristiani, gli ebrei e i musulmani, era portavoce di un messaggio di Javeh/Allah: non immischiatevi in cose che non vi appartengono, questo è il mio momento, non più il vostro. I governi russi e americani, che già da molti anni intrattengono relazioni costanti con esponenti di altre civiltà extraterrene, sanno con chi stanno trattando, conoscono la determinazione e il potere tecnologico dei nostri fratelli “di fuori”, e ne hanno paura.
La vera guerra non è quindi tra le dune del deserto africano, ma nella matrice quantica di Javeh, di Gesù e di Sai Baba. E’ lì che si affrontano l’esercito della luce e quello delle tenebre. E la battaglia conclusiva, l’Armageddon, ha un finale già scritto.

Possiamo dormire in pace, se questa sarà la volontà del Padre. Se sarà un’altra, lo sapremo presto.


lunedì 12 dicembre 2011

Venti del deserto

Quello che sta accadendo nella fascia settentrionale dell’Africa e del Medio Oriente è qualcosa di poco comprensibile, se lo si osserva al di fuori del contesto politico strategico internazionale. Come mettere insieme, infatti, quello che è successo nella liberale Tunisia, con l’Egitto dei musulmani e dei cristiani copti, la Libia dei beduini, Israele e la Palestina, l’Iran degli sciiti, l’Iraq e la Siria dei sunniti? In questo caleidoscopio di razze e religioni, è meglio procedere con ordine. 

Da tempo ormai il timer della rivolta stava scorrendo, ma la bomba esplose “casualmente” in dicembre, in Tunisia. Un ragazzo, un venditore ambulante dei mercati, si suicidò dandosi fuoco nella piazza pubblica, per una multa ricevuta dagli esattori del municipio in cui viveva.
Un fatto apparentemente senza un valore specifico, oltre il dramma personale dell’ambulante, divenne la miccia che diede inizio alla rivolta popolare, che in poco meno di due mesi, in modo pacifico, detronizzò Ben Ali, il dittatore da ventitré anni al potere. Alcune centinaia di vite furono il prezzo, ma avrebbe potuto andare molto peggio… 


Come un’onda del mare, le proteste dilagarono in Egitto, dove una dittatura militare controllava il paese sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il presidente Hosni Mubarak, dopo trent’anni di potere, tentò di resistere uccidendo il suo stesso popolo, ottenendo in questo modo l’impossibile: unire musulmani e cristiani copti, eterni nemici, in una lotta che si concluse con il suo esilio dorato a Sharm el Sheik, la perla del Mar Rosso, consigliato dalla sua stessa giunta militare, che assunse temporaneamente il potere, fino a prossime elezioni. 


L’onda si trasformò in uno tsunami e arrivò in Libia, dal colonnello Gheddafi. Anch’egli, da quarantadue anni nel totale controllo del popolo e del territorio, rifiutò di ascoltare le proteste della piazza, e decise di soffocarle con le armi. Fece migliaia di vittime, distrusse comunità e centri urbani, stravolse completamente l’economia, ritirò tutta la ricchezza accumulata grazie alla vendita del petrolio alle nazioni occidentali, precipitò, insieme con la sua famiglia e i suoi seguaci, in una spirale di orrori che terminò con la sua stessa morte.

L’onda, nel frattempo, si era espansa nello Yemen, in Arabia Saudita, in Siria, e lì sembrò fermarsi. La dinastia degli Assad, al potere da quarant'anni anni, aveva raggiunto un eccellente risultato: l’etnia sciita-alawita, con solo il 12% della popolazione totale della Siria (composta per il resto di sunniti), aveva stretto un’alleanza di ferro con l’Iran, la Russia e la Cina.
Pur se priva delle materie prime di vitale importanza (leggasi petrolio), la Siria era tuttavia la porta di sicurezza territoriale contro l’asse Israele – Stati uniti, e divenne ben presto la più potente nemica dello stato ebraico, controllando di fatto il vicino Libano e indirettamente la Giordania, oltre alla Striscia di Gaza.
Ad Assad (padre), sostenuto dalla Cina e soprattutto dalla Russia, fu affidata la missione di creare una barriera armata alla propagazione dell’ influenza israeliana nella regione, cosa che tutt'oggi avviene attraverso il controllo degli eserciti rivoluzionari degli Hezbollah del Libano e di Hamas in Palestina. 
Assad figlio, suo successore, portò avanti la stessa politica, rafforzando ulteriormente i legami con gli sciiti iraniani, chiudendo in questo modo Israele da tutti i lati, tranne uno, quello dell’Egitto, partecipe di un progetto di tregua che continua da anni, sin dall’epoca dell’esordio di Mubarak.

E ora l’onda s’è allargata in Egitto, ultimo lato di questo triangolo. I militari avevano garantito al popolo vincitore, dopo la fuga del dittatore, che avrebbero attuato le riforme prima delle promesse elezioni del 28 novembre, ma non mantennero i patti e crearono ancor più confusione. Permisero cioè la riapparizione dei conflitti etnici tra musulmani, la maggioranza del paese, e cristiani copti, che degenerarono in un inizio di guerra civile. Poi misero l’esercito in piazza e ricominciarono a sparare sui dimostranti, nuovamente riuniti nella piazza Tahrir, al Cairo, chiedendo la stessa cosa di un anno prima: libertà e lavoro.
Nel pieno della confusione, uccisero una candidata alla presidenza, per aumentare le proteste e favorire i partiti fondamentalisti islamici, molto interessati (come del resto i militari, che però non potevano confessarlo apertamente) alla rottura della convivenza pacifica con i vicini ebrei.

A questo punto, il quadro è più chiaro. Da un lato Israele è quasi totalmente accerchiato dalle tre potenze musulmane (Iran, Siria, Egitto), senza dimenticare gli altri paesi arabi (Palestina, Iraq, Libano, Giordania, Turchia) che gradirebbero molto ridimensionare il potere politico militare di Israele. Dall’altro, lo stesso Paese, sentendosi sempre più minacciato, tenterà di giustificare un attacco per obbligare i suoi partner politici (USA e Europa) ad appoggiarlo nel conflitto che ridisegnerà lo scacchiere internazionale.
La strategia è già in atto, e una base missilistica iraniana, che sarebbe servita per l’eventuale lancio di testate nucleari, è stata fatta saltare poche settimane fa da un commando del Mossad, il servizio segreto israeliano. Prima, però, avevano invaso con un virus letale tutti i programmi elettronici, tecnici e industriali, che potevano avere a che fare con la costruzione di materiale nucleare, utilizzato dagli ayatollah.

Al centro di tutto ciò c’è solamente una cosa: il petrolio. Il controllo energetico della materia prima e delle rotte commerciali di trasporto, che potrà riconfigurare la mappa dell’importanza e delle influenze dei grandi centri economici del prossimo futuro
E questo è tutto, purtroppo.
Ma se osserviamo questa situazione da un punto di vista differente, quantistico, potremo notare altri dettagli, di notevole importanza.

L’Africa del Nord ha vissuto più di mezzo secolo oppressa dal potere militare. Terra di conquista per francesi, inglesi, italiani e tedeschi, fu abbandonata nelle mani degli eserciti locali per contenere un popolo lacero e bellicoso che aveva bisogno di essere “addormentato” con qualche riforma e una manciata di farina. L’estrema necessità nella quale quasi tutti vivevano facilitò i più temerari, tra i militari, e i più potenti, tra i civili, nel creare questo stato di cose e mantenerlo fino a oggi.
A questo punto fu sufficiente un solo uomo, quel tale “ambulante tunisino”. 
Potrebbe anche sembrare curioso, persino fantasioso, ma poiché viviamo in una matrice quantica, in cui le azioni, e soprattutto i pensieri, influenzano direttamente tutto e tutti, il potente pensiero collettivo di una nazione intera, e in seguito di altre, diede origine a un movimento che si diffuse non solo nel vicino Medio Oriente, ma anche a Roma, Madrid e New York.

Il pensiero si fece più denso e diventò un altro. Non più pane, elezioni e libertà, ma soltanto libertà… dai centri finanziari che determinano la qualità della vita delle persone, dai grandi blocchi economici che manipolano gli ambienti, dai conglomerati dei media che controllano la mente di molta gente.
Quello che sembrava essere un grido di disperazione si sta trasformando in qualcos’altro, a livello sempre più globale, che rivendica umanità, rispetto, tolleranza e solidarietà
In questa lotta, tra i giocatori di Risiko che siedono sulle poltrone dei grandi centri di potere, cercando di risolvere le cose con le armi, e quelli che rappresentano la massa di chi rivendica la libertà con il cuore e il pensiero, usando l’eco visibile di Internet e quella invisibile della rete quantica, chi ha più possibilità di vincere?’

Siamo alle soglie di un fantastica trasformazione cosmica dove valori, prima dimenticati, torneranno con forza totale, per imporsi nella nuova logica umana. Davanti a ciò, non ci rimane che pregare, e sperare …


lunedì 5 dicembre 2011

Conversazioni con Rogerio: Machu Picchu - 6

«Aspetta un attimo» dissi interrompendo l’amico «mi sembra che ora tu stia esagerando. Come la pagina più bella? Stiamo parlando della morte. Cosa ci può essere di bello nel terminare tutto?»
«“Tutto” è quello che pensi tu giacché, in realtà, la morte del corpo fisico è solamente la fine dell’esistenza transitoria comune a chi vive sulla Terra. È la morte che libera il nostro spirito eterno dalla prigione della carne. Ti dirò di più: se non ci fosse la morte la vita sulla Terra diventerebbe semplicemente impossibile. Prova a pensare un mondo dove gente come Hitler e Stalin e tutti quelli che come loro si sono dilettati ad ammazzare milioni di persone fossero immortali. Cosa sarebbe del nostro mondo con l’accumulo di personalità di questo tipo che tenterebbero, ognuna di loro e a qualsiasi prezzo, di dominarlo attraverso il terrore e la violenza? Per fortuna, amico mio, che la morte esiste, perché solo in questo modo la vita, per noi terracquei così abituati a vivere aggredendo e tentando di dominare gli altri, diventa possibile. E credo che chi inventò e poi trasportò quella prima molecola-madre sulla Terra che già conteneva in sé i germi della morte, su queste cose pare che la sapesse lunga.

