giovedì 23 dicembre 2010

Un tributo ai miei compagni di viaggio

Oggi mi sono svegliato volendo fare un tributo a tutti i miei compagni di viaggio, quelli di un tempo e quelli di oggi.
Ognuno di loro è stato importante nel percorso che ho intrapreso in questa esperienza esistenziale che chiamiamo vita, ma alcuni fra essi hanno assunto, o stanno assumendo, un ruolo fondamentale nelle difficili scelte che ho davanti, compiute e da compiere.
Grazie a Simone, grande alleato, “mostro informatico” che sta cercando di fare un miracolo aprendomi le strade al mondo attraverso mezzi che io consideravo quasi “giochini per perdere tempo” e che mai sarei riuscito, senza il suo aiuto, a capire ed usare.
Grazie a Rossella, compagna d’altri tempi, “anima amica” che s’è fatta ritrovare per darmi una mano nel mare oscuro di un’Italia che non ricordavo più, non riconoscevo più.
La sua pazienza, la sua generosità, la sua affettuosità mi hanno commosso, e convinto a seguirla.
E’ lei che seda le mie apprensioni con il vigile ascolto, con le docili opinioni di cui è portatrice. E’ lei che scalda il mio cuore infreddolito dalla molta solitudine, e lo tiene in bella vista nella migliore cornice che ha in sala (e che io non ho ancora, per pigrizia, appeso).
Grazie al mio piccolo figlio Victor. Sei il mio angelo custode “speciale”, colui al quale guardo ora come padre, ora come allievo. So chi sei, e perchè sei qui, e ti ringrazio tutti i giorni per la generosità che hai mostrato volendo onorarmi e nascendo da me.
Grazie ad Alessandro. A giorni farai diciotto anni, e una nuova vita comincerà a sfilarti davanti agli occhi. Mi chiedo – me lo sono chiesto spesso – se sono stato capace di insegnarti, ripassarti valori importanti, etici, realistici, utili a farti intraprendere con sicurezza la strada della vita. Non lo so, lo vedrò in breve, spero. Ti amo.
Grazie anche a Ceni’, la mamma dei miei due ragazzi. Nonostante l’andazzo turbolento degli ultimi anni, le piccole e grandi cattiverie cui non siamo stati capaci di resistere, non potrò mai scordare la fortuna che ho avuto nell’incontrarti, e tutto quello che mi hai dato, e che spero un giorno poter rendere.
Grazie ai miei genitori, che hanno saputo aspettare in silenzio per trent’anni, prima di rivedermi tornare a casa. Grazie per non esservene andati prima, e per darmi la possibilità di ricompensare, anche se solo in parte, tutto ciò che mi avete dato, per puro amore, senza alcuna richiesta corrispettiva. Vi amo profondamente tutti e due, e la vostra presenza è per me una fonte di felicità quotidiana.
Grazie a tutti gli amici che mai mi hanno abbandonato, a quelli che stanno tornando, ai nuovi che si stanno timidamente avvicinando. Siete tutti parte della mia storia, e per ciascuno di voi c’è sempre un posto nel mio cuore.
Grazie a Rogerio, faro nella notte tempestosa, fratello di tempi lontani mai dimenticati, che mi ha sporto la mano nel momento in cui ne avevo bisogno, e dalla quale non mi sono più staccato. L’averti a mio fianco, in questi momenti così speciali per tutti noi, m’è motivo di conforto e contentezza. Finalmente, dopo tanti tentativi andati a male, sembra che questa volta ce la faremo per davvero. Namaste.
Ah, dimenticavo, grazie anche a te, mio angelo custode. Tu sei uno di quelli che non si vedono, agiscono silenziosi nell’ombra, non chiedono mai niente. Ti ho scorto solamente qualche anno fa, anche se non ti ho mai visto chiaramente. Ma non è per questo che un po’ troppo raramente mi ricordo di te: è che mi sto abituando poco a poco, e anche se ti chiamo solamente quando ne ho bisogno, vorrei che tu sapessi che sono assolutamente cosciente della tua assidua presenza, e degli interventi che costantemente ti costringo a fare per permettermi di proseguire nei miei compiti.
Con tutti i fratelli e gli amici ora in altre dimensioni non ho bisogno di imbrattare fogli, loro già sanno quanto gli sono grato!
A tutti voi, che riempite la mia vita di amarezze e di gioie, un grazie per avermi regalato un pezzo del vostro cammino, e diviso con me. 


lunedì 20 dicembre 2010

Lo Spiritualismo di Allan Kardec - Proprietà della materia

Alla stessa maniera in cui per valutare correttamente una situazione dobbiamo comprenderne tutti i presupposti iniziali, anche per la reintegrazione cosmica si necessita, come fenomeno in divenire, della presentazione di tutti i presupposti teorici che la precedono, e la determinano.
Inserita com’è all’interno di una dottrina specifica - lo spiritualismo sorto in Francia nel secolo diciottesimo per merito del “codificatore” Allan Kardec - diventa quindi imprescindibile lo studio delle sue “basi” dottrinarie.
Obbiettivo di questo blog è quindi introdurre, poco a poco e per argomenti specifici, lo spiritualismo Kardecista, attraverso la presentazione che lo stesso autore fa nel suo primo libro in questi brani, dedicati al tema, tratti dal “Il libro degli spiriti” .



-         La ponderabilità è attributo essenziale della materia ?
-         Della materia come la intendete, sì; ma non della materia considerata come fluido universale. La materia eterea e sottile che forma questo fluido è imponderabile per voi, ma non per questo lascia d’essere il principio della vostra materia ponderabile.
-         La materia è formata da uno solo o da molti elementi?
-         Da un solo elemento primitivo. I corpi che considerate come corpi semplici non sono veri elementi, ma trasformazioni della materia primitiva.
-         Da dove provengono le differenti proprietà della materia?
-         Dalle modificazioni che le molecole elementari soffrono all’unirsi, e in altre determinate circostanze;
-         Quindi il sapore, l’odore, i colori, le qualità velenose o salutari dei corpi, non sarebbero altro che modifiche di un’unica e stessa sostanza primitiva?
-         Sì, senza dubbio, ed esistono solamente per la disposizione degli organi destinati a percepirli.
-         La stessa materia elementare è suscettibile di passare per tutte le modifiche e acquisire tutte le proprietà?
-         Sì, è così che va inteso quando diciamo che tutto è in tutto.
-         Questa teoria non sembra dar ragione all’opinione di quelli che non ammettono, per la materia, altro che due elementi essenziali: la forza e il movimento, intendendo che tutte le altre proprietà non sono che effetti secondari che variano secondo l’intensità della forza e della direzione del movimento?
-         Opinione esatta.
-         Le molecole hanno una forma determinata, costante o variabile?
-         Costante per le molecole elementari primitive, ma variabile per le molecole secondarie, che sono agglomerati delle prime. Ciò che chiamate molecola è ben diversa dalla molecola elementare.



domenica 19 dicembre 2010

Cosmogonia - Il grande progetto di Ya Yevh

Ogni cosa nella natura ha un senso, soprattutto una finalità. La Terra, il pianeta che della natura ha fatto la sua identità, la sua specialità, non è da meno: anche lei ha una finalità. Complessa e inderogabile.
Quando Ya Yevh - quattro miliardi e seicento milioni di anni fa - ne ha costituito la struttura, pensava esattamente alle sue molteplici finalità: essere un laboratorio dove far sorgere sempre nuove specie, fornire materie prime – minerali, vegetali – per l’utilizzo in altri mondi o sistemi galattici, essere la sede dell’evoluzione della razza umana, trasformarsi in “portale”, una specie di trampolino di lancio, per viaggi interdimensionali. Non ultimo, permettere allo stesso Creatore di evolvere con la sua creatura.
Se diventa facilmente accettabile l’idea di un pianeta con lo scopo di riunire una immensa bio-diversità, atta a sopperire con le proprie materie prime altri mondi con carenze specifiche di questo o quell’elemento, meno intuitiva è la scelta di un pianeta selvaggio, percorso da cataclismi e belve varie, dominato dalla materialità, per farvi nascere e crescere una razza di esseri che avrebbero dovuto evolvere fino al raggiungimento della coscienza del Padre.

