sabato 28 maggio 2011

Politica vs. Spiritualismo

Ieri ho incontrato un amico, assiduo lettore di questo blog, che mi ha fatto notare quanto poco consone siano, per la mia immagine di “spiritualista”, le posizioni pubbliche che ho preso riguardo l’attività politica nel nostro Paese. Dovrei distanziarmi da questo tipo di argomenti, mi ha detto, e soprattutto non prendere parte alla disputa politica attualmente in corso in Italia.
Siccome credo che Renato (questo è il suo nome)  non sia l’unico a pensarla in questo modo, mi rivolgo a lui, e a tutti coloro che si identificano con il suo pensiero, cercando di rispondere circostanziando questa mia scelta. Con molto rispetto verso ogni altra opinione, ovviamente.
Chi mi legge sa che il contenuto principale del mio messaggio intende essere un invito alla costruzione di metodi personali atti ad operare una riforma intima che, partendo dal di dentro, riesca a migliorare la situazione evolutiva sia individuale che collettiva. Tutto ciò in vista del prossimo momento che segnerà l’atto iniziale del processo conosciuto con il nome “reintegrazione cosmica”.
Manca infatti una manciata di mesi all’evento – nessuno sa con esattezza il giorno – che rivoluzionerà il modo in cui l’umanità percepirà se stessa, il pianeta e l’universo intero.
Ma cosa succederà, in pratica? Gli ET verranno a insegnarci come sostituire il petrolio con l’acqua, risolvere la fame del mondo, le iniquità e le ingiustizie, rimettere in ordine il clima terrestre? Gesù apparirà e ci convertiremo tutti, immediatamente, alla pratica del buon vivere?  Niente di tutto questo!
Il Maestro si farà solo rivedere nella Sua mega nave stellare ( 2.500 km di estensione ), usando la Sua veste cosmica affinché Lo si riconosca per l’effettiva funzione che ricopre nel contesto celeste, rammentando a tutti le parole, ancora valide, spese duemila anni fa in Palestina. Presenterà i Suoi “coadiuvanti”: Confucio, Mosè, Maometto e Lao Tze, Zoroastro, Platone e Socrate, Buddha, San Francesco e tanti altri ben noti alla storia dell’umanità, ma non ancora realmente compresi per l’essenza della loro opera ecumenica.
Ci sarà Sai Baba e, naturalmente, Javeh, il vero artefice di questo pataracchio che chiamiamo Universo. La percezione che tutti questi signori – esseri cosmici e spirituali -  parlino una sola lingua e facciano parte di uno stesso schema, sarà immediata per tutti noi.
Da quel giorno le religioni, intese come insiemi di regole e precetti dogmatici per poter avere diritto - anche se intermediati da sacerdoti, rabbini, imam o quant’altro – ad un rapporto con Dio, necessariamente si ridimensioneranno.  Arriveranno  in breve alla pacifica implosione, costrette dall’immensa verità cosmica proferita personalmente dallo stesso Dio che, con nomi diversi – Brahma, Javeh, Allah –, si farà finalmente riconoscere come  “il Creatore del Cielo e della Terra, Colui che è e che è sempre stato ciò che è”.
Fatto questo, se ne andranno. Migliaia ( alcuni dicono milioni ) di navi spaziali minori appariranno allora nei nostri cieli. Alcuni dei loro rappresentanti scenderanno e ci saranno scambi di vedute ( con chi non lo so, solo lo presumo per deduzione ) e di informazioni, in relazione al nuovo corso che l’umanità dovrà dare, globalmente, al proprio assetto per porsi  finalmente in equilibrio con le leggi che governano il multiverso di cui facciamo parte. Un’azione riservata, fatta quasi in sordina ( in realtà è già cominciata da tempo), che avrà una breve durata. Poi se ne andranno pure loro. E noi resteremo di nuovo soli!