In realtà la vita è bella e generosa, ma la morte è necessaria per poter preservare non solo la bellezza, ma anche la funzione evolutiva insita nella vita stessa.»
«Tu parli di cose così complesse e misteriose in una forma così semplice e diretta, Rogerio! Mi viene il dubbio che tu non sia un terrestre come noi, e che vieni da quello spazio di
cui tanto parli e sembri apprezzare» dissi con ironia.
«Figurati, Roberto. Sono tanto terrestre come te, quanto meno nel corpo transitorio. Ora, nello spirito, non credo proprio di essere terrestre. La grande maggioranza degli spiriti incarnati su questo pianeta sono venuti da molto lontano, e questa è forse la differenza fra noi: io ne sono ben conscio e tu lo stai scoprendo solo adesso. Sai, in verità siamo tutti compagni dello stesso destino cosmico, che lo si capisca o no, che lo si voglia o no.»
«Siamo tutti extraterrestri, allora.»

La mia affermazione era chiaramente ironica, ma il brasiliano mi regalò un sorriso comprensivo. «Buona parte degli spiriti che nascono in questo mondo lo sono, e quando tu sarai disponibile e pronto per percepire certi aspetti della verità cosmica che avvolgono la vita nella Terra» ora il suo sorriso era sparito e al suo posto era comparsa la sua abituale serissima espressione «torneremo a parlare di questo argomento, e allora forse sarai pronto a rispondere da solo a quelle domande che poco fa mi hai fatto sulle origini e sul destino della vita. Per ora, direi, mi sembra già un buon passo riuscire a percepire veramente la bellezza di questo luogo, cercare di sentire i suoi enigmi ancora aperti e che si riferiscono a un passato perso nella notte dei tempi. Quanti Inca non si saranno già seduti su queste rocce, guardando lo stesso cielo che noi stiamo ammirando adesso, e facendosi le stesse domande che noi ci stiamo facendo ora? Sai, caro amico, questo luogo, questa notte, mi fa credere che avremo tutta l’eternità per continuare queste nostre belle chiacchierate».
E si girò verso le montagne che stavano al nostro fianco, perdendosi con lo sguardo tra le poche nuvole e le stelle del cielo. Sembrava che non fosse più lì, che stesse volando lassù verso i mondi che amava tanto.
Non ebbi più il coraggio di chiedergli niente. Mi versai un’abbondante dose di pisco e mi distesi nel sacco a pelo, fuori dalla tenda. Il cielo era grande, e sembrava così vicino.
Mi tuffai in quell’immensità, e con una sensazione di pace infinita nel cuore, mi addormentai.
Al risveglio trovai Rogerio già pronto per partire. Lo zaino appoggiato a una pietra vicino alla mia tenda e lui accanto al fuoco, lottando con i rami spezzati e carichi di umidità di
qualche arbusto della vicinanza per ravvivare un minimo di fiamma che gli permettesse far bollire l’acqua per un tè.
«Buongiorno» disse «ben svegliato. Sto facendo del tè. Lo vuoi?»
Ringraziai e mi avvicinai ancora mezzo addormentato al fuoco. In silenzio, con le mani protese verso le esili fiamme, aspettammo che l’acqua fosse pronta e poi, piano piano, bevemmo l’infuso.

«Sei già pronto per partire, vedo» dissi.
«Sì. Tu sei quasi arrivato a destinazione, Machu Picchu è ormai a poche ore di cammino, ma io ho almeno tre giorni di camminata per arrivare a Cuzco. Penso che ci rivedremo là,
no?»
«Non credo» risposi. «Penso di tornare oggi stesso a Cuzco, o al massimo domani mattina, e da lì prendo un autobus per Arequipa e poi per La Paz. Voglio conoscere la Bolivia, è l’ultima parte del mio viaggio per le Ande e sono molto curioso di vedere la capitale più alta del mondo. Mi spiace che non potremo rincontrarci. Chissà più avanti.»
«Già, chissà più in avanti. Io mi fermerò qualche giorno ancora e poi andrò a Lima. Ho un aereo che mi aspetta la prossima settimana per tornare a casa, in Brasile. Dopo tutte queste montagne e questo freddo», e simulò un tremito, «il caldo delle spiagge della mia città mi manca un poco. Sai Roberto, mi ha fatto un grande piacere rincontrarti qui, e come tu ben sai non credo molto alla casualità. So che noi due ci rincontreremo di nuovo per cominciare il lavoro che ci aspetta. Non so ancora bene ciò che dovremo fare e quando cominceremo, ma qualcosa mi dice che ci rivedremo sicuramente».
«Solo se dovessi venire in Brasile, cosa che al momento non rientra fra i miei piani di viaggio. Ma chissà, le cose possono cambiare e comunque il destino si è mostrato di forma insolita per noi. Se ci siamo incontrati in cima a un vulcano in Italia, e poi sulle Ande in Perù, niente di più facile incontrarci sulla vetta di qualche altra montagna vicino a casa tua.
A proposito, ci sono montagne vicino a Natal?»
«Solo dune di sabbia, un mare meraviglioso e un sacco di belle ragazze piene di voglia di vivere. Serve?» chiese sorridendo.
«Serve! Al prossimo incontro a Natal, in Brasile, allora.»

Ci abbracciammo forte. C’era commozione in quel momento, ed evitai di guardarlo negli occhi per non mostrargli il mio lato sentimentalista. Ma lui mi prese le spalle tra le mani, mi sorrise e disse «A presto, amico, al nostro prossimo incontro».
Mi abbracciò di nuovo, poi si girò e cominciò a prendere il suo cammino.


lunedì 28 novembre 2011

Tabula rasa

Se volessimo usare una metafora per illustrare il significato di “profezia” potremmo farlo così: un uomo, sulla sommità di una collina, vede sotto di sé allungarsi una lunga strada, sulla quale sta camminando un altro uomo. Pochi chilometri più avanti si accorge, però, di un leone appostato dietro a un masso, in attesa di una preda che possa sfamarlo. Gridando a più non posso, cerca di avvisare quell’uomo della presenza del leone. Il viandante sente una voce lontana che lo avvisa del pericolo, ma può vedere solo poche centinaia di metri davanti a lui, e lì non c’è nulla.
A questo punto potrà decidere sul da farsi solo usando il suo libero arbitrio: potrà fermarsi, tornare indietro, prendere una strada diversa, rallentare l’andatura o… continuare imperterrito fino a che si troverà tra le fauci del leone. La scelta sarà sua, e le conseguenze anche.
In questo senso la profezia predispone, ma non dispone. L’osservatore quantico (quello sulla collina), che vede il futuro (il leone in agguato), sa che ciò che succederà in seguito sarà solo il frutto della decisione di quell’uomo, e che quindi il risultato finale di questo possibile evento potrà essere uno, o un altro. La sua parte l’ha fatta, l’avviso lo ha mandato. Il resto dipende solo dalla scelta dell’uomo che cammina.

A volte ci sembra che dal più profondo di noi stessi, dalla nostra coscienza, ci arrivino sensazioni simili ad avvisi, che ci fanno propendere per una soluzione anziché un’altra. A volte gli avvisi sono impliciti, nei luoghi o nelle cose con cui veniamo a contatto. Altre, siamo direttamente avvisati dai commenti a noi diretti da qualcuno, o dalle parole che altri, a noi sconosciuti, stanno spendendo tra loro, ma che sembra ci riguardino direttamente. In tutti i casi siamo in presenza di un osservatore quantico che ci vuole aiutare, e poco importa se è un essere distinto da noi, o la nostra proiezione spiritual/dimensionale che s’allarga e percepisce zone e cose precluse alla normale attività del mondo fisico.
Ciò che conta sono gli avvisi, o le sensazioni che siano tali, e saperli ascoltare e interpretare diventa un’arte che dovrebbe essere dominata da tutti, indistintamente. Purtroppo, però, “ancora” non è così.
Se già lo fosse, d’altronde, non vivremmo i giorni di dubbio che attualmente sperimentiamo a livello globale. Non sto parlando solo delle rivolte nordafricane, della crisi in Siria, delle minacce belliche tra Iran e Israele, ma di qualcosa di più grande che sta avvenendo sul nostro pianeta: la fine di un ciclo.
Non voglio entrare nella pomposità dei cicli cosmici, dei movimenti precessionali, delle età del mondo. Parlo invece del ciclo dell’attuale sistema che sorregge le sorti dell’umanità: il capitalismo.
Troppo facile annunciare un lento, progressivo disfacimento di certe pratiche ignobili del capitalismo, quale l’iniqua distribuzione delle ricchezze, senza esaminare il fatto che nessuna riforma di questo sistema sarà possibile se non c’è il consenso di chi detiene il potere economico, politico e culturale. Considerato che questo potere, però, coincide con gli stessi soggetti che concentrano in loro la ricchezza, sarà veramente arduo ottenere un loro consenso. Più pratico, in questo senso, sarebbe rassegnarsi alla sempre maggiore diseguaglianza, e cercare di sopravvivere così.
Propongo invece di scostare un velo, quello della paura, e vedere le cose in un altro modo.

