sabato 4 dicembre 2010

Cosmogonia - Ya Yevh

Il momento della morte del Maestro segna quindi l’epilogo di un atto importante nella storia della “ribellione di Lucifero”, ma altri atti sarebbero apparsi sullo scenario. Prima però di visionarli dovremmo chiederci perché, alla fin fine, il Maestro aveva preso la decisione di incarnarsi sul nostro pianeta come un essere umano uguale agli altri.
Per rispondere a questa domanda dovremmo fare un passo indietro, un “passetto” di quindici miliardi di anni circa. A quel tempo la realtà del cosmo, così come ora lo conosciamo, era molto differente. Il respiro del Padre prana secondo gli indiani – inondava tutto. Il suo eco – l’om – rimbombava profondo attraversando tutta la Creazione. Mondi spirituali, astrali, fisici e artificiali da sempre solcavano le aree del Creato, compiendo lo stesso percorso, obbligatorio per tutto e per tutti, quello dell’evoluzione.

Entità fisiche e spirituali aiutavano, ognuno secondo la propria maniera e soprattutto secondo le proprie capacità, nell’accrescimento e nella manutenzione del percorso evolutivo già in atto. Altre, denominate co-creatrici per l’alto grado evolutivo che gli permetteva di fare cose ai più negate, avevano anche il compito di formattare quadri esistenziali che avrebbero potuto esprimersi a livello astrale e soprattutto fisico.
Fu uno di questi co-creatori, di nome Ya Yevh (Javeh) che, con l’intenzione di creare un immenso sistema di mondi che potesse crescere ed evolvere verso la perfezione del Padre, un bel giorno creò l’Universo. Il nostro Universo. Utilizzando principi che oggi noi cominciamo sempre più a verificare, a capire e utilizzare - mi sto riferendo ai principi di fisica e meccanica quantica – allineò volontà e pensiero fino al punto di concentrare tanta energia da trasmutarsi in una minuscola particella sub-atomica che un attimo dopo esplose. Era quello che noi conosciamo come Big Bang. In frazione di nanosecondi la materia, esplodendo, cominciò ad allontanarsi dal suo nucleo, disseminando un senza numero di particelle che presero a viaggiare a velocità incommensurabili.
Nello stesso tempo (quasi) Ya Yevh si rese conto che solo se ci fossero state altre particelle muovendosi a velocità minori si sarebbero potute aggregare a quelle più rapide, formando la materia che sarebbe stata la base della sua creazione. E le creò.
Ma le cose non andarono esattamente come previsto e, dall’alto della sua posizione di “architetto universale”, Ya Yevh si rese conto che molte cose gli erano sfuggite di controllo, e che avrebbero prodotto risultati catastrofici se non avesse fatto qualcosa. Preso dall’inquietudine decise di tuffarsi all’interno della propria creazione, per cercare attraverso il suo intervento personale di ovviare al caos che la sua “incompetenza iniziale” avrebbe potuto produrre. Ma non riuscì a trasportarsi tutto, con tutta la sua interezza esistenziale. Solo una parte di se stesso entrò all’interno del processo creativo, la stessa parte con cui abbiamo sempre fatto, e continueremo a fare, i conti.
Qualche miliardo di anni dopo – otto secondo i conti delle scienze astronomiche – nasceva il nostro sole, e poche centinaia di milioni di anni dopo, la Terra. Tre miliardi e ottocento milioni di anni fa iniziò invece la fase più importante per la costituzione del nostro pianeta, la disseminazione della vita fisica. Alla stessa stregua di tutti gli altri mondi immersi nell’Universo – abitati e non, fisici, astrali o artificiali – il DNA del nostro creatore venne utilizzato per disseminare le combinazioni chimiche che avrebbero, col tempo, dato origine all’evoluzione biologica. La vita sarebbe apparsa, il percorso evolutivo sarebbe stato tracciato.


