sabato 27 novembre 2010

21 Dicembre 2012, fine di un mito

Negli anni ’70 e ’80 sono stato un accanito consumatore di film di fantascienza. Non me ne perdevo uno, di qualunque fattispecie fosse, ma quello che più mi impressionò, ricordo, fu Incontri ravvicinati del terzo tipo.  Quando ho iniziato ad avvicinarmi allo studio delle altre realtà, quelle non visibili, spirituali e multi dimensionali, ho però cominciato a selezionare maggiormente i film da vedere, scartando aprioristicamente tutto ciò che mi sembrava catastrofico o peggiorativo in relazione all’immagine che veniva data ai “mal capitati di turno” extraterrestri.
Un’eccezione l’ho fatta l’anno scorso, per il film 2012. Bellissimo – scenograficamente – e rivoltante allo stesso tempo, per il fomento della paura di un eco disastro planetario, mi aveva ancor più convinto che la divulgazione di quanto dovrà realmente accadere in quel fatidico anno doveva essere spinta il più velocemente possibile, arrivare al maggior numero di persone raggiungibili. 
Non vorrei, in quest’opportunità, ricominciare con il discorso delle varie possibilità di eventi che potrebbero succedere. Vorrei, invece, concentrarmi su quello che “deve” succedere veramente.
Il nostro sistema solare, in relazione al centro della nostra galassia – la Via Lattea – è posto ad una delle sue estremità, alla fine di uno delle sue due braccia spirali. Il suo moto rotatorio, conosciuto come “precessione degli equinozi” e che dura 25.920 anni circa, gli fa fare un giro di 360° intorno all’asse immaginario del braccio spirale in cui è inserito.
Il 21 di dicembre del 2012 la Terra si troverà quindi esattamente sopra questa linea immaginaria, in allineamento con il Sole e con il centro della galassia.
Pur se è vero che al centro della Via Lattea vi è un buco nero, non saremo risucchiati. Non lo siamo mai stati tutte le volte – migliaia – in cui è già successo, non lo saremo ora.
Da quel giorno il moto del nostro sistema planetario comincerà il cammino in avvicinamento verso il centro della galassia, dove sono concentrati i maggiori sistemi stellari e da cui sono irradiate le maggiori quantità di energie fotoniche, costituite dalle comunemente dette particelle di luce.
Più passerà il tempo, da quel giorno, e più la quantità di energia che riceveremo sarà maggiore.
Trattandosi, alla fin fine, di radiazioni “solari”, anche i nostri corpi dovranno modificarsi, adattandosi ad amministrare la nuova realtà energetica.
Visto che chiaramente questo è un processo lungo, che non avverrà da un giorno all’altro - richiederà infatti altri 13 mila anni circa per arrivare al suo massimo livello – noi, come generazione attualmente sul pianeta, non abbiamo assolutamente nulla di cui preoccuparci, anzi, ben per il contrario.
Quello che i Toltechi con il loro calendario (erroneamente attribuito ai Maya che solamente lo ereditarono) e che i libri sacri indiani - i Veda - insieme a tante altre tradizioni culturali di altrettante civiltà sparse per i luoghi e i tempi del nostro passato, prossimo e remoto, stanno cercando di dirci, è che da quella data comincerà una specie di “età dell’oro” per l’uomo sapiens, non nel senso materiale del termine ma spirituale.
Evidentemente chi ha stabilito quella data aveva l’esatta cognizione del movimento rotatorio del sistema solare, delle sue tappe, delle sue conseguenze in relazione alla modificazione delle energie prodotte, e ciò può essere giustificato solo da una osservazione ripetuta nel tempo, che non può minimamente essere attribuita a civiltà così “giovani”, come quelle citate, che certamente non hanno mai potuto assistere a un fatto analogo nel loro passato.
È evidente che queste informazioni sono state ripassate, a questi nostri ancestrali incomunicabili tra loro nello spazio e nel tempo, da qualcun altro che, al contrario, aveva già visto ripetutamente quel fenomeno, e che soprattutto ne conosceva le conseguenze.
Se dunque ci siamo “fidati” di quelle previsioni, già che risultano corrette anche secondo i nostri rigorosi canoni scientifici, dovremmo altrettanto fidarci della banalizzazione degli effetti finali di questo fenomeno celeste, tradotti nelle lingue antiche dei popoli ancestrali terrestri, come età dell’oro, o della conoscenza.
Io ho tutta una “teoria” a rispetto di ciò che per noi rappresenterà questa inversione di tendenza del moto del nostro sistema solare, e sto utilizzando ogni spazio che ho a disposizione in questo blog – e nei libri che scrivo – per illustrarla, ma la mia è, fino a che non si verificherà, solamente una delle tante possibilità.
L’unica differenza vale per me, che ci credo profondamente.
Per voi tutti, invece, varrà solo quello in cui vorrete credere.
Ma senza alcun panico, per favore. In questo ospedale psichiatrico che chiamiamo Terra ( è così che è percepito dagli altri abitanti siderali) di guai da risolvere ne abbiamo fin troppi.
Non ce ne meritiamo un altro in più.