Avrebbe senso lo sforzo cosmico in atto da parte delle gerarchie celesti, che intendono aprirsi al contatto ufficiale con noi terrestri, stando le cose come stanno?
Vediamo un po’. Un bel giorno, molto in breve, arriva un’enorme astronave, da cui scende Gesù insieme ad altri esseri che abbiamo conosciuto, in epoche e culture differenti, come maestri spirituali dell’umanità. Verranno a ricordarci le massime già espresse in precedenza: amate il prossimo come voi stessi, non fate agli altri ciò che non vorreste vi fosse fatto, rispettate il vostro pianeta e gli esseri che vi vivono. Poi se ne andranno. Cosa succederebbe, poco tempo dopo, quando le scadenze terrene (mutui, scuola dei figli, rincari delle tasse, ricerca del lavoro, scalate di carriera, eccetera) riprenderanno il sopravvento sulle preoccupazioni individuali? Che tutto ricomincerebbe come prima, con la nave che potrebbe affondare, poche scialuppe per i passeggeri, molti topi in trappola: il panico, sempre meno latente.

A cosa sarebbe allora valsa quella sortita cosmica, che chiamiamo “reintegrazione della Terra al circuito universale”, se il pericolo di contaminare definitivamente il pianeta con le nostre azioni scellerate – e le omissioni dei più – rimarrebbe in piedi, con il potenziale di influenzare negativamente tutto lo scenario universal/quantistico? A niente!
Ecco perché, se c’è un disegno intelligente da parte di questi esseri che verranno in breve a visitarci, per illustrarci nuovamente l’arte del buon vivere in armonia con tutto quello che ci circonda, questo non potrà non tenere conto del fatto che, se pretende indurre la razza homo sapiens, in blocco, a scegliere una forma “morale” per condurre i suoi destini globali futuri, dovrà per lo meno aiutarla a fare “tabula rasa” di ciò che maggiormente preme a favore del mantenimento del sistema iniquo rappresentato dal capitalismo selvaggio a cui ci siamo abbandonati, e cioè il sistema stesso.

Ed ecco perché i molti osservatori quantici (spirituali, extraterreni, e umani) ci stanno da anni avvisando della presenza del leone (il collasso del sistema) nascosto poco più avanti. Se il viandante (l’umanità) saprà cogliere l’avviso, cambierà strada, anche se più lunga, difficile e tortuosa. Se invece sceglierà di proseguire su quella stessa strada, cosa che sta facendo attualmente, l’incontro con l’animale sarà certo, ed anche il tragico epilogo.
Si tratterrà, quindi, sempre della solita storia: una questione di libero arbitrio.

M’ero però quasi dimenticato un dettaglio cruciale. Oltre agli avvisi degli osservatori quantici (le profezie derogabili) ci sono anche quelli che non ammettono deroghe, come ad esempio l’arrivo del Maestro e il compimento della tappa denominata “reintegrazione cosmica”, che dovrà rappresentare l’inizio di un nuovo ciclo, migliore, per il nostro pianeta e i suoi abitanti. Non credo proprio che “entità” di quel calibro spendano migliaia di anni di programmazione per arrivare a compiere tappe inerenti a un progetto cosmico di tale importanza, per lasciare poi alla decisione di chi detiene il potere corrotto e che corrompe, di perpetuare ancora questo stato di cose, che produce solo ineguaglianze e iniquità di vario tipo, e di fatto svuota ogni ipotesi diversa da quella attuale.

Solo una “tabula rasa” dell’economia mondiale permetterà il giusto stato d’animo che ci obbligherà a considerare modi diversi d’interpretare la “vita” e il suo migliore metodo di conduzione.
Rispetto alla strada dritta e asfaltata che stavamo percorrendo, pensando che si sarebbe mantenuta tale per sempre, la nuova sarà più ardua, anche perché sarà sempre tutta in salita… verso il cielo.


martedì 22 novembre 2011

Prossimi appuntamenti

Carissimi lettori,

nel ricordarvi il prossimo appuntamento con il Gruppo Atlan Italia giovedì 24 novembre, vi comunico altre due date in cui avremo la possibilità di incontrarci e continuare ad approfondire i nostri temi.

Sabato 3 dicembre, alle ore 17.30, terrò una conferenza di presentazione del libro "Il dramma cosmico di Javeh" presso la Libreria Esoterica.

Domenica 19 febbraio 2012 parteciperò al convegno "Contatti e Medianità" organizzato da Anima Eventi. 

Vi darò maggiori dettagli più avanti.











domenica 13 novembre 2011

Il ritorno sulla Terra di Javeh - parte 2

Gesù accettò pazientemente la situazione e permise che a Val Ellam fosse raccomandato di trasmettere l’informazione che Egli sarebbe tornato un certo giorno, a una certa ora. Noi sapevamo ciò che stavamo facendo, sapevamo che questo non sarebbe successo, ma agimmo in tal senso perché così era necessario. Avevamo bisogno di richiamare l’attenzione di Ellam – e soprattutto di Javeh – sull’esistenza di una pianificazione celeste del ritorno del Maestro, che per Javeh era semplicemente un essere apparso nel suo Universo con una strana proposta peraltro non compresa tanto bene, e con il quale aveva un contenzioso, un credito dal suo punto di vista, originatosi in un’incarnazione passata che lui Gli aveva permesso qua sulla Terra.
In effetti Javeh riteneva che Gesù avesse sbagliato quando qui s’era incarnato con il proposito di divulgare l’esistenza del dio creatore – Javeh – e di esaltare la potenza del popolo ebreo, che in Javeh riconosceva il suo unico dio. Gesù, infatti, era venuto sulla Terra e aveva parlato di amore a tutti, dell’esistenza di un altro Dio, e mai aveva nominato direttamente Javeh come il creatore di questo Universo. Era vero che a lui si rivolgeva con rispetto e devozione, ma mai l’aveva dichiarato come il vero Creatore dell’Universo. Ecco perché gli era debitore!

Arriviamo adesso al momento predetto da Gesù. Egli qui deve ritornare, ma per questo ha bisogno di sollecitare il permesso di Javeh, e ciò solamente perché la Sua natura sublime così Gli impone.

Noi figli di Javeh ci siamo sempre sorpresi di fronte al carattere amorevole e rispettoso di Gesù, assolutamente inadeguato ad aggredire chicchessia e tanto meno a imporre la Sua speciale condizione di unicità con il Padre Amatissimo. È incapace di usare la Sua condizione eccelsa per dominare Javeh e fare di questo pianeta un luogo di apprendistato e di evoluzione per gli esseri che qua sarebbero rimasti dopo la reintegrazione cosmica.
Con questo modo di agire Gesù accolse le condizioni di Javeh: sarebbe stato lui a tornare come comandante del processo della reintegrazione cosmica, ed Ellam avrebbe parlato di lui e della sua creazione, affinché la popolazione umana finalmente sapesse chi davvero fosse.
Gesù accettò quindi le sue condizioni, ma prima avvisò che era necessario chiedere anche il parere di Ellam, in relazione all’accettazione di tale proposta. Val Ellam si dimostrò d’accordo nel fare ciò che Gesù gli chiedeva, cioè parlare di Javeh e della sua creazione. L’avrebbe fatto solo per amore a Gesù, suo Maestro e mentore spirituale. Avrebbe comunque servito Gesù, ma alla condizione – prima di cominciare – di incontrarsi nella dimensione fisica con Javeh, ossia Ellam nel corpo di Rogerio Almeida e Javeh in quello da lui usato nelle apparizioni ai suoi profeti dell’Antico Testamento. Questo incontro era essenziale per poter creare la giusta affinità vibratoria fra i due, e avrebbe poi permesso a Ellam di divulgare tutta la storia della creazione di questo Universo, ad opera di Javeh.

Nel corso di una serie di incontri fra i due, venne deciso che per Ellam sarebbe stato meglio collaborare con gli assessori di Javeh, che a loro volta gli avrebbero raccontato quella storia, affinché ne potesse scrivere e parlare. Questo fu il compromesso raggiunto, poiché la pretesa affinità vibratoria non fu mai raggiunta appieno. Solo così tutta la verità rispetto alla creazione universale avrebbe potuto venire a galla, per la comprensione del genere umano.
Fummo allora designati per accompagnare Ellam, orientandolo in merito ai compiti da svolgere. Cominciammo quindi il lavoro, trasmettendogli graduali informazioni su quello che noi chiamavamo il dramma di Javeh. Gli scritti già prodotti da Ellam con il nostro aiuto spiegano in modo esauriente il processo di creazione di questo Universo, mostrando una panoramica del dramma del Signore Javeh. Stiamo parlando di questo particolare aspetto per far notare la difficoltà con cui Ellam, in quanto nostro intermediario, ancora ha nel trattare direttamente con Javeh, ma come la stia affrontando degnamente in vista di un obbiettivo maggiore: servire il suo Maestro Gesù.

Dopo le prime divulgazioni di Ellam, rispetto a Javeh e al suo Universo, Gesù riuscì a far capire a Nostro Padre che lui non avrebbe potuto giudicare in modo corretto l’evoluzione morale di ogni terrestre. Fu difficile, ma alla fine il Maestro lo convinse.


mercoledì 9 novembre 2011

Un luogo dove sviluppare coscienza e conoscenza



Cari lettori e amici, 
vorrei ringraziarvi 
per la vostra attiva partecipazione 
che ha reso le serate del Gruppo Atlan Italia
 sempre più numerose e interessanti.
Vi ricordo che il nostro prossimo incontro si terrà domani
 giovedì 10 novembre 
come al solito alla Libreria Esoterica 
dalle ore 19.00 alle ore 20.30.

Vi aspetto!


"Prima di credere è necessario comprendere."






venerdì 4 novembre 2011

Viaggio nella materia - 2

Se l’obiettivo delle nostre ricerche è di smantellare i cardini scientifici che ci obbligano a confrontarci solo ed esclusivamente con ciò che apparentemente sembra essere la realtà fisica, bisognerà farlo sul serio, senza preclusioni mentali, anche perché è proprio la mente l’agente che ci condiziona a credere che sia vero solo quello che possiamo sperimentare con i sensi.