giovedì 2 dicembre 2010

Il suicidio di Mario Monicelli

Vorrei prendere spunto da un fatto di cronaca appena successo, la scomparsa del grande maestro Mario Monicelli, per fare alcune considerazioni sul suicidio come atto del libero arbitrio umano.
Premetto che non vorrei che si travisassero le mie parole, nel senso generale di un’assoluta contrarietà alle penose vicende umane che portano taluni, magari in tremende e terminali situazioni di salute, a interrompere le proprie esistenze, ma solamente che fossero accettate per quelle che sono, uno stimolo al pensiero.
Per capire la valenza del suicidio dobbiamo fare un lungo salto indietro, quando ancora eravamo in stato spirituale, prossimi all’imminente reincarnazione.
In quell’opportunità ognuno di noi, espresso il desiderio di riprendere il ciclo delle esistenze fisiche, ha riunito attorno a sé il grande gruppo di spiriti che gli sono compagni, amici o nemici, e sotto la supervisione del mentore spirituale di quel gruppo ha dichiarato quali i suoi propositi evolutivi che intende raggiungere durante la prossima vita fisico/materiale.
In relazione alle cose che avrà da fare, agli incontri e scontri che dovrà sostenere, al cammino che dovrà percorrere, insomma, gli verrà assegnato un “tempo di vita”, necessario e sufficiente a far tutto ciò che deve, un tipo di”serbatoio” di esistenza da utilizzare perché tutte le cose che dobbiamo/vogliamo fare possano compiersi.
Chiaramente – ed è qui che vorrei evitare la “polemica” cui mi riferivo idealmente prima – anche le malattie contano, anzi forse proprio le malattie, per l’obbligatorietà dell’introspezione che portano necessariamente con sé come conseguenza dello smarrimento in cui la persona prossima a “morire” si sente, sono una delle fasi più importanti dell’esperienza fisica dello spirito.
Quando l’essere umano, per i motivi più diversi, decide di interrompere la sua vita, lo fa lasciando sempre un residuo di “esistenza” nel suo “serbatoio”, e questo residuo non può essere semplicemente cancellato, ma deve consumarsi piano pano, naturalmente, secondo il tempo terrestre, fino a esaurirsi completamente.
Solo allora lo spirito può portarsi nell’ambiente spirituale vero e proprio.
Ma cosa significa ciò, in pratica?
Quando una persona “muore” naturalmente, non appena avviene il distacco del cordone d’argento che unisce il corpo spirituale a quello fisico, il primo di questi due corpi viene trasportato negli ambienti spirituali che gli sono consoni per il ristabilimento dell’equilibrio energetico perso durante la fase incarnatoria, una specie di “ospedale dell’anima”, detto in soldoni.
Il suo corpo fisico – quello morto per davvero – rimane sulla Terra, cominciando il suo processo naturale di decomposizione, e di tutto ciò, là “sopra”, lo spirito non s’interessa un granché, già che in pace con se stesso.
Quando una persona invece “si uccide” – meglio sarebbe dire quando uno spirito decide di uccidere il proprio corpo – quello che succede è che la sua essenza personale non riesce a “volare” dove dovrebbe, ma si costringe a rimanere accanto al suo corpo fisico per il tempo necessario all’esaurimento della carica vitale del “serbatoio energetico”.
E’ allora costretto a vedere il corpo che l’ha accompagnato durante l’esistenza fisica consumarsi nella decomposizione, anzi, non solo lo vede, ma lo “sente” ancora come suo, con indicibili sofferenze.
Il tempo di durata di questa sofferenza è relativo – nel caso di Monicelli, con 95 anni, probabilmente corto, mentre estremamente più lungo nel caso il suicida sia ben più giovane del maestro – ma l’effetto sullo spirito del suicida è lo stesso: una estrema disperazione non confortata da nessuno, se non dopo che l’energia vitale si sarà esaurita e il “soccorso celeste” potrà intervenire trasportando l’anima infelice verso ambienti dove comincerà a ricomporsi.
Lo spirito del suicida rimane dunque ben vivo, legato alla crosta terrestre, al suo corpo in decomposizione, rivivendo in continuazione il gesto con cui s’è tolto la vita, obbligato a sentire le parole e i pensieri di quelli che conosceva e che sono rimasti vivi, a vederli spartirsi le cose che lui ha guadagnato, a litigare fra loro.
Cercherà allora di intervenire – perché si sente ancora “vivo” – ma senza alcun esito perché, invisibile da tutti, nessuno percepirà la sua presenza.
In compenso dovrà sopportare la compagnia di altri esseri ugualmente o peggiormente disperati che come lui vagano in questa zona “astrale”, o perché “colleghi”, cioè altri suicidi, o perché semplicemente troppo attaccati alle cose della vita, ai beni, agli affetti, al potere, e per queste recalcitranti – loro, a differenza dei suicidi, potrebbero farsi “ricoverare” se volessero – all’idea del ritorno negli ambienti spirituali che gli sono vibratoriamente consoni.
Questo è quello che sappiamo da migliaia di comunicazioni che abbiamo con il mondo spirituale, tutti concordi nell’esprimere un netto giudizio negativo in relazione agli effetti che ha sull’anima quel tipo di scelta, e quindi a sconsigliarlo a chiunque.
Che ognuno tragga le proprie conclusioni.
Io prego per il maestro Monicelli, che presto raggiunga la pace.