Sogni 2

Vi è un altro tipo di sogno che facciamo in stato di veglia, il cosiddetto  “sogno ad occhi aperti”.
E’ una esperienza che facciamo tutti, chi più chi meno, e che banalmente releghiamo ad un atteggiamento evasivo, inconsistente, non comunque consono alla realtà.
Se pero’ ci pensate un attimo, cercando di riprodurre nella vostra memoria il “rapimento mentale” che si prova in quei momenti, probabilmente potreste ammettere che quando si pensa intensamente a qualcosa l’impressione che si ha è che chi sta pensando sia presente nella situazione pensata, e di fatto lo è.
Anche se solo per pochi attimi, puo’ sembrarci che tutto il nostro corpo sia presente nella scena pensata, cioè noi siamo li’, nella realtà in cui stiamo materialmente vivendo, ma anche là, nella realtà a cui stiamo pensando.
Se ci riflettiamo un po’ sopra, non c’è contraddizione fra questi due stati esistenziali, anche quando vissuti contemporaneamente.
Se l’essere umano, con i suoi corpi fisico-eterici, vive allo stesso tempo realtà dimensionali differenti, e puo’ fare lo stesso quando sogna, addirittura spostandosi con il corpo etereo attraverso l’utilizzo  del suo “cordone d’argento”, perché questa stessa tecnica non potrebbe essere usata anche quando si è svegli, per fare andare il nostro corpo etereo dove ben voglia?
Questo è quello a cui un bel po’ di gente si dedica, alcuni con successo, altri meno, e che viene chiamato, con un nome più appropriato, “viaggio astrale”.
In pratica, quindi, quando cominciate a vagare con la mente, mentre magari siete in auto, e vi vedete di fronte ad una persona od una qualunque altra scena di vita, in quel momento state facendo un viaggio astrale, anche se breve, e soprattutto inconscio, già che non siete consapevoli del dislocamento del vostro corpo etereo nella scena o con la persona pensata.
C’è gente, invece, che lo fa consapevolmente.
Cercano di far tacere la mente, magari meditando, e spostano il loro corpo etereo nel luogo o nella situazione che vogliono vedere. Quanto più bravi diventano in questa tecnica, quanto più riescono ad allungare il proprio “cordone d’argento”, spostandosi in ambienti che possono ubicarsi anche ben oltre i confini planetari.
Mi chiedete se conosco qualcuno che sa viaggiare astralmente? Si’, varie persone.
Mi chiedete se io l’abbia mai fatto? Si’, senza volerlo, pero’.
Non avevo neanche vent’anni e mi ritrovavo, solo, sul vulcano di Stromboli, in quella stessa notte in cui nel blog ho aleatoriamente inserito il personaggio di Rogerio, per poter cominciare le nostre “conversazioni”.
Volevo solo sentire l’intensità di quel luogo, starci un po’ e poi tornare a casa.
Mi sdraiai su una strana pietra piatta, trovata mentre salivo le pendici del vulcano, e mi misi a guardare la notte, estremamente stellata, senza luna.
Non so quanto tempo dopo – una mezzoretta direi – mi successe il fatto:  continuavo con lo sguardo volto verso l’alto, immerso in quel mare di stelle che sentivo cosi’ meravigliosamente vicine, quando mi venne voglia di girare la testa.
Per qualche attimo rimasi rapito a guardare il mare di stelle che seguiva l’inclinazione del mio capo, ora da un lato ora dall’altro, ma quando guardai sotto di me, e continuai a vedere stelle e solo stelle, venni preso da un attimo di panico. Chiusi istintivamente gli occhi, e quando li riapri’ ero ancora sulla stessa pietra, lo sguardo rivolto all’insù.
Senza saperlo – lo scoprii solo anni dopo – avevo fatto un viaggio astrale. Avevo silenziato la mente nell’osservazione  intensa e cosciente del cielo, e il mio corpo etereo se ne era volato là, e là sarebbe rimasto se il panico della mia mente, improvvisamente svegliatasi alla vista spaventosa del vuoto sopra e sotto di me, non avesse obbligato il corpo etereo ad un immediato rientro.
Quelli che invece lo sanno fare bene, non corrono questi rischi, e riescono a trasportarsi fin su nei cieli, ad incontrarsi con altri esseri, in viaggio come loro o residenti in quei luoghi, a scambiarsi opinioni, e soprattutto riescono a ricordare tutto “dopo”. In questa maniera hanno trovato una delle porte di accesso al mondo astrale e spirituale, con grande loro beneficio.
Se li vedrete mentre sono in “viaggio” vi sembreranno addormentati, o in stato di catalessi, ma basterà un semplice tocco, un qualsiasi contatto materiale, per svegliarli all’istante interrompendo ogni loro attività. Non succederà niente, avrete solo interrotto l’esperienza che stavano facendo.
Non è lo stesso quando qualcuno ti schiocca le dita davanti al naso per riportarti indietro dal “mondo delle nuvole”, dove gli parevi che eri volato mentre magari ti stava parlando?
A questo punto permettete a me di banalizzare un po’, anche se al contrario.
Tutti abbiamo gli strumenti e conosciamo la tecnica per viaggiare astralmente, lo facciamo ogni notte quando dormiamo e qualche volta anche di giorno, quando “sogniamo ad occhi aperti”, o “voliamo tra le nuvole”.
Se c’è gente che è capace di farlo sempre, a proprio piacimento, vuol dire allora – dato che strumenti e tecnica sono gli stessi per tutti – che chiunque puo’ apprendere a farlo.
E’ come per qualunque altra cosa nuova: se vuoi imparare a farla bene, devi dedicarci tempo e attenzione, e sicuramente arriverai là. O no?