Perchè allora è stata fatta, e proprio sulla Terra?

Perché il percorso dalla materialità alla spiritualità si sarebbe potuto dispiegare in tutta la sua ampiezza, già che tutte le forme di vita, animate e non animate, contenevano comunque il DNA del Creatore, e ciò avrebbe – in teoria – permesso un percorso evolutivo lento ma progressivo, senza gravi intoppi.

La scelta del tipo di essere che avrebbe, infine, dovuto imperare sul pianeta avvenne a tappe. Si cominciò qualche milione di anni fa con l’affermarsi di una razza biologica che potremmo definire “ominide”: esseri strutturalmente umani ma senza “coscienza”, e quindi senza responsabilità karmiche, pronti a far tutto ciò che era necessario per poter migliorare fisicamente e soprattutto spiritualmente, con una acquisizione graduale della propria “specificità” in relazione alle altre specie biologiche presenti sul pianeta.
Innesti regolari di altri prototipi “umani” provenienti da razze planetarie differenti, che si “sacrificavano” in nome del grande progetto evolutivo di Ya Yevh, avrebbero permesso piccoli e grandi “salti quantici” nell’evoluzione stessa, portandola verso il suo grande obbiettivo: la spiritualizzazione.
Furono varie le esperienze fatte in questo senso. Regolarmente arrivavano gruppi di esseri provenienti da realtà sistemiche differenti, con strutture fisiche diverse che spaziavano dall’altezza al colore della pelle. Lo scopo precipuo era quello di individuare quella che meglio si sarebbe combinata con gli “ominidi” nello sviluppo di una razza che meglio si sarebbe potuta ambientare alle condizioni estremamente materiali del pianeta.
Il vantaggio era mutuo: per gli ominidi che ricevevano influssi e nozioni superiori che li avrebbero aiutati nel progredire con maggiore velocità, per “quelli di fuori” perché avrebbero contribuito alla costruzione del grande piano di Ya Yevh, accelerando il ritmo del percorso evolutivo di quella parte del nostro sistema galattico. E questo fu ciò che risultò per milioni e milioni di anni, fino all’arrivo di Yel Luzbel e dei suoi “ribelli”.
In quel momento dovette necessariamente cambiare la strategia, visto che l’arrivo di questi fratelli provenienti da un lungo esilio planetario avrebbe sì aiutato la razza terrena ancora primitiva ad acquisire conoscenze che l’avrebbe portata ad uscire dal lungo tunnel dell’ignoranza a cui era stata da sempre costretta, ma allo stesso tempo sarebbe stata foriera di conflittualità spirituali ancora sconosciute nel nostro mondo, felice nella sua ignoranza morale.
Anche in questa occasione, però, la dualità dei vantaggi era evidente: ancora maggior progresso tecnico-scientifico per gli abitanti del pianeta, oltre a un’ultima, decisiva, opportunità di redenzione per i ribelli, che dovendosi incarnare in questa realtà materiale senza poter preservare il ricordo del passato, avevano modo di ricostruirsi – ad ogni nuova reincarnazione – un’identità spirituale sempre migliorata.
Il prodotto dell’incrociarsi di queste differenti realtà esistenziali è oggi sotto gli occhi di tutti: siamo noi, gli attuali sei miliardi di esseri incarnati, e i quasi venti che vivono nel mondo astrale e spirituale che circonda il nostro globo. Purtroppo il risultato di questa interazione non è stato dei più positivi, e piccolo è stato il progresso spirituale che ha accompagnato la nostra storia. Se comunque il grado di coscienza dell’umanità ha fatto significativi passi in avanti, dobbiamo ringraziare gli spiriti eccelsi che di tempo in tempo hanno fatto la loro comparsa sul pianeta, alcuni come grandi avatar, inviati dallo spazio con lo scopo precipuo di farci compiere “salti quantici” nella comprensione della vera realtà esistenziale, altri – la maggior parte – come “normali” esseri umani che con il loro esempio di vita hanno influito su tante scelte storiche di piccoli e grandi gruppi dell’umanità.
Non di meno è stata – lo è tuttora – di somma importanza la rivelazione della dottrina spiritualista nel diciannovesimo secolo che ha permesso, mediante il riconoscimento dell’enorme contributo di medium anonimi, l’identificazione chiara e inequivocabile dell’esistenza di un mondo spirituale “a priori”, matrice dello specchio di realtà in cui noi ci muoviamo.

Il percorso evolutivo, lento ma inarrestabile, cominciava ad essere intenzionalmente intrapreso da un numero sempre maggiore di “terracquei”.



       

mercoledì 15 dicembre 2010

Elenchi

Visto che ormai vanno di moda, e li fanno quasi tutti, vorrei anch’io fare il mio… elenco.
L’elenco delle cose che non troveremo quando i nostri corpi moriranno.


Settantasette vergini vogliose che ti aspettano, se siamo candidati a “martiri” dell’Islam.
Angioletti alati che ci svolazzano intorno.
L’inferno.
Il paradiso.
San Pietro che ci attende.
Un buon caffè espresso.
Un letto fra le nuvole.
La pace eterna.
Dio seduto in un trono.
L’inesistenza.
La dimenticanza di ciò che abbiamo fatto durate la nostra esperienza di vita.
Il perdono per i “peccati” commessi.
La pace dei sensi.
Il conto in banca che abbiamo lasciato aperto.
Il vestito bello, quello delle grandi occasioni, che abbiamo tenuto in naftalina per anni nell’armadio.
I gioielli e gli orologi che ci hanno regalato quando “vivi”.
Il sorriso dei nostri padri, consorti, figli, amici.
Le fusa del nostro gatto peloso che accarezziamo tutte le sere.
Lo scodinzolio felice del nostro cagnolino.
Il rumore del traffico.
Le sirene assordanti dei vigili del fuoco.
Berlusconi a capo del governo celeste.
La bolletta della luce.
L’amante.
Il nulla.
Le vaste praterie dei Sioux.
Il Walhalla.
Caronte e il suo piccolo traghetto.
Satana con un forcone in mano.
Le fiamme del fuoco eterno.
L’aria condizionata.
Hamburger e patatine fritte.
Coca cola.
I numeri vincenti della prossima lotteria.
Le rate del mutuo da pagare.
Il Milan.
L’Inter.
Google.
L’invisibilità.
La saggezza.
La santità.
L’incomprensione dei motivi per cui siamo “morti”.
L’incomprensione dei motivi per cui ci sentiamo ancora “vivi”.
La noia.
L’elenco delle cose che troveremo, invece, lo lascio per una prossima volta.





martedì 14 dicembre 2010

V° Convegno Contatti e Medianità : il video dell'intervento.