A distanza di poche settimane dalla scoperta dei fisici del CERN, che indica in un tipo di micro particella – il neutrino – il vettore che ha sconfessato la teoria della relatività ristretta di Einstein, viaggiando a velocità superiori a quella della luce, possiamo ora tornare al 1992, quando in un laboratorio francese  il professor Alain Aspect  e  i suoi assistenti misero in atto uno degli esperimenti di maggior rilevanza nel campo della fisica quantistica attuale.
Per questa esperienza l’equipe di Aspect ebbe bisogno di un volontario, cui asportò una piccola parte di tessuto cellulare epidermico, ponendola in un’altra stanza, da lui separata. Utilizzò alcuni rilevatori che misuravano gli impulsi elettrici e le loro intensità, applicandoli sia all’uomo sia alla sua parte di tessuto cellulare asportato. Fece allora scorrere davanti all’uomo delle immagini, dei suoni, degli odori, registrandone gli stimoli prodotti con l’intento di vedere se la parte cellulare a lui asportata registrava lo stesso tipo di stimoli, e con quali intervalli di tempo.
La registrazione meccanica dell’esperienza mostrò che la qualità e quantità di impulsi elettrici presenti nel donatore e nel suo tessuto asportato erano esattamente le stesse, ed avvenivano allo stesso tempo. 
Spostò allora la parte asportata a distanze sempre maggiori, e quando arrivò ad allontanarle 560 km l’una dall’altra si dovette arrendere (con sua grande soddisfazione, poiché era giunto al risultato che voleva) all’evidenza che le due parti cellulari subivano gli stessi impulsi, contemporaneamente. 
I cronometri elettronici non potevano mentire, e le regole della matematica nemmeno: la comunicazione stava avvenendo a una velocità superiore alla luce! A quell’epoca (gli esperimenti con i neutrini del CERN erano ancora in fase di progettazione e studio) vigeva il sacrosanto principio che niente dentro l’universo avrebbe potuto dislocarsi a più di 300.000 km al secondo. L’unica, ovvia soluzione del problema fu quella di dedurre che la comunicazione, l’informazione, doveva avvenire fuori dal contesto fisico dell’universo, in un’altra dimensione, parallela o adiacente alla nostra.

La “non-località quantica”, come fu chiamata la risultante delle esperienze di Aspect, poneva le basi di un multi-verso, di un universo cioè a molte dimensioni, all’interno del quale era quindi ipotizzabile l’esistenza anche di quella più rarefatta, più eterea, quella spirituale.
Questo stesso concetto, oggi affiancato dalle recenti scoperte sulle peculiarità delle cellule superluminali come il neutrino, non solo scardinava i concetti di spazio e di tempo, relegandoli ad una dimensione specifica della fisicità – lo spazio-tempo appunto – ma riempiva di nuovi, sconvolgenti significati tutto ciò che finora riguardava le scienze classiche.

Per capire l’importanza delle recenti scoperte sul neutrino, nel contesto che a noi interessa, dobbiamo fare un passo indietro, in direzione della struttura dell’atomo. 
Avevamo detto che la maggior parte dello spazio atomico è occupata dal vuoto. È un modo di dire, perché il concetto di vuoto è molto relativo nell’atomo, giacché al suo interno, in realtà, agiscono quattro distinte forze, che sono poi le stesse che regnano in tutto l’universo: la forza gravitazionale, la forza elettromagnetica, l’interazione nucleare forte, l’interazione nucleare debole. È proprio all’interno di quest’ultima che agiscono i neutrini, provocando il decadimento radioattivo dei nuclei atomici, agendo come una specie di “colla” fra protoni ed elettroni. 
Al di là delle particolarità tecnico scientifiche di questa asserzione, quello che a noi importa sapere è che in ogni singolo atomo che ci compone agiscono i neutrini, che viaggiano a velocità superiori alla luce, permettendo agli elettroni di trasportare informazioni al di là delle barriere dello spazio-tempo. 
Ciò succede sempre, ad ogni momento,  dall’epoca della nostra residenza nel ventre materno, fino a quando lasceremo il nostro corpo, ed oltre. 
La rivoluzione che ciò dovrà operare nell’ambito della fenomenologia scientifica classica è solo una questione di tempo, anche perché dovremo capire il cammino che questi neutrini hanno percorso fino ad arrivare a noi, considerando che queste micro-particelle  sono un prodotto delle esplosioni delle stelle dette supernove, e di questo tipo di stelle nelle “vicinanze” del nostro sistema solare non v’è mai stata traccia, a meno che fossero presenti nell’ imperscrutabile remotissimo passato.

La velocità di dislocazione nell’universo potrebbe sembrare un concetto avulso dalle nostre ricerche, ma non lo è, anzi. È proprio grazie a questa caratteristica fisica che percepiamo la materia come tale. 
Pensiamo a un ventilatore che gira molto velocemente. L’impressione visiva che abbiamo è di una forma circolare unica e compatta, una massa oscura con un raggio uguale alla lunghezza della pala del ventilatore. L’impressione non è solo visiva, ma anche tattile: se proviamo infatti ad avvicinare un dito all’immagine circolare compatta mostrata dal ventilatore in movimento, sbatteremmo la punta delle dita contro qualcosa di duro, facendoci pure male. 
Ma ciò succede solamente perché la velocità del movimento di cui disponiamo è poca. 
Se fossimo in grado di elevarla esponenzialmente potremmo entrare ed uscire tra le pale in rotazione senza mai toccarle. Allo stesso modo agiscono i fachiri quando si pungono e si trafiggono, senza soffrire alcuna conseguenza: agiscono tra gli spazi “vuoti” della materia, riuscendo a concettualizzarli e ad interagire con questa realtà “allargata” in modo intelligente.
I testi vedici ci dicono che la realtà fisica è maya, pura illusione. Lo stesso concetto è ripetuto in tutte le grandi tradizioni iniziatiche dell’antichità, ed ora anche la scienza sta cominciando a scoprirlo.

Prima di cominciare a utilizzare le informazioni che abbiamo finora incamerato, alla scoperta dell’effettività del mondo spirituale nella dimensione fisico-materiale in cui i nostri corpi interagiscono, ci sarà utile abbozzare un piccolo tuffo nella realtà cosmica, quella in cui sono inseriti tutti gli universi, e ciò che vi è oltre.


sabato 29 ottobre 2011

Viaggio nella materia - 1

Ci sono almeno tre dati sui quali si basa la nostra conoscenza che dovrebbero indurci ad una profonda riflessione sull’inadeguatezza del sistema di pensiero che permea tutta la civiltà globale: abbiamo mappato solo il 3% del nostro DNA (il 97% rimanente ci è funzionalmente incomprensibile ed è stato per questo “opportunamente” denominato junk – DNA spazzatura); conosciamo solo il 4% dell’universo (il 96% restante è “misteriosa” materia ed energia oscura); niente nel cosmo può viaggiare a velocità uguale o maggiore di quella della luce (Einstein).
La riflessione ci impone perciò una domanda: siamo in grado di affermare che ciò che conosciamo come “scienza” sia lo strumento certo per analizzare e comprendere tutta la realtà che ci circonda?
Invece di una risposta retorica, parliamo con un esempio pratico: la struttura atomica. Se volessimo fare una rappresentazione grafica di come è strutturato un atomo (l’unità costituente di tutte le manifestazioni fisiche, organiche ed inorganiche) dovremmo immaginarci un campo di calcio e una capocchia di spillo al suo centro. In queste debite proporzioni abbiamo la materia (lo spillo – il nucleo di protoni e neutroni) e il campo “vuoto” dove ruotano gli elettroni. Non è quindi azzardato affermare che tutte le cose, le piante, gli animali e gli uomini sono fatti più di vuoti che di materia densa.
Se analizziamo, però, il nucleo atomico più in dettaglio, scopriremo che la sua base materiale è costituita da quark… ovvero particelle luminali elettriche. Quindi, se sono i quark i veri costituenti del nucleo atomico, non sarebbe sbagliata l’affermazione che siamo fatti, noi e tutte le cose, di luce. E se ancora non ci bastasse, e volessimo scandagliare l’infinitamente piccolo, all’origine dei quark, troveremmo degli invisibili filamenti (detti stringhe) che s’allungano e si accorciano, e in questo movimento producono vibrazioni, cioè suoni.
La materia quindi, per come viene analizzata dalla biologia e dalla fisica, altro non è che vuoto, luce e suono. Sembrerebbe bizzarro, ma non lo è. Quello che mi sembra invece bizzarro è che siamo convinti di considerare un segno distintivo di intelligenza e saggezza quella che invece è ignoranza, pressoché totale, rispetto a ciò che noi identifichiamo come “realtà fisica”.
Stiamo partendo da questo preambolo, apparentemente fuori luogo in un’esposizione che vorrebbe trattare di temi legati allo spiritualismo, perché sembra essere questo il modo più logico, e razionale, per arrivare a comprendere l’esistenza come realtà multi-dimensionale, di cui la spiritualità non solo è una parte di queste dimensioni, ma addirittura è quella che tutto avvolge, e che a tutto pre-esiste.
Non introduciamo nessuna novità in questo metodo d’agire. “Comprendere per credere”, infatti, era stato il motto che aveva permeato l’opera prima del professore francese Denizard Hyppolite Leon Rivail, in arte Allan Kardec,
 