venerdì 26 novembre 2010

Conversazioni con Rogerio Almeida 5° - Stromboli

«E Kardec, chi era quest’altro tizio?».
«Nel mio Paese, dove attualmente vivo, hanno idolatrato tanto questo nome che l’uomo è diventato quasi irriconoscibile. Kardec, prima ancora di essere il codificatore dello spiritualismo, era solamente il professor Hyppolite Leon Denizard Rivail, che era stato uno degli alunni di Pestalozzi, e la cui intenzione era di divulgare il metodo del suo vecchio maestro in Francia, dove era nato e viveva.
Influenzato però dallo stesso Pestalozzi, cui non piaceva vedere i suoi ausiliari, cattolici o protestanti che fossero, confrontarsi nell’intento di far prevalere una religione sull’altra, il professor Rivail formò la sua personalità in modo da distanziarsi, come il suo precettore, dalla pratica religiosa così com’era professata nella Francia del secolo XIX.
Terminato il corso preparatorio nell’Istituto di Verdun, in Svizzera, quando aveva più o meno 20 anni, e siamo intorno al 1824, ritornò in Francia, fissando la sua residenza a Parigi, e lì fondò un liceo, una specie di scuola secondaria preparatoria, con l’intento di introdurre il metodo educativo di Pestalozzi. Insegnò all’incirca per trent’anni quando fu sorpreso da una riforma promossa dall’allora imperatore Napoleone III, che obbligava tutti i professori dello Stato a prestare giuramento di fedeltà allo stesso in cambio del mantenimento della licenza per il magistero».
Tirò un sospiro, come a riprendere fiato, ma non gli permisi di continuare. Mi sembrava che la conversazione fosse scaduta un po’, e che stavamo perdendo tempo nel parlare di gente mai sentita, sconosciuta.
Volli sdrammatizzare il momento, e cercai di farlo scivolando nel ridicolo.
«E allora il professor Rivail comprò documenti falsi, e con il nome di Kardec viaggiò fuori dal Paese».
«No, il nome Kardec viene da un’altra storia» disse calmamente. «Era il nome di un antico sacerdote druido che si occupava di questioni spirituali e di cui il professor Rivail si rese conto, un giorno, di essere la continuità, o meglio la reincarnazione».
«Bene, comunque cos’è che il professor Rivail, o Allan Kardec, fece di così speciale per essere ricordato dai posteri?» dissi un tanto ironicamente.
«Per questioni di indole caratteriale il professor Rivail, non acconsentendo a transigere ai suoi principi, preferì perdere il suo impiego all’arrendersi agli ordini dell’imperatore. Fu in questo periodo che finì per interessarsi a strani fenomeni di tavolette e penne che scrivevano da sole, apparentemente mosse da mani invisibili».
«Ah» dissi «sì, lo so. È quel giochetto del bicchiere e delle lettere. Anche Kardec si divertiva con quello, ma non mi dire?» e gli lanciai un’occhiata obliqua del tipo “ma mi stai prendendo per i fondelli?”.