Reintegrazione Cosmica from nonsoloanima.TV on Vimeo.





Wikileaks. un'analisi differente

L’altro giorno mi sono svegliato sapendo dell’arresto di Julian Assange, il giornalista australiano mentore del sito Wikileaks.
Questo fatto mi induce a prendere una posizione perché si tratta, a mio modesto modo di vedere, di un fatto che avrà comunque una portata “storica”.
Wikileaks, con l’esposizione pubblica dei files riguardanti le conversazioni riservate fra il Dipartimento di Stato nordamericano e le sue ambasciate sparse per il globo, ha innescato una piccola “bomba nucleare” che sta scoppiando a livello coscienziale collettivo, riferente al modo in cui l’umanità si fa trattare dai propri rappresentanti politici.
Quello che sta venendo fuori, attraverso la divulgazione di questi documenti, è l’esemplificazione più chiara della più grave delle dicotomie che vive l’essere pensante oggi, poco preoccupato di esternare con chiarezza e onestà d’intenti ciò che veramente pensa, nell’illusoria percezione della possibilità di mentire sempre e comunque reputi necessario.
Questo tipo di comportamento, a cui ricorriamo spessissimo nelle nostre relazioni sociali  e che ci sembra funzionale e innocuo, reca invece con sé il germe della sfiducia che alimentiamo negli altri, che a livello subconscio riconoscono senza ombre di dubbi le reali intenzioni non espresse dall’interlocutore.
E’ un modo tipico di agire per chi non ha minimamente capito la corrispondenza che deve esistere fra il pensare e l’essere, per poter produrre i risultati reali che veramente si desidera che avvengano.
A poco, finora, sono serviti gli studi della fisica quantistica, che indicano in questo metodo il vero formatore della nostra realtà individuale , e che ci fanno intravedere le possibilità “pratiche”, utilizzando con coerenza questa prassi, di “cambiare il mondo”.
L’esposizione pubblica delle conversazioni private fra alti funzionari di uno Stato – importantissimo nella geo-politica globale – mostra invece che il metodo confusionario che abbiamo di trattare ciò che pensiamo e ciò che facciamo, come fossero due parti separate di una stesso contesto, è stato così interiorizzato, reso così’ banalmente “normale”, che a molti non importa granché di queste rivelazioni del sito australiano, anzi le vedono come una “minaccia allo status quo mondiale”.
Da qui l’arresto del “capo”, nella vana speranza che ciò possa interrompere il flusso delle informazioni veicolate dai media.
Quello di cui pochi si rendono conto, invece, è che tutto ciò fa parte di uno schema “rivoluzionario” che sta portando all’estinzione del sistema economico e politico di cui abbiamo usufruito negli ultimi centocinquant’anni: il capitalismo.
Questo “schema” ha mostrato i primi risultati pratici nell’autunno 2008, quando la gravissima crisi finanziaria, alimentata dall’infausta supervalutazione dei titoli a copertura di prestiti e mutui al mercato consumatore statunitense, ha fatto saltare tutte le coperture che subdolamente  popolo, governo e mercati s’erano dati per continuare a giocare al gioco dell’ “arricchimento facile”, espressione malsana facilmente abbinabile al comportamento malsano che tutto quel settore di società s’era imposto come “trucco” per produrre risultati economici senza sforzo alcuno. 
All’improvviso il capitalismo finanziario si è mostrato nudo: decine di banche sono fallite, i patrimoni delle Nazioni sono stati usati per cercare di tamponare le enormi falle del sistema creditizio americano, per poi scoprire… che tutte le istituzioni finanziarie mondiali avevano ficcato le mani nella torta.
Soldi che servivano a finanziare i debiti pubblici e gli investimenti sono stati dirottati al soccorso degli stessi enti che avevano causato tutto quel dissesto, prosciugando le casse rimpinzate di denari dei contribuenti (noi), che oggi, come premio per quel comportamento stoico, abbiamo avuto come moneta di scambio recessioni e disoccupazioni record.
Tutti i buoni propositi dei governi per gli aiuti da decenni programmati verso i Paesi in ritardo di sviluppo sono sfumati, e lo stesso è accaduto con le proprie, specifiche popolazioni, lasciate sole a gestire una situazione economica che farebbe mettere le mani nei capelli a qualunque manager aziendale di rispetto.
Lo scollamento tra i principali agenti del capitale - i grandi gruppi economici privati – e le  idee che da secoli ci vendono, con noi, era già cominciato.
In questo divario sempre maggiore tra le ansie del popolo e quelle dei gruppi dominanti, i secondi, dopo altri due anni di immense fatiche per farci credere che tutto stesse tornando a posto, ci stavano quasi riuscendo: i redditi familiari erano calati, le spese per i pagamenti dei servizi da loro offerti erano salite, nella società civile nulla di serio era successo che potesse compromettere, comunque, la fiducia alla base del sistema politico che fa da supporto alla strategia economica di quegli stessi gruppi.
Nel bel mezzo di questa  strana “pace” era però scoppiata un’altra bomba, potenzialmente ancora più devastante della prima, perché toccava direttamente la facciata politica dei grandi gruppi dominanti, le istituzioni governative di mezzo mondo e i loro rappresentanti, scoperti a scambiarsi giudizi quanto mai imbarazzanti sulle qualità etiche dell’uno e dell’altro governante con cui trattavano, mostrando quanto poco apprezzamento esista fra di loro (nonostante i sorrisi pubblici, le strette di mano, i protocolli d’intenzione dati in pasto ai media, ad uso delle masse credulone) , quanta poca etica corra sotto gli accordi economici fra Nazioni, quale uso personale venga sempre comunque fatto della res publica da parte di chi, a turno, ci governa.
Stiamo scoprendo, poco a poco, che quelli che ci rappresentano sono peggio di noi, dicono una cosa e ne fanno un’altra, ci prendono per i fondelli, insomma.
Oh, per favore, niente di nuovo, direte.
E’ vero, apparentemente, ma non credo proprio uguale; qualcosa sta cambiando, anche se ancora non si vede.
Tutta l’ansia con cui  governi ( non la gente, badate bene) hanno aspettato il giorno dell’inizio delle rivelazioni di Wikileaks, la veemenza usata per cercare di localizzare e punire il responsabile “editoriale” di questo incredibile “scoop”, denotano una sola cosa: paura.
Di che cosa, è facile immaginarlo.
Nell’immediato, di vedere compromessi i rapporti internazionali a volte faticosamente modellati negli anni, basandosi su posizioni di comodo costruite senza la dovuta, reciproca sincerità d’intenzioni.
A corta e media distanza, invece, di veder crollare il “credito di fiducia” che i vari governi – con i beneplaciti e le “spinte” dei grandi gruppi economici – erano riusciti a conquistarsi con anni di addestramento al “raccontare palle, tanto alla fine chi paga sono sempre gli altri”.
A lunga distanza il discorso può diventare enormemente complicato, potendo sfociare in una crisi d’identità tra i rappresentanti (politici) e i rappresentati (noi), che potrebbe portare, finalmente, all’identificazione dei veri grandi colpevoli di tutta questa storia, che sono sempre gli stessi che erano all’origine dei dissesti finanziari del 2008: i grandi gruppi economici.
Cominceremmo forse a capire, a livello globale, che le politiche nazionali altro non sono che applicazioni della matrice unica che regge il pianeta, quella del potere economico, concentrato in pochi, selezionati gruppi, a discapito di tutti gli altri.
Vedremo che le guerre si inseriscono perfettamente in questa matrice, creando falsi presupposti che permettono l’annichilimento e l’usurpazione di risorse naturali utili al funzionamento stesso di questa grande “macchina per far soldi” che è il capitalismo.
Vedremo che i veri propositi che stanno dietro alle facciate dei meeting internazionali, degli accordi multi-laterali, altro non sono che nuove applicazioni della sempre presente matrice economica.
Chissà, magari un giorno faremo due più due e scopriremo che, comunque, dietro a quasi tutte le grandi ingiustizie a cui quotidianamente assistiamo, ci sono sempre loro, quelle poche decine di famiglie che gestiscono i grandi gruppi trans-nazionali, quelle che comandano la loro matrice, il capitalismo.
Questo è il senso della grande paura che vediamo nelle facce dei nostri governanti, rappresentanti non nostri ma dei gruppi economici che muovono davvero le fila della macchina modellatrice, della matrice in cui tutti noi siamo costretti – e non ci rendiamo minimamente conto – a sostenere con il nostro lavoro, sangue e sudore per i meno fortunati, le aspettative di altri, di cui non conosciamo né la faccia, né i veri propositi.
Forse credono che arrestare Julian Assange possa essere la soluzione per fermare l’emorragia di credibilità che l’esposizione dei documenti riservati del bureau americano sta scatenando in giro per il mondo.
Non si rendono conto, poveretti, che quella che è iniziata è un altro tipo di guerra, senza morti né feriti, originata dallo sviluppo delle comunicazioni, da internet, che si dovrà combattere senza fare morti né prigionieri, ma solamente cercando di riportare l’etica dei rapporti umani – e di conseguenza quella dei rapporti politici ed economici - su binari molto meno sconnessi di quelli di che abbiamo usato fino ad oggi, e soprattutto che ci portino verso un destino chiaro, apprezzabile e condivisibile da tutti.
Arrestare Assange, tappare la bocca a Wikileaks a niente servirà, se non ad alimentare le voci di protesta, sempre più.
E quel giorno, tra quelle voci, ci sarà anche la mia, ve l’assicuro.