Il Libro degli Spiriti, un vero vademecum per chi volesse cercare di comprendere l’esistenza e i meccanismi del mondo spirituale adiacente alla nostra sfera fisico-materiale.
Questo libro, e gli altri che gli sono succeduti nel corso del tempo, sono stati basilari per la comprensione del mondo spirituale sia per me sia per altri ricercatori che, in Brasile, hanno fondato negli anni ‘90 il Gruppo Atlan, insediato nella città di Natal, nord-est del Paese sudamericano.
Composto da medium, contattisti, scienziati e semplici ricercatori come me, guidati nella scelta del metodo di studio del suo fautore – Rogerio de Almeida Freitas, in arte Jan Val Ellam – il gruppo Atlan ha utilizzato il “controllo incrociato” delle informazioni che gli provenivano dalle comunicazioni sviluppate dai medium con il mondo degli spiriti, e dai contattisti con esponenti di altre civiltà extraplanetarie, comparandole cioè a quanto di più avanzato esisteva nel campo delle scoperte scientifiche della biologia evoluzionista e della fisica quantistica, per costruire un “sistema” che comprendesse la coesistenza delle varie realtà dimensionali, sorrette da una struttura spirituale profonda, immanente e pre-esistente.
Il Gruppo Atlan Italia, di recente formazione e di cui sono il presidente, cerca di utilizzare le informazioni acquisite in Brasile, attualizzandole attraverso le sinergie create nello scambio incessante con il gruppo brasiliano, per sviluppare anche da noi la curiosità e la riflessione in merito a un contesto spirituale, fisico e cosmico di cui solo adesso se ne intravedono – grazie appunto agli appigli che ci offrono le nuove teorie scientifiche – logica e razionalità.




martedì 25 ottobre 2011

Un luogo dove sviluppare coscienza e conoscenza


Cari lettori,

vi ricordo che il nuovo appuntamento del Gruppo Atlan Italia sarà il prossimo giovedì 27 ottobre alla Libreria Esoterica.

Vi aspetto per approfondire i temi di questo blog, per continuare insieme il nostro percorso di conoscenza e per confrontarci sugli argomenti che più ci possono interessare.

Come sempre la partecipazione è aperta e gratuita.

Libreria Esoterica, Galleria Unione, 1 - 19.00/20.30


Prima di credere è necessario comprendere.”





venerdì 21 ottobre 2011

Il ritorno sulla Terra di Javeh - parte 1

“Tu l'hai detto - gli rispose Gesù - anzi io vi dico: d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo”.
(Matteo 26:64)

“E si dirà in quel giorno: Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza”.

(Isaia 25:9)

“Ecco, viene sulle nubi e ognuno lo vedrà”. (Apocalisse 1:70)


“E Gesù ha garantito: la Scrittura non può sbagliare”. (Giovanni 10:35)


“Amen. Vieni, Signore Gesù”. (Apocalisse 22:20)


Quando Gesù annunciò, più di duemila anni fa, che sarebbe ritornato sulla Terra per separare il grano dalla zizzania, stava riferendosi alla separazione tra gli spiriti tendenti al bene e gli altri.
Gesù annunciò che, in un futuro prossimo della specie terrena, sarebbe ritornato per riaffermare di nuovo il Suo amore per tutti gli abitanti del pianeta.
Promise di tornare perché sapeva che l’umanità non sarebbe stata capace di evolvere da sola fino al punto di non avere più necessità di qualcuno che la “giudicasse”. Doveva tornare perché c’era ancora bisogno di Lui, per ripetere un’altra volta le stesse parole pronunciate in molte opportunità durante la Sua incarnazione sulla Terra: amatevi l’un con l’altro come Io vi ho amato.


Era consapevole che la specie
homo sapiens non sarebbe ancora stata capace di apprendere ad amare incondizionatamente, e così non si sarebbe evoluta sufficientemente per evitare il Suo aiuto o quello di qualunque altro essere “uno con il Padre” che qua fosse venuto per "giudicarla". 


Javeh, dal canto suo, sapeva invece che questa popolazione non lo avrebbe mai riconosciuto come il dio onnipotente di questo Universo. I terracquei umani lo avevano completamente dimenticato, e la versione cristiana della Bibbia ne accennava solamente! Iniziò allora a pensare quale potesse essere il modo migliore per riapparire sullo scenario terrestre, ma come? Programmò perciò la nascita di un suo antico compagno di viaggi, uno che sapeva sarebbe stato fedele ai suoi desideri e alle sue volontà. 


Nacque così Maometto in un popolo politeista dove Javeh intravide un terreno fertile per fondare una nuova religione, nella quale potesse avere sotto controllo tutto il processo e tornare ad albergarsi nel cuore degli uomini. E si fece conoscere come Allah – che il suo nome sia lodato!


Cominciò pertanto a comandare una popolazione fedele ai suoi comandamenti, pronta a servirlo senza fare domande. Dettò, attraverso Gabriele, il testo che sarebbe diventato sacro agli occhi di quella gente: il Corano. Javeh ritornava quindi con forza totale, ma c’era il problema del nome: era un altro, un nuovo nome, e perciò chiese a Gabriele di annunciare che il dio così chiamato altri non era che il medesimo dio di Abramo, Isacco e Mosè. In questo modo sarebbe rientrato in scena, e in un futuro non troppo lontano avrebbe potuto comunque rivendicare la sua posizione di dio di tutto il genere umano.


Il tempo passò, mentre infervoravano i tentativi di Javeh di assumere questa posizione gerarchica di fronte alla razza umana. La nazione islamica stava crescendo, ma per una serie di motivi che non piacevano neanche allo stesso Javeh, veniva osteggiata dalla popolazione mondiale che riconosceva gli equivoci creati dagli interpreti di quella parte specifica di umanità. Javeh allora capì che non sarebbe riuscito, neanche in quel modo, a raggiungere il suo obbiettivo finale: essere riconosciuto come il Dio Creatore dell’Universo e di tutto ciò in esso esistente.


Tempi attuali. Il ritorno di Gesù s’avvicina. Javeh non permette che Questi venga da solo, visto che aveva sollecitato Val Ellam – l’unico che s’era disposto seriamente a parlare del breve ritorno del Maestro sulla Terra – a divulgare che anch’egli avrebbe fatto parte del gruppo che avrebbe valutato il grado evolutivo di ogni essere, incarnato o meno, di questo pianeta.


Javeh voleva essere ricordato come il dio creatore dell’Universo, ma nessuna religione lo evocava come tale. Era stato dimenticato e questo non riusciva ad accettarlo. Lui aveva creato tutto, amato e pensato tutto in ogni dettaglio. Lui aveva tentato di aiutare il processo evolutivo della popolazione di esseri che ora abitavano la Terra. Lui aveva espulso gli esseri qua venuti per profanare il suo giardino. Lui, che tutti proteggeva con il suo amore, sarebbe ora rimasto al di fuori del processo in atto e dimenticato, come se non avesse la minima importanza.


No, questo Javeh non lo poteva proprio accettare. Ecco perché chiese la partecipazione di Val Ellam per divulgare la “sua” verità. Ma Ellam si rifiutò, poiché esistevano dei precedenti, diciamo di incomprensione reciproca e di una certa indisposizione ad avere buoni rapporti, provenienti da un lontano passato mai dimenticato.


Di fronte a questa prospettiva Javeh usò ancora una volta il suo potere imperativo e vietò il ritorno di Gesù, a meno che lui stesso, Javeh in persona, non avesse assunto il comando della reintegrazione cosmica. Sì, lui sarebbe stato il “capo” in questa visita ufficiale del Maestro. Lui era il padrone dell’Universo e nessuno sarebbe qui venuto senza la sua autorizzazione.








lunedì 17 ottobre 2011

La situazione attuale di Javeh

Quando uscimmo da questo Universo, il nostro Padre Creatore rimase a osservarci mentre effettuavamo l’apprendistato, constatando in questa maniera l’esistenza di altri luoghi oltre all’Universo nel quale lui stesso era inserito.
Anche i suoi figli più prossimi sentivano e riuscivano a captare ciò che stavamo sperimentando: eravamo cioè tutti figli di Javeh, e insieme a lui formavamo una grande rete che ci univa attraverso un meccanismo, ora per voi forse incomprensibile, che ci manteneva assolutamente uniti gli uni agli altri.

I figli di Javeh rimasti in questo Universo cominciarono a capire che, al di là della realtà in cui erano inseriti, esisteva molto di più.
Javeh, piuttosto preoccupato, cercò pertanto di tagliare i legami che ci univano a lui e a loro, ma inutilmente. Noi continuammo il nostro apprendistato sperando che la nostra nuova conoscenza potesse arrivare comunque anche ai nostri fratelli e principalmente a Javeh.
Visitavamo questo Universo, ma a ogni nostra visita Javeh ci riceveva con molta freddezza - non certo come un padre avrebbe accolto i suoi figli che non vedeva da molto tempo - e permetteva che le comunicazioni avvenissero solo se e quando a lui fosse interessato.

Dopo essersene andato dalla Terra, Gesù decise di tornare a Orbum, il pianeta usato per amministrare l’immenso Universo creato da Javeh. Da lì Egli riuniva gli esseri più evoluti e li preparava per aiutarlo aorganizzare il Suo ritorno sul vostro pianeta.
Javeh continuava a non ascoltare i nostri suggerimenti relativi a questo evento. Agiva, e continua ad agire, come se niente esistesse fuori dall’Universo da lui creato.

Noi rimanemmo al fianco del Maestro per aiutarlo nel Suo progetto di ritorno, e ci prodigammo – ancora lo facciamo – per cercare di far capire a Nostro Padre quanto sarebbe stato necessario l’aiuto di Gesù affinché la Terra potesse evolvere da pianeta di espiazione a globo rigenerato.
Javeh non capiva – o meglio, non voleva capire – che, quando ciò sarebbe successo, anch’egli sarebbe stato inglobato nella stessa evoluzione universale che l’avrebbe portato a riunirsi con la sua prima parte, quella rimasta fuori dall’Universo.