Rogerio, invece, serissimo continuò «Esattamente. Quello che per molti era solo uno strano insieme di fenomeni apparentemente bizzarri, per la sensibilità del professor Rivail diventò il filo conduttore attraverso il quale poteva scoprire un grande disegno intelligente nascosto dietro quella fenomenologia specifica. La fine di tutto questo processo di indagini e conoscenza fu la codificazione spiritualista, una raccolta di cinque libri di cui ti consiglio la lettura» disse, ritornandomi ammiccando la stessa occhiata obliqua, «dettata da questa “causa intelligente”, cioè da spiriti disincarnati i cui messaggi furono abilmente utilizzati dal professor Rivail, anche se per diffonderli, proprio per il grande prestigio che come professore godeva nell’ambiente accademico dell’epoca, preferì per questioni personali assumere lo pseudonimo di Allan Kardec.
Come vedi, niente clandestinità e fughe all’estero».
«Ok, quindi Allan Kardec parlava con i morti» risposi con l’aria tipica di quello che ha appena perso una battaglia.
«Non direttamente» continuò l’adesso interessante interlocutore «giacché lui riceveva queste comunicazioni attraverso diversi medium, restandogli il difficile compito di comprenderle nel loro significato e organizzarle alla luce della ragione, suo unico criterio selettivo».
«E in che modo tutto ciò si professava?».
«Per essere stato un professore di tanti figli e figlie delle migliori famiglie parigine, e anche autore di diversi libri didattici, quando divenne pubblico che stava studiando quella cosa molte notizie e molti messaggi medianici arrivarono quasi naturalmente alla sua conoscenza, e si sorprese nel rendersi conto che, pur provenienti da tante fonti differenti, esisteva un senso comune in quei messaggi che pretendeva di presentare al mondo la promessa rivelazione spirituale introdotta  da Gesù quando Questi stette, duemila anni prima, fra noi.
Kardec giammai utilizzò, però, questa sua conoscenza con l’intento di ergersi ad autorità morale, o di creare una qualche religione a partire dalle rivelazioni degli spiriti».



mercoledì 24 novembre 2010

Guarigioni spirituali

Ecco un argomento che ho sempre trattato con una certa ostilità, fino a che non l’ho visto e praticato personalmente.
Per aver vissuto un sacco di tempo in Brasile, ne ho spesso sentito parlare di incredibili guaritori ma quello che più mi ha sempre colpito è il “dottor Fritz”, un medico tedesco, morto da tempo, che "presta" le sue doti medianicamente, con lo scopo di operare miracolose guarigioni.
E’ un nome abusato, in Brasile, e c'è sempre qualcuno che dice di star "incorporando" questo dottore; quest’alternanza di personaggi che utilizzavano il famoso nome era proprio quello che non mi convinceva.
Non capivo in che maniera si potesse operare una persona senza toccarla, senza aprirla, senza ricucirla.
Poi conobbi la realtà della dualità dimensionale del nostro corpo, fisico/spirituale, e le cose cominciarono a chiarirsi. Ma niente di meglio che la propria esperienza personale per verificare la profondità di una ipotesi.
Vorrei allora, se me lo permettete, raccontare un episodio che mi è successo durante il mio lungo soggiorno sudamericano: una mia partecipazione diretta a un processo di guarigione davvero stupefacente.
Vi chiedo però la licenza per produrre questo racconto così come l’ho trascritto in originale, inserito in un libro che non ho ancora pubblicato.
Spero non vi dispiaccia.