martedì 30 novembre 2010

Conversazioni con Rogerio Almeida 6° - Stromboli

«E di che tipo di rivelazioni si trattava?» chiesi visibilmente curioso.
«Appena attualizzazioni, da molto tempo già offerte nell’India antica, nel Messico e in Perù, formate ad hoc per l’intendimento occidentale, in un tentativo dell’Alta Spiritualità di riscattare gli insegnamenti di Cristo senza gli orpelli mondani cresciuti lungo l’evoluzione del pensiero cristiano. Si apriva per l’uomo e la donna terrestri uno sfondo spirituale dietro a quello della vita terrena, nella misura in cui erano presentate le leggi divine che reggono la vita a qualunque livello questa si espressi».
«Le leggi divine, quali?».
«L’uomo, attraverso il metodo scientifico, già riesce a calcolare l’orbita degli elettroni intorno ai nuclei atomici, dei pianeti attorno alle stelle, ma non ha la minima idea delle leggi che “misurano” la traiettoria dell’essere umano nell’uso del suo libero arbitrio. Possiamo calcolare, con assoluta precisione matematica, in che punto della sua orbita il pianeta Giove si troverà il 27 marzo del 2349 alle 14: 27’33”. Ma, dove sarà ciascuno di noi a quest’ora tra dieci giorni? Quali sono le leggi che spiegano la traiettoria dell’essere umano? Sono esattamente le citate leggi divine che regolano la vita cosmica quelle che accompagnano la traiettoria degli esseri pensanti, che misurano i loro meriti e demeriti, e che distribuiscono le ricchezze esistenziali del cosmo d’accordo con questi giusti criteri. Nel linguaggio umano l’espressione che meglio traduce queste leggi divine è quella che si riferisce alla legge di causa ed effetto, d’azione e reazione, giacché il Padre Celestiale non condanna mai nessuno dei Suoi figli, non interferendo in tali leggi. Ognuno di noi, quindi, possiede il libero arbitrio che gli permette di agire come vuole e in questa forma azioniamo i meccanismi di questa legge i quali, in ultima istanza, affermano semplicemente questo: “la semina è libera, ma il raccolto è obbligatorio”».
«È quindi la stessa cosa del karma di cui si parla in India?».
«Sì, nonostante parole come reincarnazione, cristianesimo, karma, amore, equità sociale, sembrano non esser mai state veramente comprese da questa umanità. Nello specifico la parola karma, nell’occidente, è da sempre violentata da interpretazioni di tutti i tipi. Riassumendo – come affermano gli Spiriti – l’unico determinismo o karma inevitabile nel destino di ogni essere cosmico è poter, un giorno, diventare Uno con il Padre Celestiale. Però, quando e come arrivare a questa condizione, dipenderà sempre dal libero arbitrio di ciascuno di noi» disse guardandomi profondamente negli occhi, come a volermi far comprendere che questa ultima frase fosse il vero succo di tutta la storia che mi stava raccontando.
«Mi sembra sempre quella vecchia trappola della Chiesa, quella che devi obbedire ciecamente per poter raggiungere il paradiso, se no si va dritti dritti all’inferno» dissi un po’ seccato.
«Lo sfondo del pensiero cattolico promosso dalla filosofia patristica, quella dei primi padri della chiesa cattolica dei secoli III, IV e V, profondamente influenzati da Sant’Agostino, Origene e Plotino, e più tardi dalla filosofia scolastica di Tommaso d’Aquino con la sua visione aristotelica del mondo, era che il cattolico doveva credere per poter comprendere. Gli Spiriti, nell’aprire al mondo la verità della rivelazione spirituale, affermarono come premessa che “prima di credere era necessario " comprendere", giacché non c’era più spazio, nel mondo, per una fede fanatizzata e lontana dalla ragione. In questo modo gli Spiriti pretendevano lasciare al libero arbitrio umano l’opzione di obbedire alle indicazioni della propria coscienza spiritualizzata o a quelle legate ai dogmi e ai culti esteriori imposte dalle chiese che pretendevano di nominare e dettare norme di condotta, ma che non si preoccupavano di spiritualizzare l’essere umano, con lo scopo di impedirgli di essere il pilota nella conduzione del proprio destino.
                                      