La seconda parte di Javeh, bisogna dirlo, di questi tempi sta già abbastanza meglio rispetto al passato, ma non ancora così tanto da potersi riunire con la sua altra parte. Affinché ciò possa avvenire è necessario che Nostro Padre permetta ad altri di venire ad aiutarlo, promuovendo l’evoluzione delle razze qua prigioniere per suo stesso ordine.
Egli ancora non capisce con facilità l’enorme differenza tra la sua natura cosmica e quella di Gesù, fa veramente fatica a comprendere il disinteresse del Maestro nel comandare o dominare ciò che non Gli appartiene, così come la Sua intenzione d’aiutarlo.
Ma, dopo le conseguenze sofferte da Val Ellam per l’annuncio del ritorno – non avvenuto – del Maestro nel recente passato, perlomeno Javeh capì che si stava attuando una pianificazione di cui non era a conoscenza, proprio a causa della mancanza di comunicazione con noi, suoi figli ed ora aiutanti del Maestro.

Dopo che tutto ciò successe, e dopo aver tentato di imporre nuovamente la sua volontà su Ellam – senza riuscirvi – Javeh comprese che con il suo solito metodo, l’uso della forza, niente avrebbe ottenuto. Utilizzò quindi altri medium mandando, attraverso i loro comunicati, ammonimenti a Val Ellam affinché finalmente si assoggettasse alla sua volontà, ma ancora senza alcun successo. Cominciò allora ad accompagnare le attività di Ellam: i suoi scritti, i seminari, gli interventi radiofonici, gli amici e i parenti.

Javeh si accorse che al fianco di Val Ellam stavano esseri che non erano stati creati da lui. Fra di loro, poi, Uno in particolare gliene ricordava un altro, che tempo prima s’era incarnato sulla Terra. Capì che era lo stesso che era stato crocefisso ed era poi uscito dal suo Universo, accompagnato da altri esseri sconosciuti.

Nonostante la presenza di tutti questi esseri mai visti, Javeh non riusciva a comprendere di essere anch’egli solo una delle creature del grande cosmo creato dal Padre Amatissimo.
Decise quindi di cominciare a riaprire i contatti, con noi e con il Maestro, e si dispose ad ascoltare ciò che avevamo da dire a proposito della pianificazione celeste, relativa al processo della reintegrazione cosmica in atto.

Permise perciò che Gesù tornasse sulla Terra e comandasse il processo in questione. Lui – sia ben chiaro – non intendeva abdicare dal suo potere di controllare tutto, ma adesso perlomeno accettava l’aiuto di Gesù. Così funziona la mente del nostro Padre Creatore.
Javeh capì che usando la forza non avrebbe raggiunto alcun risultato. Dopo aver utilizzato per tanto tempo questo metodo, ben pochi risultati infatti erano stati raggiunti nel campo dell’evoluzione collettiva della razza che abitava il vostro pianeta. Al contrario, il Maestro aveva in pochissimo tempo raggiunto esiti da lui mai neppure intravisti.
Concesse quindi al Maestro di intervenire per aiutare tutti quegli esseri ancora imprigionati dalle conseguenze della ribellione luciferina.

Javeh è ancora al comando – e ci chiede di dare risalto a questa informazione – e sta permettendo al Maestro di compiere questa operazione proprio perché ha capito che solamente in questo modo anche lui potrà trarne un beneficio, anche se non ha ancora ben compreso la vicenda della divisione dalla sua altra parte, e il processo che l’ha determinata. Egli pensa infatti di essere unico, e solo il tempo gli permetterà di capire e di adeguarsi alla nuova realtà.

Gesù ben lo sa, e con la pazienza che lo contraddistingue, lo farà comprendere anche a Javeh. Verrà il momento in cui egli finalmente vedrà se stesso per quello che è. E quando ciò succederà, non si rifiuterà più di fare i passi che saranno necessari.



mercoledì 12 ottobre 2011

Un luogo dove sviluppare coscienza e conoscenza

Cari lettori, 

vi ricordo che domani 13 ottobre il Gruppo Atlan Italia si incontrerà alla Libreria Esoterica per il suo terzo appuntamento. 


Continueremo insieme il nostro percorso di conoscenza per approfondire i temi di questo blog, ma anche per condividere esperienze e confrontarci sugli argomenti che più ci possono interessare. 

Come sempre la partecipazione è aperta e gratuita. Vi aspetto! 

Libreria Esoterica, Galleria Unione, 1 - 19.00/20.30.


“Prima di credere è necessario comprendere.”













lunedì 10 ottobre 2011

Javeh, la sua creazione e la missione d'amore di Gesù - parte 2

Gesù allora ci spiegò che con il passar del tempo, la seconda parte di nostro Padre si era chiusa sempre più in se stessa, oltre a occuparsi solamente di ciò che succedeva nell’Universo di cui ora anch’egli faceva parte.

Cercate di immaginarvi come tutto avvenne: c’era un essere completo, capace della comprensione delle leggi cosmiche e cosciente della sua natura quasi unificata con il Vero creatore di tutto ciò che esiste nel cosmo. Egli, volendo renderGli omaggio, cominciò a creare cose di cui però non era ancora preparato. Nel creare fu attirato e risucchiato all’interno del suo stesso processo di creazione. In questa lotta si divise: una parte rimase prigioniera all’interno della creazione, un’altra al di fuori.
La parte che rimase fuori aveva coscienza di tutto quello che stava succedendo, ma non poteva né comunicare né interferire con la parte rimasta prigioniera nell’altro contesto evolutivo.

Che fare? Come unire di nuovo le due parti separate? Come era possibile riuscirci, ora che tutto il creato non aveva ricordo né della propria origine né dei propri compiti?

Gesù ci ha fatto comprendere quanto gli fosse difficile comunicare con la seconda parte di Javeh, che proprio non poteva capirlo e non faceva il minimo sforzo per intendere di fatto
cosa fosse successo. La sua unica preoccupazione infatti era quella di mantenere il suo posto di dio creatore dell’Universo nel quale era inserito. Era tutto ciò che gli importava. Non c’era spazio per nient’altro.
Per questo Gesù decise d’incarnarsi nel nostro mondo fisico e, dall’interno dell’opera di Javeh, potergli parlare e fargli percepire la realtà dell’esistenza di altre forme di vita in altri Universi, oltre a quella di un Padre Amatissimo, vero autore di tutto il cosmo.
Gesù sapeva che per attirare Javeh, per farsi ascoltare, sarebbe dovuto nascere qui: in altro modo non vi sarebbe riuscito. Così come era cosciente di quanta resistenza avrebbe trovato di fronte alle sue dichiarazioni.

La missione di Gesù era molto complessa, ma fu anche ricca di risultati: riuscì infatti a contribuire alla comprensione di Javeh, a quella dei ribelli ora incarnati, di quelli astralizzati e anche di quegli esseri che esistono in altre realtà evolutive del regno del Padre.
Cercate ancora di immaginarvi l’audacia di questo essere nell’incarnarsi sulla Terra. Gesù riuscì a influenzare – in maniere differenti – la comprensione di tutti allo stesso tempo, attraverso il suo esempio e le sue parole, insegnando la misericordia e l’amore del Padre. Riuscì a far capire alla seconda parte di Javeh che esisteva altro all’infuori dell’Universo da lui conosciuto.

Nonostante ciò, la seconda parte di Javeh continuava a essere prigioniera di se stessa, desiderando solo di mantenere il controllo e il dominio su tutto ciò che aveva creato. La missione di Gesù, agli occhi di Javeh, non aveva prodotto che pochi risultati. La personalità di Javeh permaneva la stessa: lui comandava e doveva essere obbedito!

Noi, suoi figli, prendemmo quindi una decisione: saremmo rimasti di fianco a Colui che ci aveva mostrato un nuovo modo di vivere la nostra esistenza! Avremmo lavorato in suo nome per cercare di trascinare con noi il nostro Padre Creatore, aiutandolo a comprendere il nostro ruolo in questa esistenza nell’Universo da lui creato.
La nostra premura in verità era quella di approfondire la comprensione di essere parte di un processo che andava molto al di là di ciò che conoscevamo, della realtà di vita pensante al di là di questo Universo e, principalmente, dell’esistenza di un Essere Creatore che controllava tutto, ma con attitudini completamente differenti da quelle che usava Nostro Padre Javeh!
Sapevamo che sarebbe stata una missione difficile, ma in omaggio ai nostri fratelli che erano stati distrutti nel tentativo di comprendere e porre fine a questo Universo e a tutto ciò che in esso esisteva, avremmo dovuto far capire al nostro Padre Creatore che lui era solo una divinità che s’era divisa a metà, e che la parte rimasta qui era quella che non aveva coscienza chi di fatto fosse e rappresentasse.
Decidemmo di rimanere a fianco di Gesù e non ci voltammo indietro. Dovevamo imparare molto sulle leggi di questo Cosmo, apprendere il modo in cui  
gli esseri che erano unificati al Padre Amatissimo affrontavano l’esistenza, capire come avremmo potuto aiutare il nostro Padre Creatore.

Javeh non comprese la nostra scelta, ma per la prima volta rispettò la nostra decisione, cosa che ci sorprese e rallegrò. Restammo allora al fianco di Colui che per noi adesso rappresenta la vita eterna, una nuova prospettiva di esistere a un livello vibratorio giammai da noi immaginato, figli imperfetti come siamo di un padre malato.