 "… senti, a proposito, domani vorrei che tu venissi in ufficio, c’è un mio conoscente che verrà con un suo amico, che a quanto pare ha enormi problemi di salute da risolvere, e vorrei che anche tu fossi presente, e partecipassi al processo di cura. Sono sicuro che ti creerà convinzioni e forze che ti saranno più che utili nel cammino che hai scelto. Posso contare con la tua presenza, allora?”
“Certamente, domani sarò là, e poi vedremo, va bene?”, risposi.
“Ok”, disse Francisco con uno strano sorriso, come se sapesse di qualcosa che mi riguardava e che io avrei scoperto solo in seguito.
Il giorno dopo, puntualmente,  fui chiamato all’appuntamento.
Non sapevo esattamente in che modo io avrei potuto contribuire in un processo di cura spirituale, già che non avevo mai partecipato ad alcuno.
Sapevo che Francisco, insieme a Rogerio e ad altri medium che facevano parte del gruppo Atlan, anni prima avevano fatto del soccorso attraverso cure spirituali un appuntamento fisso a cui molta gente si rivolgeva, dati gli esiti positivi che queste cure producevano.
Sapevo però, anche, che quel periodo si era chiuso quando gli stessi medium partecipanti si erano ritirati, stremati dall’altissimo stress psicologico dell’assumere su se stessi il peso dei dolori dei “malati”, oltre a una tremenda fatica già che praticamente passavano varie notti in bianco, in sedute di cura che non raramente arrivavano all’alba.
Così mi sembrava strano che quel settore, chiuso da tempo,  stesse riaprendosi ma, colto dalla curiosità e dalla chiamata dell’amico, risposi positivamente  all’invito e mi presentai nel luogo stabilito.
Lì arrivato, trovai Francisco e un signore che non conoscevo, seduti ad una scrivania.
Dopo le necessarie presentazioni, venni messo al corrente della situazione.
Il caso era di un trentenne, sposato e con due figli, che aveva un’inspiegabile allergia a cui anni di cure mediche, secondo metodi ogni volta differenti istruiti da medici vari, non avevano dato alcuna soluzione.
Quando quel giovane entrò a sua volta nell’ufficio di Francisco, ebbi un momento di ribrezzo. La faccia di quel ragazzo era ricoperta di nere, spesse croste collocate in vari punti: sulla fronte, tra il naso e la guancia, sotto il mento, sul collo. Senza alcun imbarazzo Carlos - questo era il nome del giovane - ne mostrò altre sulle braccia, le gambe, la schiena. Insomma, il suo corpo era tutta una piaga.
Ci disse che aveva fatto esami di tutti i tipi per capire l’origine di quelle cose, ma niente era stato trovato.
Vari tipi di medicinali erano stati applicati o ingeriti nel tentativo per lo meno di mitigare l’orrendo effetto che quelle croste facevano sulla gente, includendo la sua famiglia e la sua propria auto-stima, ma nessun risultato era mai apparso.
Quello che avremmo fatto noi sarebbe stato solamente un ultimo tentativo.
Decidemmo far parlare Carlos con Rogerio, dato che quest’ultimo ha fra le sue maggiori capacità quella di avere accesso, attraverso la mente spirituale, al decorso delle vite passate delle persone con cui entra in contatto, e forse avrebbe potuto capire se c’erano motivi legati a un passato karmico che obbligavano Carlos a passare per quella terribile fase.
Quando l’incontro avvenne, il giorno dopo, il responso fu rapido: Carlos, nella vita immediatamente precedente a quella che stava vivendo ora, aveva avvelenato le acque di un fiume che scorreva prossimo ad una cittadina, per motivi che non ci furono dati a sapere, contaminando mortalmente decine di persone che di quell’acqua si servivano per i loro fabbisogni quotidiani.
Quello che gli stava succedendo ora era la riproduzione su se stesso degli stessi danni causati ad altri, nell’intento della riparazione attraverso il dolore che la strana allergia stava imponendogli fisicamente e psicologicamente.
Avuto quindi il quadro spirituale che stava alla base di quegli avvenimenti, decidemmo di ritrovarci la sera seguente nella clinica di un’amica, anch’essa una medium, che per professione praticava massaggi ayurvedici. Lì avremmo formato l’equipe che si sarebbe preoccupata di ristabilire, se fosse stato possibile, il naturale equilibrio che Carlos aveva perso negli ultimi tre anni, e che stava causando quel terribile momento nella sua vita.