                                 

lunedì 29 novembre 2010

Lo Spiritualismo di Allan Kardec 5°

Alla stessa maniera in cui per valutare correttamente una situazione dobbiamo comprenderne tutti i presupposti iniziali, anche per la reintegrazione cosmica si necessita, come fenomeno in divenire, della presentazione di tutti i presupposti teorici che la precedono, e la determinano.
Inserita com’è all’interno di una dottrina specifica - lo spiritualismo sorto in Francia nel secolo diciottesimo per merito del “codificatore” Allan Kardec - diventa quindi imprescindibile lo studio delle sue “basi” dottrinarie.
Obbiettivo di questo blog è quindi introdurre, poco a poco e per argomenti specifici, lo spiritualismo Kardecista, attraverso la presentazione che lo stesso autore fa nel suo primo libro in questi brani, dedicati al tema, tratti dal “Il libro degli spiriti”.



L’Universo è stato creato o esiste da tutta l’eternità, come Dio ?

Non puo’ essersi fatto da solo, e se esistesse fin dall’eternità, come Dio, non potrebbe essere opera di Dio.

Come creo’ Dio l’Universo?

Per sua volontà

Possiamo conoscere il modo in cui i mondi sono stati formati?
  
Tutto cio’ che si puo’ dire, e che potete comprendere, è che i mondi si formano dalla condensazione della materia sparsa nello spazio.

Le comete sarebbero un inizio di condensazione della materia, mondi in via di formazione?

Giusto.
Un mondo completamente formato puo’ scomparire, e la materia che lo compone spargersi di nuovo nello spazio?

Si’, Dio rinnova i mondi, come rinnova gli esseri vivi.

Possiamo conoscere la durata della formazione dei mondi: della Terra, per esempio?