Con quella visione negli occhi, la verità cosmica finalmente svelata, il cammino evolutivo  ora compreso, cosa volete che si faccia – noi umani – con tutto il nostro modo di gestione socio economica del pianeta, delle sue risorse, dei suoi abitanti? Volete che si lasci tutto come prima, in mano alle stesse persone, con le stesse regole? O credete, forse, che quello sarà il vero momento per fare ciò che non è mai stato fatto, ossia rivoluzionare metodi e schemi, abolire istituzioni retrograde e obsolete, assistere al ritorno nell’anonimato  di coloro che iniquamente hanno gestito l’enorme patrimonio umano a loro affidato, e d’ora in poi costretti ad una tardiva e penosa riflessione personale?
Ricordiamoci la grande verità espressa da Karl Marx nel suo libro Il Capitale: “la struttura principale di una collettività moderna è quella economica, tutte le altre le sono subordinate, dalla politica alla cultura e tutto ciò che ne discende”.
Vorrei frenare l’indignazione (corretta) degli amici anticomunisti, ma nella prospettiva storico spirituale Marx, insieme a Napoleone, Darwin, Pestalozzi , Kardec ed altri, faceva parte di un’ equipe spirituale con l’immane compito di armonizzare fra loro le rispettive capacità per l’elaborazione di un sistema socio-economico che avrebbe dovuto favorire un capovolgimento benefico - purtroppo mai successo – nel metodo gestionale del “potere”, almeno qua in Europa, a quell’epoca centro della civiltà intellettualmente irradiante.
Ebbene, poco intendo di economia, qualche cosina in più di politica, ed è in questo modo che mi preparo ad intervenire attivamente nel processo in corso, non per atteggiarmi a leader o conductor, ma come seminatore di riflessioni che permettano di creare un ponte pratico, effettivo, tra le nuove esigenze spirituali e umane, che a quel tempo cominceranno prepotentemente ad affiorare, e lo stato delle cose da cui partiamo (l’attuale),  stato che dovremo abbandonare, estirpare quasi completamente, per ricostruirne un altro, più consono al compito che ci aspetterà.
Mi spiace per chi abbia identificato nelle mie propensioni storico-culturali di sinistra, il modello a cui mi ispiro. Purtroppo né Pisapia, né Bersani e Vendola, né Di Pietro e Grillo, sono gli uomini a cui guardo con aspettativa. Men che meno Berlusconi, La Russa, Scilipoti e Bossi.
Nessuno di loro – messo alla prova – è stato capace di convincere. Non ci servono più. Altri saranno quelli chiamati a gestire il prossimo corso della storia.
Il cammino evolutivo globale passa per Israele e la Palestina, per la Libia, la Russia e la Cina, per l’Africa e l’America, e anche per l’Italia.
È per questo che, in vista di ciò che ci aspetta, quanto prima ci togliamo dalle scatole quegli uomini, quei politici assolutamente più retrogradi e dannosi, meglio faciliteremo il gravoso compito che dovremo svolgere nel prossimo futuro.
È per questo che oggi ritengo doveroso esprimere la logica conseguenza di questa mia (scusatemi) lunga elucubrazione mentale, e assumere una posizione concreta di fronte allo scenario in breve davanti ai nostri occhi.
È per questo che oggi torno, con sincera passione, a gridare: forza Pisapia!