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martedì 23 novembre 2010

Cosmogonia - Le reticenze di Yel Luzbel

L’avvicinamento del momento in cui sarebbe dovuto assoggettarsi a quest’ultima, penosa tappa dell’esilio che da migliaia di anni lo perseguiva, era da tempo una grande fonte di preoccupazione per Yel Luzbel. La Terra, infatti, era un pianeta fisico, dove l’esistenza si processava attraverso la materia a cui tutti gli esseri, di qualunque specie biologica fossero, dovevano soggiacere.


Ma questo era solo uno dei problemi, non certamente il più grave. Il vero fatto preoccupante era che la caratteristica degli esseri che popolavano la Terra era la quasi totale assenza di sensibilità “trascendente”, con la conseguenza – terribile agli occhi dei “capi” della ribellione – del pressoché totale predominio della mente fisica su quella dell’anima, che conservava tutti i ricordi delle esperienze del passato spirituale dell’essere ora incarnato. Agli effetti pratici voleva dire che, al reincarnarsi in un corpo umano, l’essere perdeva completamente la conoscenza del passato, di ciò che era stato e che aveva imparato, compresi i motivi che avevano dato origine alla ribellione di Cappella e al lungo percorso che ognuno di loro aveva dovuto intraprendere nella strada dell’esilio planetario. La rimozione di questo ricordo era il peggior nemico di Luzbel, quello che avrebbe potuto stroncare la sua impresa. Qualcosa doveva essere fatta! La soluzione fu trovata nella propria composizione dimensionale della Terra. Al contrario infatti di molti altri pianeti dove l’esistenza si processa solo in una dimensione – fisica o eterica che vuoi – la Terra possedeva tutti e tre i livelli: quello fisico, quello astrale e quello spirituale. Decise così che lui e i suoi luogotenenti sarebbe rimasti nella sfera astrale del pianeta, conservando i loro corpi eterei e la perfetta memoria di tutto il processo storico.
Tutti gli altri, invece – i soldati della ribellione – si sarebbero reincarnati sul piano fisico, e alla perdita della memoria del passato sarebbe stato ovviato con incursioni “mentali” celate sotto forma di pensieri, intuizioni, premonizioni, oltre a vere e proprie apparizioni che avrebbero comunque reso “temibili” e “attendibili” gli esseri astralizzati che così fossero comparsi agli occhi degli umani, nativi e “immigrati”. In questa maniera Luzbel avrebbe mantenuto il controllo del flusso delle idee dei suoi seguaci e degli oriundi del pianeta, creando in questa maniera, tutto attorno al globo, uno spesso strato di energia non armonica che avrebbe sicuramente impedito, per molto tempo, l’avvicinarsi del momento di una nuova reintegrazione cosmica.
La comunità degli esiliati – gli atlanti – si sparse in piccoli raggruppamenti nelle Americhe, nell’odierno Polo Sud, e soprattutto in Europa, dove grazie ad una tecnologia assolutamente sconosciuta e incomprensibile agli occhi degli abitanti nativi, riuscirono a mantenere il controllo del potere sui territori che occupavano. Se con i nativi la politica egemonica degli atlanti non trovò nessun ostacolo, lo stesso non si potè dire per ciò che riguardava i rapporti con le altre razze extraterrene – nei loro corpi originari – che per motivi diversi occupavano ampie regioni continentali alla ricerca soprattutto di minerali introvabili, o difficilmente reperibili, nei loro mondi di origine. Gli scontri con le civiltà provenienti da Sirio, in territorio indiano, e con quelle originarie di Nibiru, in Mesopotamia, intaccarono velocemente e con grande intensità la loro supposta egemonia per il controllo della Terra, facendogli perdere quel senso di invincibilità che li aveva fino ad allora accompagnati.
I grandi sommovimenti tellurici e soprattutto oceanici del 10.000 a.c. finirono poi per disintegrarne la struttura logistica di laboratori, arsenali e magazzini, fino a renderli impotenti di fronte al dilagare numerico dei terracquei che cominciarono ad assumere il controllo delle terre rimaste emerse. Ridotti ormai a poche migliaia di individui – salvi o perché in viaggi spaziali durante il grande “diluvio”, o perché in luoghi alti non attinti dalla “grande onda” – cercarono di elaborare nuove strategie per potere nuovamente controllare quello che ritenevano il “loro pianeta”.