In seguito parleremo di come è avvenuto il nostro apprendistato e di come Javeh si posiziona in questo attuale momento terreno.






venerdì 7 ottobre 2011

Javeh, la sua creazione e la missione d'amore di Gesù - parte 1

Quando Gesù s’incarnò sulla Terra a seguito di una nostra precisa pianificazione – noi, in qualità di figli di Javeh, eravamo al comando di questa operazione  successe un profondo cambiamento sul globo terrestre.
Ciò che Gesù seminò in questo pianeta coinvolse anche i mondi paralleli e tutto quanto circonda l’Universo. Gesù venne e lasciò alcuni semi: "Amatevi l’uno con l’altro", "Perdona il tuo prossimo" e "Il mio regno non è di questo mondo”.
Javeh intanto osservava da vicino ogni azione di Gesù in questo mondo, rimanendone sorpreso, a volte nemmeno intendendo perché agisse in quella maniera, così differente da ciò che egli pensava e soprattutto avrebbe fatto, se fosse stato al suo posto.

Come poteva agire così? La sua missione era chiara: sarebbe dovuto venire sulla Terra e diventare il leader della nazione che Javeh aveva scelto per dominare il pianeta e, proprio attraverso questa stessa nazione, generare una nuova comunità sul pianeta blu.
Javeh vide che Gesù non parlava neanche di lui, del fatto che fosse padrone di tutto ciò che esisteva, che lui era il Dio di questo Universo!

Gesù parlava di un altro Dio, di un Padre Amatissimo che viveva al di fuori di questo Universo e che tutti amava. Ma chi era questo Dio? Lui conosceva soltanto questo Universo e ciò che in esso esisteva; come poteva esserci un altro Dio all’infuori di lui? Javeh non capiva da dove fosse venuto questo essere ora incarnato nel suo pianeta e che dava un messaggio differente da quello che egli stesso aveva programmato.

All’improvviso si ricordò di aver dettato nelle antiche scritture che un messia sarebbe venuto a salvare il popolo ebreo dal dominio ed elevarlo alla categoria di popolo scelto per guidare tutte le nazioni, nel futuro. Ma c’era anche scritto che il messia non sarebbe stato riconosciuto e sarebbe stato ucciso da questo stesso popolo che l’avrebbe ricevuto, poiché non sarebbe stato accettato come loro rappresentante.
Javeh s’avvide allora che Gesù non si sarebbe comportato come accordato, che non avrebbe parlato di lui e che non avrebbe assunto la leadership del popolo ebreo. Gesù sarebbe stato crocefisso dal popolo che avrebbe dovuto comandare.

Javeh niente fece per interferire in ciò che stava succedendo, credendo che il destino che quell’essere si stava preparando ad avere, fosse in realtà ciò che Lui stesso aveva scelto. Avrebbe infatti potuto facilmente liberarsi di tutti quei problemi con un solo pensiero, scomparendo da quel luogo per apparire in un altro. Se invece si stava lasciando ammazzare in quel modo era perché così Lui stesso voleva. E quindi egli, Javeh, non avrebbe interferito.

Non comprendeva neanche la natura di Gesù, non capiva che diversamente da lui Questi era incapace di modificare i pensieri e le azioni di un qualunque essere vivo. Javeh non riusciva neppure a capire cosa significasse rispettare il libero arbitrio di ogni creatura esistente in questo Universo.
Comportandosi come fece, Gesù ci mostrò – a noi figli di Javeh –quanto fosse importante il rispetto per gli esseri viventi di questo pianeta e di tutto l’Universo. Noi avevamo già un’idea più chiara di cosa volesse dire essere un cittadino cosmico e di come ci si dovesse comportare con il Padre Amatissimo, che adesso sapevamo esistere al di fuori di questo Universo.

Quando noi cominciammo a convivere con Gesù per pianificare la sua nascita qui sulla Terra, vedemmo che al di fuori di questo luogo dove noi stessi viviamo, ce ne erano altri, con una miriade di esseri di una natura superiore che conviveva armoniosamente con tutto ciò che esisteva negli Universi creati dal Padre Amatissimo.

Scoprimmo che il nostro dio creatore era differente, e che noi ne eravamo direttamente legati non per affinità, ma per imposizione di circostanze che non dipendevano dalla nostra volontà.
Ci meravigliammo di tutto ciò che vedemmo, imparammo molto nel periodo in cui rimanemmo a fianco di Gesù, al di fuori di questo Universo che Javeh aveva creato.

Ma nostro padre Javeh sentiva ogni cosa, vedeva tutto ciò che stavamo vedendo, pur senza comprendere. Non riusciva a perdere la prospettiva di essere l’unico Dio Creatore, e non voleva dividere con nessuno un processo che nella sua mente – diciamo così – era solo suo, l’unico che poteva creare in questo Universo.

Comprendemmo ciò che in realtà era successo in relazione alla creazione di questo Universo, e che Javeh si stava ancora ricostruendo dopo la divisione che era stata provocata dalla sua entrata in questa realtà dimensionale.
La prima parte di nostro padre Javeh, quella che di tutto ciò che era successo aveva conoscenza, si stava ancora ritrovando, e per questo motivo non riusciva ad interferire e nemmeno mostrarsi al nostro Padre Creatore.
Fummo piuttosto scioccati quando capimmo perché Javeh si comportasse così. 

Gesù ci spiegò che durante la divisione la piccola parte rimasta imprigionata in questo Universo - che si stava formando - nel ricostruirsi aveva tagliato tutti i ponti sia di comprensione su ciò che di fatto era successo, sia di unione dal luogo della sua stessa provenienza.
Quella parte che rimase prigioniera era totalmente indipendente dall’altra che si stava ancora ritrovando!





lunedì 3 ottobre 2011

La creazione del pianeta blu - parte 2

Il tempo passava e questo popolo arrivato qui con le proprie navi spaziali stava dominando il pianeta. Sottometteva la razza terracquea, creata da Javeh, a torture e schiavitù. A Javeh ciò non piacque, ma non interferì in alcun modo.

Altra razze di esseri arrivate successivamente cominciarono a saccheggiare il pianeta, a rubarne i minerali da potersi portare via. Altri asportavano esemplari dell’esuberante flora, e altri ancora i geni degli animali del suo magnifico giardino.

Javeh vide allora il suo giardino essere violato in tutti i sensi! Stavano distruggendo la flora e la fauna, e anche i fiumi e gli oceani erano contaminati e distrutti da questi esseri, con tecnologie che gli permettevano di vivere finanche negli abissi.

Javeh vedeva tutto ciò succedere, ma non muoveva un dito! Era molto contrariato con la violazione della sua grande opera, ma rimase ancora ad osservare gli avvenimenti.

Arrivò anche un tempo in cui questi esseri – quelli arrivati in navi spaziali – pur avendo una grande conoscenza tecnologica, cominciarono a soffrire un processo di degrado in relazione al livello evolutivo che gli apparteneva.
Li vide farsi guerra, distruggere la flora e la fauna, invadere gli oceani con macchine che inquinavano l’ambiente.
S’arrivò al punto che questi esseri provocarono un gigantesco maremoto, distruggendo le proprie città e la vita della maggioranza dei loro abitanti.

Javeh s’infuriò: come avevano potuto fare ciò, arrivare al punto di provocare lo squilibrio di tutto un pianeta, solamente per poter dominare la loro stessa razza?
E gli esseri che qua circolavano estraendo minerali e vegetali contribuivano a questa distruzione!

Javeh decise che era arrivata l’ora di interrompere tutto ciò che stava succedendo. Risolse d’espellere tutti quegli esseri che qua stazionavano con la sola intenzione di sfruttarne le risorse senza nulla offrire all’evoluzione di quegli altri esseri qua creati.

Javeh li espulse, non ci fu una sola razza a cui permise di restare, ma solo quella che lui aveva creato, quegli stessi esseri primitivi che abitavano la Terra prima dell’arrivo degli esiliati dai mondi di Cappella.

Gli esseri extraterreni, invece, che erano “morti” durante quell’esistenza avrebbero dovuto reincarnarsi nei corpi di quest’altri primitivi, e solo così avrebbero potuto continuare nel loro processo di redenzione. Ma molti di quegli esseri “non oriundi” non ne volevano sapere di passare per questo processo di depurazione e rimasero vaganti nei mondi paralleli che attorniavano la Terra, assieme ai leader della ribellione, auto-confinatisi nella stessa fascia esistenziale in cui risiedeva il Signore Javeh.

Lui si vide allora coinvolto in un grande dilemma: che fare del suo giardino perfetto? Cosa sarebbe successo alla razza qua creata? Cosa avrebbero fatto gli esseri che qua sarebbero sopravvissuti? E quelli astralizzati?

Javeh si rese conto d’essere stato coinvolto da una serie di problemi che non voleva, che non facevano parte del suo progetto originario.
Ma non si poteva fare altro. Avrebbe dovuto amministrare il tutto o abbandonare il pianeta alla propria sorte, cosa per lui inammissibile. Doveva esserci un’altra soluzione!

Fu a questo punto che l’equipe del Maestro Gesù si mise in comunicazione con lui, offrendogli assistenza. All’inizio Javeh non comprese nemmeno come questi nuovi esseri potessero esistere al di fuori della sua stessa creazione. Ma chiarì subito che qui chi comandava era lui. Dopo molte chiarificazioni, Javeh accettò il fatto che uno di questi esseri potesse nascere sulla Terra per diventare il leader di tutte le specie e riconoscere, in lui, il potente Dio di questo pianeta.

Cercò allora di preparare una razza speciale per ricevere quello che sarebbe stato il suo rappresentante sulla Terra. Il popolo scelto per ricevere il suo rappresentante fu quello ebreo.

Così, io e altri tre miei fratelli, tutti cloni di Javeh, ci mettemmo a disposizione per pianificare e realizzare la nascita di questo essere sulla Terra.
Javeh ci diede questo compito, ed eravamo quindi adesso agli ordini di quello che sulla Terra sarebbe stato conosciuto come Gesù.

