domenica 21 novembre 2010

Sogni 1

  Dunque, eravamo rimasti al “cordone ombelicale invisibile”, quello che lega i nostri due corpi, quello fisico e quello etereo ( che nella dottrina spiritualista è detto “perispirito” ).
Se qualcuno mi chiedesse se l’ho mai visto, dovrei rispondere di no.
Tutto ciò, infatti, che fa parte di una dimensione differente, diventa impercettibile ai nostri sensi confinati dalla fisicità, e come tale è invisibile.
Siccome però un qualche legame fra il nostro essere corporeo e quello perispirituale deve esistere – altrimenti non potrebbero avvenire connessioni energetiche fra l’uno e l’altro – il “cordone ombelicale argentato” ha una sua logica intrinseca, una ragione d’essere: è infatti ciò che ci mantiene costantemente connessi con questa nostra parte energetica nascosta, quella dove risiedono i meridiani stimolati, ad esempio, nella tecnica cinese dell’agopuntura, o i  famosi “chakra”, vortici di energia che distribuiscono la stessa, nella misura in cui serve ad una od altra attività fisica o mentale, per sostenerla o ampliarla.
Diamo quindi – per ora – credito a questa “teoria” e vediamo come funziona in pratica questo strumento invisibile che interconnette la nostra dualità esistenziale, durante le esperienze che noi chiamiamo “sogni”.
Nel momento in cui ci addormentiamo e l’attività cerebrale – quella della mente fisica – si riduce quasi a zero, entra in funzione il meccanismo invisibile che regola la nostra vita spirituale: il nostro corpo etereo comincia a distaccarsi da quello fisico, con l’intento di raggiungere gli ambienti dimensionalmente compatibili con esso, per confrontarsi con la realtà che lì incontra.
Se non ci fosse alcun raccordo fra le due realtà – quella fisica e quella etereo-spirituale – che beneficio potremmo avere noi, come esseri umani immersi nella vita materiale, dalle esperienze che facciamo ora in una dimensione, ora nell’altra? Nessuno, perché queste due esperienze rimarrebbero isolate, a sé stanti, incomunicabili, praticamente inutili ai fini dell’unico vero compito che abbiamo durante il ciclo di esperienze che facciamo quando “vivi”, che è quello della scoperta e della percorribilità del cammino evolutivo che ci è proprio.
Se il nostro corpo etereo, spirituale, che ogni volta che ci addormentiamo se ne va in giro per dimensioni che ci sono sconosciute, non riuscisse a comunicare al corpo fisico, alla mente, ciò che ha visto, che ha fatto, durante quei momenti di assenza, a cosa ci servirebbe questo stesso altro corpo etereo? A niente, perché avrebbe esperienze solo sue, che sarebbero ricordate solo nella sua memoria spirituale, e riconosciute da noi solo quando ci ritroveremmo “coscientemente” in quello stato, cioè solo dopo “morti”. Potremmo quindi normalmente farne a meno, già che nessuna informazione, nessun beneficio ce ne verrebbe, risultando quindi “inutile” agli effetti del percorso evolutivo che dobbiamo percorrere quando “in vita”.
Se partiamo però dal presupposto che niente di ciò che esiste è inutile, che tutto ha un senso anche se non lo comprendiamo, dovremo per forza di cose postulare che esiste qualcosa che mantiene connesse la nostra dualità dimensionale, quella fisica e quella spirituale, e questa cosa è appunto il cordone energetico di cui stiamo parlando.
Ma come funziona, in pratica, tutto ciò?
Nel momento dell’assopimento avviene il distacco dei nostri due corpi. Quello fisico entra in stato di quiete, quello etereo comincia a spostarsi, dirigendosi nella realtà dimensionale che gli è confacente.
Ma cosa vuol dire la realtà che gli è “confacente”? Semplice, quella in cui è compatibile energeticamente, vibratoriamente. In altre parole, quella in cui trova altri esseri che sono posti sullo stesso grado evolutivo, in grado di comprendersi l’un l’altro.
Solo in questo modo l’essere spirituale riesce a comunicare, a imparare, a ricevere informazioni che dovrà poi, in qualche modo, trasmettere alla mente fisica, che dovrà quindi cercare di riconoscere le informazioni ricevute per elaborarle e, possibilmente, utilizzarle nel processo esistenziale in cui questa è inserita, cioè la realtà fisico-materiale.
So che è un discorso un po’ complesso, e quindi per il momento credo sia meglio fermarmi. Nel prossimo post prometto che cercherò quindi di entrare più nel dettaglio di questo “viaggio”, descrivendone le fattezze e soprattutto i riflessi che può avere nella nostra esperienza quotidiana.
A risentirci, allora.

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