venerdì 10 dicembre 2010

Conversazioni con Rogerio Almeida 7° - Stromboli

...«Quindi l’inferno non esiste?».
«No. Solo nella mente di quelli che ci vogliono credere».
«Tutti in paradiso, allora».
Rogerio fece finta di non aver ascoltato e proseguì. «La casa del Padre possiede molti regni, belli tanto questo che noi conosciamo, il quale, fra l’altro, stiamo distruggendo con la nostra stupidità. Dipendendo dal libero arbitrio di quelli che vivono sulla Terra, questo mondo potrà trasformarsi in un paradiso o in un inferno. Allo stesso modo succede nel resto dell’Universo. In altre parole Dio ha creato l’Universo, ma ha dato condizione ai Suoi figli e alle Sue figlie di preoccuparsi del suo stato di salute, alla stessa maniera in cui devono preoccuparsi dello stato di salute fisico, mentale e spirituale, di loro stessi come individui e come collettività di esseri che vivono in questo cosmo.
«Allora non esistono diavoli, né Lucifero né Satana?».
«Diavoli non esistono, e se per caso esistessero sarebbero dei disoccupati giacché gli esseri umani li hanno già superati con tante pazzie commesse e registrate nelle pagine della nostra storia. Questo non vuol dire, però, che non esistono entità extraterrene, come quelle da te citate, i cui nomi furono referenziati da Enoch come “angeli caduti”, che hanno solo cambiato di residenza cosmica passando a vivere nel nostro pianeta. È quella stessa storia degli angeli caduti che, conformemente alle descrizioni bibliche, furono espulsi dal paradiso per venire a essere gli attuali abitanti della Terra» concluse.
«Siamo figli di Lucifero, allora?» chiesi quasi stupefatto.
«Certo» rispose «È uno dei nomi che si dà al capo di questi angeli caduti, che in ultima istanza siamo sempre noi, il che non è molto confortante da sapere, giacché in questa prospettiva noi siamo i “paria” del cosmo per il fatto di aver dimenticato come amare la vita e i nostri simili».
«Se ho capito bene quindi, tornando indietro, Dio si manifesta a noi, per darci i Suoi messaggi, attraverso gli spiriti dei morti?».
«Sì, è questa una delle forme che la misericordia divina usa con gli esseri umani sulla Terra, giacché questi si sono resi inabili a convivere con le altre specie cosmiche a tal punto che Qualcuno là sopra ha pensato che l’aiuto agli esseri umani poteva essere dato solo da esseri invisibili, per impedire ai pazzi abitanti del pianeta Terra di poter fare del male, memore della sorte dei maestri che in passato tentarono di aiutare il genere umano e della fine che noi gli abbiamo fatto fare. Gesù lo dica!» disse, guardando verso il cielo stellato.
«Maestri, di quali maestri stai parlando?».
«Molti maestri siderali si sono fatti uomini e donne per, in quanto simili all’uomo, vivere di tal modo da potere testimoniare i migliori precetti celesti. Purtroppo, per via della stupidità “machista” che cancellò nomi preziosi dalle pagine della storia di donne che avevano dato il loro contributo in questo campo, riusciamo solamente a ricordarci di nomi maschili, come Gesù, Zoroastro, Siddharta Gautama, Lao Tze e tanti altri».
«Dimmi una cosa, Rogerio, seconde te questi maestri erano normali, cioè bevevano, facevano l’amore, insomma, si divertivano? » sparai cercando di alleggerire quella conversazione che era diventata un po’ troppo “spessa”.
«Credo proprio di sì» rispose indifferente alle mie esigenze «giacché non c’è niente che possa pregiudicare la coscienza intima dell’essere umano fino a non essere quando questi rechi danno a qualcun’altro. Ovviamente gli eccessi normalmente non trovano spazio nella psiche di persone equilibrate e sviluppate, ma non sto dicendo con questo, bada bene, che quelli che si divertono in eccesso sono necessariamente squilibrati » disse con un sorrisino tutt’altro che innocente.
«Grazie» risposi con l’aria fintamente sollevata.
«Sono appena uno di quelli che pensano che la vita terrena è troppo corta per spendere tempo ed energia in cose che turbano il nostro benessere spirituale, la pace del nostro spirito.
Ti dico questo perché gli eccessi provocano una specie di ripercussione negativa nella psiche personale, e non credo che questo faccia bene né al corpo né all’anima; comunque, alla fin fine, è solo una questione di stile di vita che ti vuoi dare, e tu già sai che mi piace divertirmi, pur lasciando gli eccessi di tutti i tipi a una distanza prudente. Insomma, mi diverto come posso».
«Allora se t’invito più tardi a berci una buona bottiglia di vino non rifiuti?» provocai il brasiliano.
«Anche due, se il vino è davvero buono e l’occasione propizia».
Dopo tutta quella conversazione profondamente “mistica” non mi aspettavo certo questa dichiarazione di normalità, cosa che mi fece molto piacere e che mi portò, per la prima volta dall’inizio della nostra chiacchierata, a sorridergli apertamente e dargli una buona pacca sulla spalla.
«Comunque» disse lui «non ora. Devo ancora cominciare gli esercizi di meditazione per cui sono salito su questo vulcano e quindi, caro amico Roberto, io e Sirius ti chiediamo permesso per allontanarci e cominciare il nostro “lavoro”. E, a proposito, grazie per aver accettato il mio invito ed essere stato puntuale all’appuntamento».
Non capii assolutamente a cosa si stava riferendo, ma non volli indagare ulteriormente e così lo lasciai andare verso il luogo che aveva scelto per la sua meditazione.