lunedì 22 novembre 2010

Lo Spiritualismo di Allan Kardec 4° - Il principio delle cose

-          Può l’uomo conoscere il principio delle cose?
-          No. Dio non permette che tutto sia rivelato all’uomo, qui sulla Terra.

-          L’uomo penetrerà un giorno i misteri delle cose che gli sono occulte?
-         Il velo si alza nella misura in cui questi si depura. Ma, per la comprensione di certe cose, ha bisogno di facoltà che ancora non possiede.
-          L’uomo non potrà, attraverso le indagini scientifiche, penetrare in alcuni dei segreti della natura?
-         La scienza gli è stata data per il suo avanzamento in tutti i sensi, ma non può oltrepassare i limiti fissati da Dio.
-          Può l’uomo ricevere, al di là delle indagini scientifiche, comunicazioni di un ordine più elevato su ciò che fugge alla percezione dei sensi?
-         Sì, se Dio lo giudica utile, può rivelargli ciò che la scienza non riesce ad imparare.
-          La materia esiste sin dall’eternità, come Dio, o è stata creata da Lui in un qualche momento?
-         Solo Dio lo sa. C’è, però, una cosa che la vostra ragione vi deve indicare: è che Dio, modello d’amore e carità, non è mai stato inattivo. Qualunque sia la distanza che possiate immaginare in relazione all’inizio della Sua azione, potreste immaginarvelo anche un solo secondo nell’inattività?
-          Definiamo la materia come ciò che ha estensione, può stimolare i sensi ed è impenetrabile. E’ questa una definizione esatta?
-         Dal vostro punto di vista, sì, perché potete parlare solo di ciò che conoscete. Ma la materia esiste in stati che non percepite. Può essere, per esempio, così eterea e sottile da non produrre alcun stimolo ai vostri sensi; però sarà sempre materia, anche se non per voi.
-          Che definizione ci puoi dare della materia?
-         La materia è lo strumento con cui si schiavizza lo spirito.

domenica 21 novembre 2010

Sogni 1

  Dunque, eravamo rimasti al “cordone ombelicale invisibile”, quello che lega i nostri due corpi, quello fisico e quello etereo ( che nella dottrina spiritualista è detto “perispirito” ).
Se qualcuno mi chiedesse se l’ho mai visto, dovrei rispondere di no.
Tutto ciò, infatti, che fa parte di una dimensione differente, diventa impercettibile ai nostri sensi confinati dalla fisicità, e come tale è invisibile.
Siccome però un qualche legame fra il nostro essere corporeo e quello perispirituale deve esistere – altrimenti non potrebbero avvenire connessioni energetiche fra l’uno e l’altro – il “cordone ombelicale argentato” ha una sua logica intrinseca, una ragione d’essere: è infatti ciò che ci mantiene costantemente connessi con questa nostra parte energetica nascosta, quella dove risiedono i meridiani stimolati, ad esempio, nella tecnica cinese dell’agopuntura, o i  famosi “chakra”, vortici di energia che distribuiscono la stessa, nella misura in cui serve ad una od altra attività fisica o mentale, per sostenerla o ampliarla.
Diamo quindi – per ora – credito a questa “teoria” e vediamo come funziona in pratica questo strumento invisibile che interconnette la nostra dualità esistenziale, durante le esperienze che noi chiamiamo “sogni”.
Nel momento in cui ci addormentiamo e l’attività cerebrale – quella della mente fisica – si riduce quasi a zero, entra in funzione il meccanismo invisibile che regola la nostra vita spirituale: il nostro corpo etereo comincia a distaccarsi da quello fisico, con l’intento di raggiungere gli ambienti dimensionalmente compatibili con esso, per confrontarsi con la realtà che lì incontra.

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