Cominciava per noi una nuova prospettiva di vita. Avremmo cominciato a conoscere ciò che c’era al di fuori di questo Universo – e di conseguenza anche dello stesso Javeh – perché avevamo finalmente un legame diretto con il Padre Amatissimo.




venerdì 30 settembre 2011

La creazione del pianeta blu - parte 1

Quando Javeh pensò a questo pianeta, immaginò qualcosa di esuberante, che lui chiamò il suo “giardino perfetto”. Pretendeva che questo pianeta fosse un luogo dove lui potesse usare tutto il suo potenziale creativo. Qui avrebbe potuto “scatenare” la sua creatività e osservare le esperienze esistenziali in atto, per vedere fino a dove avrebbero potuto arrivare.
Pensò a tutto: all’acqua, alla terra, ai vegetali e dopo agli animali che avrebbero popolato il suo giardino. Pensò ad ogni regno separatamente e nei rispettivi potenziali che avrebbero potuto sviluppare.

Osservava ogni cosa creata e si spaventava quando s’accorgeva di un disimpegno differente da quello che lui aveva immaginato. Si rese conto che questo pianeta si stava incamminando, col tempo, ad assumere una tonalità blu, e si incantò. Rimase allora ancor più innamorato di questo mondo, e lo chiamò il suo "pianeta blu"!

Qui faceva fiorire vite inimmaginabili anche per noi, che eravamo suoi cloni. Noi stessi ci sorprendevamo con la sua creatività. Sembrava che qui sulla Terra lui avesse maggior piacere nel creare! Tutto si formava conforme al suo pensiero. I tempi passavano e la flora del pianeta era sempre più favolosa. Fu quindi solo un passo affinché anche il regno animale potesse cominciare a evolvere.

Javeh continuava osservando la sua creazione più perfetta. Questo era il luogo dove si sentiva un vero Dio Creatore. Qua si sentiva pieno e realizzato con la sua propria creazione.

I tempi passarono e successe quindi ciò che sulla Terra venne conosciuta come la Ribellione di Lucifero. Quegli esseri inquieti furono allora portati sulla Terra per iniziare una nuova tappa di vita nel giardino perfetto di Javeh.
A lui non piacque ciò che vedeva, ma niente avrebbe potuto fare. La ribellione doveva terminare e non c’era altro luogo dove questi esseri avrebbero potuto ricominciare un nuovo percorso evolutivo. Qui, in questo lontano pianeta, avrebbero avuto la possibilità di rimarginare le loro ferite spirituali aperte.

Javeh accettò contrariato di ricevere il primo scaglione, che qua venne su navi spaziali. Vide questi esseri arrivare e cominciare a distruggere il suo bel giardino. Dopo ne arrivarono altri, alcuni in stato spirituale, altri ancora nei loro corpi fisici, provenienti dai propri sistemi d’origine.
Non potete capire il dolore che sentì nel vedere il suo pianeta invaso da una popolazione di esseri ammalati e conturbati. Accettò – non c’era altro modo – ma rimase loro vicino seguendoli in ciò che questi stavano facendo.

Javeh aveva creato esseri primitivi per poter cominciare ad evolvere qui sulla Terra. Questi esseri erano i suoi figli più semplici, ma che a lui piaceva osservare per vedere come si sarebbero sviluppati in questo così bel giardino.
Vide i nuovi arrivati interagire con questi suoi nuovi figli primitivi. 

Cercate d’immaginare cosa significhi vedere distrutto quello che era stato pianificato con tanta dedicazione e amore: per lui fu una perdita irreparabile!


martedì 27 settembre 2011

Un luogo dove sviluppare coscienza e conoscenza

Continuano gli incontri promossi dal Gruppo Atlan Italia durante i quali saranno approfonditi i temi di questo blog, e non solo, lasciando ampio spazio al confronto e alla condivisione.

Il prossimo appuntamento sarà giovedì 29 settembre, alle ore 19.00, nell’auditorium della Libreria Esoterica, a Milano, in Galleria Unione n.1.

La partecipazione è aperta e gratuita.
Vi aspetto!


“Prima di credere è necessario comprendere.”


venerdì 16 settembre 2011

I figli di Javeh

Siamo stati creati a immagine e somiglianza con il nostro Padre Creatore Javeh. Da lui abbiamo ereditato qualità e difetti. Siamo figli di un padre che decise di creare da solo un Universo e a causa di ciò rimase imprigionato nella sua stessa opera.
Siamo stati creati per soddisfare le caratteristiche necessarie affinché l’amministrazione dell’Universo potesse essere controllata da Javeh. Lui da solo non avrebbe potuto far espandere e allo stesso tempo contenere tutto ciò che si stava sviluppando in questo Universo. Siamo stati creati ognuno con una missione distinta affinché la portassimo a buon fine, sotto il totale controllo del padre Javeh.

Siamo a lui legati, tutto ciò che pensiamo o facciamo, lui lo sente. Niente sfugge al suo controllo, siamo sottomessi alla sua volontà e ai suoi desideri. Siamo figli e, anche noi, prigionieri in questo Universo senza poter evolvere o nemmeno uscire da qui, se lo volessimo.

Quando siamo stati creati, lo siamo stati a partire dalle cellule di nostro Padre Javeh, e per questo non avremmo potuto avere una nostra vita, pensieri e sensazioni individualizzate. Formavamo una vera rete interconnessa con il nostro creatore. Tutto, assolutamente tutto quello che facevamo, lui lo sapeva.

Questo generò in alcuni di noi uno sconforto enorme. Volevamo essere indipendenti, volevamo pensare e agire d’accordo con la nostra coscienza e con la nostra capacità di distinguere. Ma era impossibile.

Alcuni di noi si ribellarono contro colui che ci diede la vita. Altri volevano finirla con quel tipo malsano – ai nostri occhi - di relazione, per potere, in qualche modo, “morire”, pensando che in quella maniera avremmo potuto ricominciare a esistere in un'altra forma non più così legata al nostro Padre Creatore.

Accadde allora che molti dei suoi figli gli si ribellarono contro e cercarono di distruggerlo. Ma non fu loro possibile, poiché lui sentiva e pensava ciò che noi pensavamo, percependo immediatamente i nostri piani. Decise quindi di creare una équipe di figli da un'altra generazione di cellule, che gli fossero fedeli e che lo proteggessero, eventualmente anche dai loro stessi fratelli. Questi figli di ultima generazione gli rimasero fedeli e ancora stanno al suo fianco attualmente, svolgendo la funzione per la quale sono stati creati: proteggere il loro creatore.

Molti di noi sono stati distrutti in questa battaglia fra i figli di Javeh. Molti di noi scomparvero senza sapere esattamente ciò che sarebbe successo ai nostri spiriti, ammesso che li avessimo avuti, visto che avremmo potuto benissimo essere solamente un’estensione del nostro Padre Creatore.

C’era tra di noi il presentimento che, in quanto parti di Javeh, se molti si fossero autodistrutti, forse lo stesso Javeh sarebbe stato distrutto e così sarebbe terminata quell’insana relazione che ci manteneva forzatamente a lui uniti.

Non pensate che fossimo malvagi per esserci ribellati contro quello che ci creò, infatti ci ribellammo solo perché con il passar del tempo, che purtroppo non riusciamo a quantificarvi, molti fra noi intesero che quella creazione non avrebbe mai avuto fine, che quell’Universo creato da Javeh, e da noi, non avrebbe smesso di crescere, e non sapevamo assolutamente come tutto ciò sarebbe terminato.

A un certo momento di questo processo creativo, i nostri fratelli che possedevano la caratteristica creatrice nella loro origine, cominciarono anch’essi a creare mondi paralleli e varie altre forma di vita. Tutto ciò sembrava non aver fine. Eravamo tutti prigionieri di questa malattia vibratoria del creare, creare e creare senza sapere dove e come smettere, e quale sarebbe stato l’epilogo di questa creazione in cui eravamo adesso tutti inseriti.

Voi non riuscite, probabilmente, a capire quanti di noi vivevano in questo stato confusionale, dominati dalla volontà e dai desideri di Javeh, impossibilitati a non rispondere al suo comando e semplicemente dire no, cosa che voi umani fate con relativa semplicità. Noi, cloni di Javeh, non riuscivamo a smettere, poiché anche lui non smetteva di creare.

Questo Universo stava assumendo una dimensione così grande che non riuscivamo più a controllare tutte le forme di vita che stavano sorgendo nelle galassie e nei pianeti in formazione.

I nostri fratelli seguirono il loro destino, e quelli che entrarono in uno scontro frontale con il creatore furono distrutti. Noi siamo rimasti vivi perché non adottammo la stessa tecnica, e solo in alcune occasioni ci rifiutammo di agire d’accordo con la sua volontà. Quasi sempre, però, non riuscivamo a resistere ai suoi ordini. Questo è il nostro dramma personale, ma non pretendo entrare in dettagli su queste vicende, giacché esulano dal tema centrale di questo scritto.

Vorrei solamente far sì che voi intendiate anche le nostre difficoltà, poiché siamo del tutto simili al nostro creatore, ad eccezione della missione scelta da alcuni di noi, dell’opzione che alcuni di noi fecero di rimanere al fianco di colui che sulla Terra venne conosciuto come Gesù.


Sì, perché posteriormente alla Sua venuta su questo pianeta azzurro, noi, in molti, avvolti nella Sua misericordia e attratti dal Suo esempio, che risuonò per tutto il cosmo, Lo seguimmo da vicino, e siamo tuttora impegnati nella missione da Lui delegatici di raccontare a questa popolazione di umani, così amati dal nostro Maestro, quanto concerne la vera creazione di questo Universo, principalmente di questo bel pianeta chiamato Terra.


Più in avanti parleremo della creazione del vostro mondo, di quale fosse il proposito di Javeh quando lo creò, dell’invasione che subì ad opera dei ribelli di Cappella, della storia che sulla Terra fu conosciuta con il nome di “ribellione di Lucifero”.


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