martedì 7 dicembre 2010

Pioggia

Oggi è una bella giornata piovosa.
Anche ieri lo era stata, e probabilmente lo sarà anche domani.
Che noia queste piogge… continentali!
Quelle brasiliane, invece, sono generalmente forti, intense e brevi. D’estate.
Durante marzo a maggio, invece, assomigliano più a queste nostre milanesi, ma solo per l’incontenibile continuità. Per il resto, invece, sono completamente differenti.
Primo: l’odore è differente. Quando cade sulla natura ( e non sul bieco cemento ) la pioggia produce aromi dalle differenti intensità, sempre però molto densi.
Secondo: il rumore è differente. Vuoi mettere le differenti tonalità che l’acqua produce all’impatto con le differenti forme di una foresta, foglie, rami, sabbia,fiumi, fiori, con quella che batte su strade, marciapiedi, macchine e ombrelli ?
Terzo: il senso di umidità è differente. Qui da noi ti penetra piano piano dentro le ossa, e hai bisogno di una notte al calduccio per ricuperarti. Là, ti inonda, ti inzuppa, poi arriva il sole pazzesco del tropico che in cinque minuti ti asciuga, lasciandoti addosso solo l’odore dell’acqua.
Una cosa però è uguale in tutte e due i luoghi: il servizio che fa alla terra, e a tutti noi.
Lava i peccati dell’anima, dicono in Brasile.
E se li lavasse anche alle nostre povere anime nazionali, ah! che bella giornata piovosa, sarebbe.
                               

                              

lunedì 6 dicembre 2010

Il suicidio di Mario Monicelli, qualche riflessione ancora.

Mario_monicelliQuesto è un post che pubblico con un certo imbarazzo, perchè le tematiche che presenterò sono attinenti anche al mio comportamento personale.
Parleremo di “suicidio indiretto”.
Se, come abbiamo ipotizzato nel primo di questi post, quello su Monicelli, il suicidio è sempre considerato un fatto serissimo dal punto di vista spirituale, già che l’essere che lo perpetra assume su di sé la responsabilità di terminare con la propria vita fisica ancor prima del tempo che gli concede il suo “serbatoio energetico”, che dire di quelli – come me – che fumano, bevono, mangiano carne ed altri alimenti chimicamente dannosi alla salute?
Non sono anch’essi dei potenziali suicidi, nel senso che volontariamente accorciano la durata della propria esistenza, in contrapposizione al tempo che gli era stato concesso in vista della serie di esperienze che avrebbe dovuto fare durante la sua incarnazione attuale?
Sicuramente sì, purtroppo, e dico purtroppo perché anche questa, come tutte le attitudini che abbiamo nel nostro quotidiano, porterà con sé le proprie conseguenze.
Quali saranno, poi, queste conseguenze, dipenderà dal grado che ognuna delle personalità coinvolte in questa situazione avrà raggiunto, ossia dall’intensità con cui – fisicamente, mentalmente ma anche spiritualmente – si sarà calata nel pozzo delle attitudini potenzialmente suicide.
Ciò significa che una persona con una buona indole caratteriale, che cerca di conoscere e capire il massimo che può delle leggi cosmiche che imperano nel nostro universo, seppur vivendo nel mondo equivoco del “vizio”, potrebbe scontare meno, in termini di conseguenze, di un’altra senza vizio alcuno, ma legata comunque in modo spasmodico e irragionevole all’aspetto materiale della propria vita.
Bisogna, in questa valutazione, tenere conto anche del “bagaglio esperenziale” che la persona porta con sé, nel senso che la maggioranza di quelli che s’imbevono di “vizi” stanno solo perpetuando un comportamento che lo aveva fortemente contraddistinto nel suo passato esistenziale, durante precedenti incarnazioni.
Ciò implica la conseguenza che se un essere che s’era portato appresso un forte karma legato a questi aspetti della propria vivenza passata, durante la vita attuale riesce, perlomeno, a mitigare la condizione che era stata nel passato preponderante, il suo sforzo di contenersi, anche se non riuscisse a distaccarsene del tutto, sarebbe comunque visto come un progresso negli ambienti spirituali del nostro mondo
I criteri che soggiacciono alla somministrazione delle conseguenze spirituali relative a certe nostre determinate scelte non mi sono quindi interamente noti anche se, intuitivamente, credo di comprenderne il meccanismo, e soprattutto la ragione d’essere.
L’ostinazione con cui taluni – lo scrivente incluso – insistono, nonostante la coscienza delle responsabilità che tali scelte comportano, nel comportamento errato, mi è di fatto ancora misteriosa.
Sembrerebbe quasi una sfida tra il sé e il resto, come se questa cosa avesse senso.
In realtà non ce l’ha.
Spero che un giorno tutti noi, oltre a capirlo, si sappia agire di conseguenza.
E’ forse, per me, una delle ultime battaglie da combattere, contro me stesso, o meglio contro quella parte di me stesso che non si vuole assoggettare alle conoscenze del proprio spirito.
Una battaglia persa in partenza, quindi, che avrà solo una vittima.
Magari un giorno lo capirò anch’io.



sabato 4 dicembre 2010

Cosmogonia - Ya Yevh

Il momento della morte del Maestro segna quindi l’epilogo di un atto importante nella storia della “ribellione di Lucifero”, ma altri atti sarebbero apparsi sullo scenario. Prima però di visionarli dovremmo chiederci perché, alla fin fine, il Maestro aveva preso la decisione di incarnarsi sul nostro pianeta come un essere umano uguale agli altri.
Per rispondere a questa domanda dovremmo fare un passo indietro, un “passetto” di quindici miliardi di anni circa. A quel tempo la realtà del cosmo, così come ora lo conosciamo, era molto differente. Il respiro del Padre prana secondo gli indiani – inondava tutto. Il suo eco – l’om – rimbombava profondo attraversando tutta la Creazione. Mondi spirituali, astrali, fisici e artificiali da sempre solcavano le aree del Creato, compiendo lo stesso percorso, obbligatorio per tutto e per tutti, quello dell’evoluzione.