martedì 24 maggio 2011

Pisapia e l'Utopista


 E non mi vengano poi a dire che il sistema dei segnali non funziona!
Sono passati solo pochi giorni da quando la signora Moratti ha subdolamente accusato l’altro candidato, il Pisapia, di aver partecipato ad un furto d’auto nei lontani anni settanta, quando, all’improvviso, che succede? Che Pisapia passa per una via di Milano, dirigendosi verso una tappa elettorale poco distante, e incoccia in un giovane (nerboruto? tossico?) intento a rubare la borsetta e l’auto di una povera signora, che si trovava nel luogo sbagliato al momento sbagliato. Ma non Pisapia (!) che con tempestività ha messo in fuga l’aggressore, recuperato il maltolto e  restituito alla donna, incredula. Non so per chi abbia mai votato prima, la signora, ma so per chi voterà questa domenica.
Da villano ad eroe … e poi dicono che i segnali non funzionano. Abbiamo un singolarissimo destino che coinvolge Moratti e Pisapia, l’anziana signora e lo scippatore, in questa tragicomica commedia all’italiana (con tanti risvolti da storiella americana), dove abbiamo l’eroe, il bandito, la vittima e la denigratrice sconfessata. Loro, solo in due mosse, hanno creato il ritmo e il contro-ritmo di questa campagna elettorale milanese, mostrando un segnale evidente di come si sono già messe le cose, dei ruoli di ognuno, inseriti in un impercettibile, per ora, movimento quantico di trasformazione di opinioni, movimento che sarà visibile in pochi giorni.
A chi non avesse ancora colto la sottigliezza dell’evento, e la sua capacità di trasformatore di energie latenti, suggerirei di fare maggiore attenzione alle piccole cose, quelle poco appariscenti ma incessanti, e che cambiano il mondo.
Oggi mi sembra allora una buona giornata per far riemergere un pochino quella parte di me che ha permeato intensi periodi della mia esistenza: l’utopista.
Lo farò rispolverando pensieri e concetti che da tempo mi appartengono, e molto probabilmente appartengono a voi, e a molti altri.
Che la nostra sia una società globale basata sul consumo di materie prime non è una opinione, è un fatto. Così come che la popolazione consumatrice stia – soprattutto in Asia e America Latina - esponenzialmente crescendo, un altro. L’ultimo, altrettanto innegabile,  è che le materie prime sono soggette ad esaurimento, alcune potendo essere sostituite da succedanee alternative (es. le fonti energetiche), altre invece (le foreste, la terra, l’acqua, l’aria) assolutamente no.
Usando la logica della mente, e l’intuizione della coscienza, arriveremo alla stessa conclusione: in questo processo qualcosa di molto serio, importante, non va!
Nella società globale moderna, chi detta le regole sono i grandi agglomerati economico-finanziari che a loro volta permettono, attraverso immani flussi di denaro, l’esercizio del potere politico a chi meglio saprà tutelare i loro interessi corporativi. I politici, così, retribuiranno i favori ricevuti attraverso leggi e normative che servano ad esprimere, in modo congruo ed effettivo, il loro ringraziamento. Chi paga il conto di tutto questo “giro” è la gente comune.
Questo schema conduce necessariamente alla sempre maggior concentrazione di risorse e ricchezze, o meglio, al sempre maggior progressivo impoverimento delle masse planetarie a vantaggio di pochi, e anche questo è un fatto. Prima o poi, questo divario diventerà così ampio che non vi sarà modo di risolverlo se non attraverso conflitti collettivi.
Sempre con il beneficio dell’uso di mente e coscienza, non è possibile arrivare ad altra risoluzione se non quella di ripudiare una tale prospettiva.
Ora, finito l’esame dei fatti e visualizzata una prima, immediata decisione sulla base degli stessi, diventa necessario – pur se assolutamente ancora vincolato al mondo delle idee – esprimere un’alternativa che immetta nuovi dati nello schema socio-economico-politico che ci distingue oggi, per arrivare ad una differente soluzione.
Qui comincia il lavoro dell’utopista, che spazia dall’immaginazione di un nuovo assetto planetario, all’idealizzazione di una società perfetta.
Necessariamente dovrà prima procedere alla distruzione di ciò che non va, alla sua eliminazione, per quindi sostituirlo con un sistema differente, più efficiente, funzionale, rispondente alle nuove richieste sociali dell’umanità.
Il sistema capitalista, le religioni, i valori culturali, l’istruzione scolastica, le gerarchie e le dinastie … tutto dovrà essere superato, modificato in “altro”. Segnali indicativi di cosa potrebbe essere questo “altro” ne abbiamo a iosa, anche se relegati a nicchie di studiosi e di seguaci che con estrema fatica cercano di divulgarne la conoscenza.
A volte, anche a me una cosa del genere sembra impossibile, pur se le mie poche conoscenze scientifiche mi permettono comunque di sapere che prima o poi - anzi più prima che poi - raggiungeremo uno stadio di percezione collettiva tale che ci permetterà di intendere la necessità e l’urgenza di una riformulazione generale dell’assetto socio-geo-economico del pianeta. La fisica quantististica individua questo concetto nella terminologia di “massa critica”, e sembra che sia esattamente questo il comportamento che l’umanità sta per assumere di fronte alle nuove priorità che si imporranno in breve sulla Terra. Ottimo!
Quanto a me, per ora, mi accontenterò di aggiungere la mia parola a quella di tanti altri, sperando che una di queste faccia finalmente pendere la bilancia dalla parte che spero.
Forza Pisapia!   



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