Non posso dirlo, perché solamente il Creatore lo sa.



domenica 28 novembre 2010

Cosmogonia - La triste scoperta e una nuova missione

Che qualcosa stesse per succedere Luzbel se ne era accorto da tempo. Il primo segnale fu la guerra aperta che dovette affrontare contro Ya Yevh, il Creatore, che non vedeva certo di buon occhio l’influenza nefasta che i ribelli continuavano ad esercitare su tutti gli altri abitanti della Terra, obbligando a un ritardo non previsto il momento della tanto attesa ricongiunzione cosmica.
Era vero che l’arrivo dei “ribelli” sulla Terra era stato permesso dal proprio Ya Yevh, ma le vere intenzioni di questi erano quelle di permettere un intercambio “coscienziale” tra i nativi e gli esiliati, che permettesse ai primi di evolvere materialmente e spiritualmente, e ai secondi di avere, attraverso quella politica di un “nuovo inizio”, l’opportunità di ripensare ai postulati che li avevano già così tanto compromessi di fronte alle leggi cosmiche, per abbandonarli e riabbracciare gli ideali che sostenevano tutta la creazione. Voleva due pesci con un amo solo, quindi. Ma, come sempre, le cose non andarono esattamente come sperato.
A complicare tutta la vicenda cominciava a crearsi un conglomerato massiccio di navi spaziali che stavano asserragliandosi tutto attorno al pianeta, alcune nella dimensione fisica propria del nostro globo, altre – la maggior parte – in dimensioni “parallele” non visibili neanche ai capi “astralizzati” della ribellione.
Qualcosa di importante – a livello cosmico – stava veramente per succedere. Luzbel cominciò a rendersene effettivamente conto al notare l’incredibile aurea magnetica che s’era sprigionata in quello che fino a poco tempo prima era stato il territorio degli Annunaki – il modo in cui i Sumeri chiamavano i loro dei e comandanti provenienti dal pianeta Nibiru – l’attuale Medio Oriente, in occasione del battesimo di un uomo nelle acque del fiume Giordano. Non solo il fermento delle navi nei cieli divenne convulsivo, ma lui stesso ebbe una stranissima sensazione che lo inquietava enormemente: quell’uomo – dagli amici chiamato Yoshua – lo stava guardando negli occhi!

Luzbel era attonito, quasi terrorizzato: come poteva un semplice essere umano riuscire a trasportare la sua visione fino alle sfere astrali, e guardarlo in viso? Chi era costui? Il suo Maestro non poteva certo essere. Gli sarebbe stato impossibile - un suicidio quasi certo - incarnarsi in un corpo materiale, assoggettandosi alla vita terrena. Forse era lo stesso Ya Yevh, o un altro alto emissario della Spiritualità Maggiore. 
Luzbel non capiva, e decise così di continuare a monitorare i movimenti di quell’uomo chiamato Gesù, che non riusciva però a identificare. Solo all’ultimo, quando lo vide sulla croce, rivolgersi direttamente al Padre nella lingua di Cappella, capì di chi si trattava. Lo sgomento, l’orrore e il pentimento lo assalirono. S’inginocchiò – non visto se non da Lui – ai piedi del patibolo, e pianse per il Suo Maestro, a cui mai aveva mancato nell’affetto, nonostante tutte le dispute passate.
Quando il corpo materiale del Sovrano morì, e il Suo spirito eccelso s’innalzò – ora nella Sua veste cosmica – verso il Cielo dove tutti erano in festa, si rese conto dell’incommensurabilità di quell’Essere, della Sua ormai chiara ed evidente personalità celeste che da sola valeva a farne l’Essere più di tutti unito al Padre, e decise che era arrivata l’ora di mettere fine alla sua lunga e spericolata scorribanda di ribelle. 
Si ritirò quindi negli ambienti spirituali dove l’aspettava un lungo periodo di ravvedimento, di ricostruzione dell’equilibrio morale che per tanto tempo aveva contribuito a smantellare. La sua missione sarebbe ora finita solo quando l’ultimo dei suoi accoliti avesse compreso le stesse cose che ora lui capiva, e fosse rientrato nel sistema di pensiero che da sempre imperava nel cosmo. 

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