Entità fisiche e spirituali aiutavano, ognuno secondo la propria maniera e soprattutto secondo le proprie capacità, nell’accrescimento e nella manutenzione del percorso evolutivo già in atto. Altre, denominate co-creatrici per l’alto grado evolutivo che gli permetteva di fare cose ai più negate, avevano anche il compito di formattare quadri esistenziali che avrebbero potuto esprimersi a livello astrale e soprattutto fisico.
Fu uno di questi co-creatori, di nome Ya Yevh (Javeh) che, con l’intenzione di creare un immenso sistema di mondi che potesse crescere ed evolvere verso la perfezione del Padre, un bel giorno creò l’Universo. Il nostro Universo. Utilizzando principi che oggi noi cominciamo sempre più a verificare, a capire e utilizzare - mi sto riferendo ai principi di fisica e meccanica quantica – allineò volontà e pensiero fino al punto di concentrare tanta energia da trasmutarsi in una minuscola particella sub-atomica che un attimo dopo esplose. Era quello che noi conosciamo come Big Bang. In frazione di nanosecondi la materia, esplodendo, cominciò ad allontanarsi dal suo nucleo, disseminando un senza numero di particelle che presero a viaggiare a velocità incommensurabili.
Nello stesso tempo (quasi) Ya Yevh si rese conto che solo se ci fossero state altre particelle muovendosi a velocità minori si sarebbero potute aggregare a quelle più rapide, formando la materia che sarebbe stata la base della sua creazione. E le creò.
Ma le cose non andarono esattamente come previsto e, dall’alto della sua posizione di “architetto universale”, Ya Yevh si rese conto che molte cose gli erano sfuggite di controllo, e che avrebbero prodotto risultati catastrofici se non avesse fatto qualcosa. Preso dall’inquietudine decise di tuffarsi all’interno della propria creazione, per cercare attraverso il suo intervento personale di ovviare al caos che la sua “incompetenza iniziale” avrebbe potuto produrre. Ma non riuscì a trasportarsi tutto, con tutta la sua interezza esistenziale. Solo una parte di se stesso entrò all’interno del processo creativo, la stessa parte con cui abbiamo sempre fatto, e continueremo a fare, i conti.
Qualche miliardo di anni dopo – otto secondo i conti delle scienze astronomiche – nasceva il nostro sole, e poche centinaia di milioni di anni dopo, la Terra. Tre miliardi e ottocento milioni di anni fa iniziò invece la fase più importante per la costituzione del nostro pianeta, la disseminazione della vita fisica. Alla stessa stregua di tutti gli altri mondi immersi nell’Universo – abitati e non, fisici, astrali o artificiali – il DNA del nostro creatore venne utilizzato per disseminare le combinazioni chimiche che avrebbero, col tempo, dato origine all’evoluzione biologica. La vita sarebbe apparsa, il percorso evolutivo sarebbe stato tracciato.


giovedì 2 dicembre 2010

Il suicidio di Mario Monicelli

Vorrei prendere spunto da un fatto di cronaca appena successo, la scomparsa del grande maestro Mario Monicelli, per fare alcune considerazioni sul suicidio come atto del libero arbitrio umano.
Premetto che non vorrei che si travisassero le mie parole, nel senso generale di un’assoluta contrarietà alle penose vicende umane che portano taluni, magari in tremende e terminali situazioni di salute, a interrompere le proprie esistenze, ma solamente che fossero accettate per quelle che sono, uno stimolo al pensiero.
Per capire la valenza del suicidio dobbiamo fare un lungo salto indietro, quando ancora eravamo in stato spirituale, prossimi all’imminente reincarnazione.
In quell’opportunità ognuno di noi, espresso il desiderio di riprendere il ciclo delle esistenze fisiche, ha riunito attorno a sé il grande gruppo di spiriti che gli sono compagni, amici o nemici, e sotto la supervisione del mentore spirituale di quel gruppo ha dichiarato quali i suoi propositi evolutivi che intende raggiungere durante la prossima vita fisico/materiale.
In relazione alle cose che avrà da fare, agli incontri e scontri che dovrà sostenere, al cammino che dovrà percorrere, insomma, gli verrà assegnato un “tempo di vita”, necessario e sufficiente a far tutto ciò che deve, un tipo di”serbatoio” di esistenza da utilizzare perché tutte le cose che dobbiamo/vogliamo fare possano compiersi.
Chiaramente – ed è qui che vorrei evitare la “polemica” cui mi riferivo idealmente prima – anche le malattie contano, anzi forse proprio le malattie, per l’obbligatorietà dell’introspezione che portano necessariamente con sé come conseguenza dello smarrimento in cui la persona prossima a “morire” si sente, sono una delle fasi più importanti dell’esperienza fisica dello spirito.
Quando l’essere umano, per i motivi più diversi, decide di interrompere la sua vita, lo fa lasciando sempre un residuo di “esistenza” nel suo “serbatoio”, e questo residuo non può essere semplicemente cancellato, ma deve consumarsi piano pano, naturalmente, secondo il tempo terrestre, fino a esaurirsi completamente.
Solo allora lo spirito può portarsi nell’ambiente spirituale vero e proprio.
Ma cosa significa ciò, in pratica?
Quando una persona “muore” naturalmente, non appena avviene il distacco del cordone d’argento che unisce il corpo spirituale a quello fisico, il primo di questi due corpi viene trasportato negli ambienti spirituali che gli sono consoni per il ristabilimento dell’equilibrio energetico perso durante la fase incarnatoria, una specie di “ospedale dell’anima”, detto in soldoni.
Il suo corpo fisico – quello morto per davvero – rimane sulla Terra, cominciando il suo processo naturale di decomposizione, e di tutto ciò, là “sopra”, lo spirito non s’interessa un granché, già che in pace con se stesso.
Quando una persona invece “si uccide” – meglio sarebbe dire quando uno spirito decide di uccidere il proprio corpo – quello che succede è che la sua essenza personale non riesce a “volare” dove dovrebbe, ma si costringe a rimanere accanto al suo corpo fisico per il tempo necessario all’esaurimento della carica vitale del “serbatoio energetico”.
E’ allora costretto a vedere il corpo che l’ha accompagnato durante l’esistenza fisica consumarsi nella decomposizione, anzi, non solo lo vede, ma lo “sente” ancora come suo, con indicibili sofferenze.
Il tempo di durata di questa sofferenza è relativo – nel caso di Monicelli, con 95 anni, probabilmente corto, mentre estremamente più lungo nel caso il suicida sia ben più giovane del maestro – ma l’effetto sullo spirito del suicida è lo stesso: una estrema disperazione non confortata da nessuno, se non dopo che l’energia vitale si sarà esaurita e il “soccorso celeste” potrà intervenire trasportando l’anima infelice verso ambienti dove comincerà a ricomporsi.
Lo spirito del suicida rimane dunque ben vivo, legato alla crosta terrestre, al suo corpo in decomposizione, rivivendo in continuazione il gesto con cui s’è tolto la vita, obbligato a sentire le parole e i pensieri di quelli che conosceva e che sono rimasti vivi, a vederli spartirsi le cose che lui ha guadagnato, a litigare fra loro.
Cercherà allora di intervenire – perché si sente ancora “vivo” – ma senza alcun esito perché, invisibile da tutti, nessuno percepirà la sua presenza.
In compenso dovrà sopportare la compagnia di altri esseri ugualmente o peggiormente disperati che come lui vagano in questa zona “astrale”, o perché “colleghi”, cioè altri suicidi, o perché semplicemente troppo attaccati alle cose della vita, ai beni, agli affetti, al potere, e per queste recalcitranti – loro, a differenza dei suicidi, potrebbero farsi “ricoverare” se volessero – all’idea del ritorno negli ambienti spirituali che gli sono vibratoriamente consoni.
Questo è quello che sappiamo da migliaia di comunicazioni che abbiamo con il mondo spirituale, tutti concordi nell’esprimere un netto giudizio negativo in relazione agli effetti che ha sull’anima quel tipo di scelta, e quindi a sconsigliarlo a chiunque.
Che ognuno tragga le proprie conclusioni.
Io prego per il maestro Monicelli, che presto raggiunga la pace.



