venerdì 26 novembre 2010

Conversazioni con Rogerio Almeida 5° - Stromboli

«E Kardec, chi era quest’altro tizio?».
«Nel mio Paese, dove attualmente vivo, hanno idolatrato tanto questo nome che l’uomo è diventato quasi irriconoscibile. Kardec, prima ancora di essere il codificatore dello spiritualismo, era solamente il professor Hyppolite Leon Denizard Rivail, che era stato uno degli alunni di Pestalozzi, e la cui intenzione era di divulgare il metodo del suo vecchio maestro in Francia, dove era nato e viveva.
Influenzato però dallo stesso Pestalozzi, cui non piaceva vedere i suoi ausiliari, cattolici o protestanti che fossero, confrontarsi nell’intento di far prevalere una religione sull’altra, il professor Rivail formò la sua personalità in modo da distanziarsi, come il suo precettore, dalla pratica religiosa così com’era professata nella Francia del secolo XIX.
Terminato il corso preparatorio nell’Istituto di Verdun, in Svizzera, quando aveva più o meno 20 anni, e siamo intorno al 1824, ritornò in Francia, fissando la sua residenza a Parigi, e lì fondò un liceo, una specie di scuola secondaria preparatoria, con l’intento di introdurre il metodo educativo di Pestalozzi. Insegnò all’incirca per trent’anni quando fu sorpreso da una riforma promossa dall’allora imperatore Napoleone III, che obbligava tutti i professori dello Stato a prestare giuramento di fedeltà allo stesso in cambio del mantenimento della licenza per il magistero».
Tirò un sospiro, come a riprendere fiato, ma non gli permisi di continuare. Mi sembrava che la conversazione fosse scaduta un po’, e che stavamo perdendo tempo nel parlare di gente mai sentita, sconosciuta.
Volli sdrammatizzare il momento, e cercai di farlo scivolando nel ridicolo.
«E allora il professor Rivail comprò documenti falsi, e con il nome di Kardec viaggiò fuori dal Paese».
«No, il nome Kardec viene da un’altra storia» disse calmamente. «Era il nome di un antico sacerdote druido che si occupava di questioni spirituali e di cui il professor Rivail si rese conto, un giorno, di essere la continuità, o meglio la reincarnazione».
«Bene, comunque cos’è che il professor Rivail, o Allan Kardec, fece di così speciale per essere ricordato dai posteri?» dissi un tanto ironicamente.
«Per questioni di indole caratteriale il professor Rivail, non acconsentendo a transigere ai suoi principi, preferì perdere il suo impiego all’arrendersi agli ordini dell’imperatore. Fu in questo periodo che finì per interessarsi a strani fenomeni di tavolette e penne che scrivevano da sole, apparentemente mosse da mani invisibili».
«Ah» dissi «sì, lo so. È quel giochetto del bicchiere e delle lettere. Anche Kardec si divertiva con quello, ma non mi dire?» e gli lanciai un’occhiata obliqua del tipo “ma mi stai prendendo per i fondelli?”.
Rogerio, invece, serissimo continuò «Esattamente. Quello che per molti era solo uno strano insieme di fenomeni apparentemente bizzarri, per la sensibilità del professor Rivail diventò il filo conduttore attraverso il quale poteva scoprire un grande disegno intelligente nascosto dietro quella fenomenologia specifica. La fine di tutto questo processo di indagini e conoscenza fu la codificazione spiritualista, una raccolta di cinque libri di cui ti consiglio la lettura» disse, ritornandomi ammiccando la stessa occhiata obliqua, «dettata da questa “causa intelligente”, cioè da spiriti disincarnati i cui messaggi furono abilmente utilizzati dal professor Rivail, anche se per diffonderli, proprio per il grande prestigio che come professore godeva nell’ambiente accademico dell’epoca, preferì per questioni personali assumere lo pseudonimo di Allan Kardec.
Come vedi, niente clandestinità e fughe all’estero».
«Ok, quindi Allan Kardec parlava con i morti» risposi con l’aria tipica di quello che ha appena perso una battaglia.
«Non direttamente» continuò l’adesso interessante interlocutore «giacché lui riceveva queste comunicazioni attraverso diversi medium, restandogli il difficile compito di comprenderle nel loro significato e organizzarle alla luce della ragione, suo unico criterio selettivo».
«E in che modo tutto ciò si professava?».
«Per essere stato un professore di tanti figli e figlie delle migliori famiglie parigine, e anche autore di diversi libri didattici, quando divenne pubblico che stava studiando quella cosa molte notizie e molti messaggi medianici arrivarono quasi naturalmente alla sua conoscenza, e si sorprese nel rendersi conto che, pur provenienti da tante fonti differenti, esisteva un senso comune in quei messaggi che pretendeva di presentare al mondo la promessa rivelazione spirituale introdotta  da Gesù quando Questi stette, duemila anni prima, fra noi.
Kardec giammai utilizzò, però, questa sua conoscenza con l’intento di ergersi ad autorità morale, o di creare una qualche religione a partire dalle rivelazioni degli spiriti».



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