martedì 30 novembre 2010

Conversazioni con Rogerio Almeida 6° - Stromboli

«E di che tipo di rivelazioni si trattava?» chiesi visibilmente curioso.
«Appena attualizzazioni, da molto tempo già offerte nell’India antica, nel Messico e in Perù, formate ad hoc per l’intendimento occidentale, in un tentativo dell’Alta Spiritualità di riscattare gli insegnamenti di Cristo senza gli orpelli mondani cresciuti lungo l’evoluzione del pensiero cristiano. Si apriva per l’uomo e la donna terrestri uno sfondo spirituale dietro a quello della vita terrena, nella misura in cui erano presentate le leggi divine che reggono la vita a qualunque livello questa si espressi».
«Le leggi divine, quali?».
«L’uomo, attraverso il metodo scientifico, già riesce a calcolare l’orbita degli elettroni intorno ai nuclei atomici, dei pianeti attorno alle stelle, ma non ha la minima idea delle leggi che “misurano” la traiettoria dell’essere umano nell’uso del suo libero arbitrio. Possiamo calcolare, con assoluta precisione matematica, in che punto della sua orbita il pianeta Giove si troverà il 27 marzo del 2349 alle 14: 27’33”. Ma, dove sarà ciascuno di noi a quest’ora tra dieci giorni? Quali sono le leggi che spiegano la traiettoria dell’essere umano? Sono esattamente le citate leggi divine che regolano la vita cosmica quelle che accompagnano la traiettoria degli esseri pensanti, che misurano i loro meriti e demeriti, e che distribuiscono le ricchezze esistenziali del cosmo d’accordo con questi giusti criteri. Nel linguaggio umano l’espressione che meglio traduce queste leggi divine è quella che si riferisce alla legge di causa ed effetto, d’azione e reazione, giacché il Padre Celestiale non condanna mai nessuno dei Suoi figli, non interferendo in tali leggi. Ognuno di noi, quindi, possiede il libero arbitrio che gli permette di agire come vuole e in questa forma azioniamo i meccanismi di questa legge i quali, in ultima istanza, affermano semplicemente questo: “la semina è libera, ma il raccolto è obbligatorio”».
«È quindi la stessa cosa del karma di cui si parla in India?».
«Sì, nonostante parole come reincarnazione, cristianesimo, karma, amore, equità sociale, sembrano non esser mai state veramente comprese da questa umanità. Nello specifico la parola karma, nell’occidente, è da sempre violentata da interpretazioni di tutti i tipi. Riassumendo – come affermano gli Spiriti – l’unico determinismo o karma inevitabile nel destino di ogni essere cosmico è poter, un giorno, diventare Uno con il Padre Celestiale. Però, quando e come arrivare a questa condizione, dipenderà sempre dal libero arbitrio di ciascuno di noi» disse guardandomi profondamente negli occhi, come a volermi far comprendere che questa ultima frase fosse il vero succo di tutta la storia che mi stava raccontando.
«Mi sembra sempre quella vecchia trappola della Chiesa, quella che devi obbedire ciecamente per poter raggiungere il paradiso, se no si va dritti dritti all’inferno» dissi un po’ seccato.
«Lo sfondo del pensiero cattolico promosso dalla filosofia patristica, quella dei primi padri della chiesa cattolica dei secoli III, IV e V, profondamente influenzati da Sant’Agostino, Origene e Plotino, e più tardi dalla filosofia scolastica di Tommaso d’Aquino con la sua visione aristotelica del mondo, era che il cattolico doveva credere per poter comprendere. Gli Spiriti, nell’aprire al mondo la verità della rivelazione spirituale, affermarono come premessa che “prima di credere era necessario " comprendere", giacché non c’era più spazio, nel mondo, per una fede fanatizzata e lontana dalla ragione. In questo modo gli Spiriti pretendevano lasciare al libero arbitrio umano l’opzione di obbedire alle indicazioni della propria coscienza spiritualizzata o a quelle legate ai dogmi e ai culti esteriori imposte dalle chiese che pretendevano di nominare e dettare norme di condotta, ma che non si preoccupavano di spiritualizzare l’essere umano, con lo scopo di impedirgli di essere il pilota nella conduzione del proprio destino.
                                      


                                 

lunedì 29 novembre 2010

Lo Spiritualismo di Allan Kardec 5°

Alla stessa maniera in cui per valutare correttamente una situazione dobbiamo comprenderne tutti i presupposti iniziali, anche per la reintegrazione cosmica si necessita, come fenomeno in divenire, della presentazione di tutti i presupposti teorici che la precedono, e la determinano.
Inserita com’è all’interno di una dottrina specifica - lo spiritualismo sorto in Francia nel secolo diciottesimo per merito del “codificatore” Allan Kardec - diventa quindi imprescindibile lo studio delle sue “basi” dottrinarie.
Obbiettivo di questo blog è quindi introdurre, poco a poco e per argomenti specifici, lo spiritualismo Kardecista, attraverso la presentazione che lo stesso autore fa nel suo primo libro in questi brani, dedicati al tema, tratti dal “Il libro degli spiriti”.



L’Universo è stato creato o esiste da tutta l’eternità, come Dio ?

Non puo’ essersi fatto da solo, e se esistesse fin dall’eternità, come Dio, non potrebbe essere opera di Dio.

Come creo’ Dio l’Universo?

Per sua volontà

Possiamo conoscere il modo in cui i mondi sono stati formati?
  
Tutto cio’ che si puo’ dire, e che potete comprendere, è che i mondi si formano dalla condensazione della materia sparsa nello spazio.

Le comete sarebbero un inizio di condensazione della materia, mondi in via di formazione?

Giusto.
Un mondo completamente formato puo’ scomparire, e la materia che lo compone spargersi di nuovo nello spazio?

Si’, Dio rinnova i mondi, come rinnova gli esseri vivi.

Possiamo conoscere la durata della formazione dei mondi: della Terra, per esempio?

Non posso dirlo, perché solamente il Creatore lo sa.



domenica 28 novembre 2010

Cosmogonia - La triste scoperta e una nuova missione

Che qualcosa stesse per succedere Luzbel se ne era accorto da tempo. Il primo segnale fu la guerra aperta che dovette affrontare contro Ya Yevh, il Creatore, che non vedeva certo di buon occhio l’influenza nefasta che i ribelli continuavano ad esercitare su tutti gli altri abitanti della Terra, obbligando a un ritardo non previsto il momento della tanto attesa ricongiunzione cosmica.
Era vero che l’arrivo dei “ribelli” sulla Terra era stato permesso dal proprio Ya Yevh, ma le vere intenzioni di questi erano quelle di permettere un intercambio “coscienziale” tra i nativi e gli esiliati, che permettesse ai primi di evolvere materialmente e spiritualmente, e ai secondi di avere, attraverso quella politica di un “nuovo inizio”, l’opportunità di ripensare ai postulati che li avevano già così tanto compromessi di fronte alle leggi cosmiche, per abbandonarli e riabbracciare gli ideali che sostenevano tutta la creazione. Voleva due pesci con un amo solo, quindi. Ma, come sempre, le cose non andarono esattamente come sperato.
A complicare tutta la vicenda cominciava a crearsi un conglomerato massiccio di navi spaziali che stavano asserragliandosi tutto attorno al pianeta, alcune nella dimensione fisica propria del nostro globo, altre – la maggior parte – in dimensioni “parallele” non visibili neanche ai capi “astralizzati” della ribellione.
Qualcosa di importante – a livello cosmico – stava veramente per succedere. Luzbel cominciò a rendersene effettivamente conto al notare l’incredibile aurea magnetica che s’era sprigionata in quello che fino a poco tempo prima era stato il territorio degli Annunaki – il modo in cui i Sumeri chiamavano i loro dei e comandanti provenienti dal pianeta Nibiru – l’attuale Medio Oriente, in occasione del battesimo di un uomo nelle acque del fiume Giordano. Non solo il fermento delle navi nei cieli divenne convulsivo, ma lui stesso ebbe una stranissima sensazione che lo inquietava enormemente: quell’uomo – dagli amici chiamato Yoshua – lo stava guardando negli occhi!

Luzbel era attonito, quasi terrorizzato: come poteva un semplice essere umano riuscire a trasportare la sua visione fino alle sfere astrali, e guardarlo in viso? Chi era costui? Il suo Maestro non poteva certo essere. Gli sarebbe stato impossibile - un suicidio quasi certo - incarnarsi in un corpo materiale, assoggettandosi alla vita terrena. Forse era lo stesso Ya Yevh, o un altro alto emissario della Spiritualità Maggiore. 
Luzbel non capiva, e decise così di continuare a monitorare i movimenti di quell’uomo chiamato Gesù, che non riusciva però a identificare. Solo all’ultimo, quando lo vide sulla croce, rivolgersi direttamente al Padre nella lingua di Cappella, capì di chi si trattava. Lo sgomento, l’orrore e il pentimento lo assalirono. S’inginocchiò – non visto se non da Lui – ai piedi del patibolo, e pianse per il Suo Maestro, a cui mai aveva mancato nell’affetto, nonostante tutte le dispute passate.
Quando il corpo materiale del Sovrano morì, e il Suo spirito eccelso s’innalzò – ora nella Sua veste cosmica – verso il Cielo dove tutti erano in festa, si rese conto dell’incommensurabilità di quell’Essere, della Sua ormai chiara ed evidente personalità celeste che da sola valeva a farne l’Essere più di tutti unito al Padre, e decise che era arrivata l’ora di mettere fine alla sua lunga e spericolata scorribanda di ribelle. 
Si ritirò quindi negli ambienti spirituali dove l’aspettava un lungo periodo di ravvedimento, di ricostruzione dell’equilibrio morale che per tanto tempo aveva contribuito a smantellare. La sua missione sarebbe ora finita solo quando l’ultimo dei suoi accoliti avesse compreso le stesse cose che ora lui capiva, e fosse rientrato nel sistema di pensiero che da sempre imperava nel cosmo. 

sabato 27 novembre 2010

21 Dicembre 2012, fine di un mito

Negli anni ’70 e ’80 sono stato un accanito consumatore di film di fantascienza. Non me ne perdevo uno, di qualunque fattispecie fosse, ma quello che più mi impressionò, ricordo, fu Incontri ravvicinati del terzo tipo.  Quando ho iniziato ad avvicinarmi allo studio delle altre realtà, quelle non visibili, spirituali e multi dimensionali, ho però cominciato a selezionare maggiormente i film da vedere, scartando aprioristicamente tutto ciò che mi sembrava catastrofico o peggiorativo in relazione all’immagine che veniva data ai “mal capitati di turno” extraterrestri.
Un’eccezione l’ho fatta l’anno scorso, per il film 2012. Bellissimo – scenograficamente – e rivoltante allo stesso tempo, per il fomento della paura di un eco disastro planetario, mi aveva ancor più convinto che la divulgazione di quanto dovrà realmente accadere in quel fatidico anno doveva essere spinta il più velocemente possibile, arrivare al maggior numero di persone raggiungibili. 
Non vorrei, in quest’opportunità, ricominciare con il discorso delle varie possibilità di eventi che potrebbero succedere. Vorrei, invece, concentrarmi su quello che “deve” succedere veramente.
Il nostro sistema solare, in relazione al centro della nostra galassia – la Via Lattea – è posto ad una delle sue estremità, alla fine di uno delle sue due braccia spirali. Il suo moto rotatorio, conosciuto come “precessione degli equinozi” e che dura 25.920 anni circa, gli fa fare un giro di 360° intorno all’asse immaginario del braccio spirale in cui è inserito.
Il 21 di dicembre del 2012 la Terra si troverà quindi esattamente sopra questa linea immaginaria, in allineamento con il Sole e con il centro della galassia.
Pur se è vero che al centro della Via Lattea vi è un buco nero, non saremo risucchiati. Non lo siamo mai stati tutte le volte – migliaia – in cui è già successo, non lo saremo ora.
Da quel giorno il moto del nostro sistema planetario comincerà il cammino in avvicinamento verso il centro della galassia, dove sono concentrati i maggiori sistemi stellari e da cui sono irradiate le maggiori quantità di energie fotoniche, costituite dalle comunemente dette particelle di luce.
Più passerà il tempo, da quel giorno, e più la quantità di energia che riceveremo sarà maggiore.
Trattandosi, alla fin fine, di radiazioni “solari”, anche i nostri corpi dovranno modificarsi, adattandosi ad amministrare la nuova realtà energetica.
Visto che chiaramente questo è un processo lungo, che non avverrà da un giorno all’altro - richiederà infatti altri 13 mila anni circa per arrivare al suo massimo livello – noi, come generazione attualmente sul pianeta, non abbiamo assolutamente nulla di cui preoccuparci, anzi, ben per il contrario.
Quello che i Toltechi con il loro calendario (erroneamente attribuito ai Maya che solamente lo ereditarono) e che i libri sacri indiani - i Veda - insieme a tante altre tradizioni culturali di altrettante civiltà sparse per i luoghi e i tempi del nostro passato, prossimo e remoto, stanno cercando di dirci, è che da quella data comincerà una specie di “età dell’oro” per l’uomo sapiens, non nel senso materiale del termine ma spirituale.
Evidentemente chi ha stabilito quella data aveva l’esatta cognizione del movimento rotatorio del sistema solare, delle sue tappe, delle sue conseguenze in relazione alla modificazione delle energie prodotte, e ciò può essere giustificato solo da una osservazione ripetuta nel tempo, che non può minimamente essere attribuita a civiltà così “giovani”, come quelle citate, che certamente non hanno mai potuto assistere a un fatto analogo nel loro passato.
È evidente che queste informazioni sono state ripassate, a questi nostri ancestrali incomunicabili tra loro nello spazio e nel tempo, da qualcun altro che, al contrario, aveva già visto ripetutamente quel fenomeno, e che soprattutto ne conosceva le conseguenze.
Se dunque ci siamo “fidati” di quelle previsioni, già che risultano corrette anche secondo i nostri rigorosi canoni scientifici, dovremmo altrettanto fidarci della banalizzazione degli effetti finali di questo fenomeno celeste, tradotti nelle lingue antiche dei popoli ancestrali terrestri, come età dell’oro, o della conoscenza.
Io ho tutta una “teoria” a rispetto di ciò che per noi rappresenterà questa inversione di tendenza del moto del nostro sistema solare, e sto utilizzando ogni spazio che ho a disposizione in questo blog – e nei libri che scrivo – per illustrarla, ma la mia è, fino a che non si verificherà, solamente una delle tante possibilità.
L’unica differenza vale per me, che ci credo profondamente.
Per voi tutti, invece, varrà solo quello in cui vorrete credere.
Ma senza alcun panico, per favore. In questo ospedale psichiatrico che chiamiamo Terra ( è così che è percepito dagli altri abitanti siderali) di guai da risolvere ne abbiamo fin troppi.
Non ce ne meritiamo un altro in più.



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