domenica 28 novembre 2010

Cosmogonia - La triste scoperta e una nuova missione

Che qualcosa stesse per succedere Luzbel se ne era accorto da tempo. Il primo segnale fu la guerra aperta che dovette affrontare contro Ya Yevh, il Creatore, che non vedeva certo di buon occhio l’influenza nefasta che i ribelli continuavano ad esercitare su tutti gli altri abitanti della Terra, obbligando a un ritardo non previsto il momento della tanto attesa ricongiunzione cosmica.
Era vero che l’arrivo dei “ribelli” sulla Terra era stato permesso dal proprio Ya Yevh, ma le vere intenzioni di questi erano quelle di permettere un intercambio “coscienziale” tra i nativi e gli esiliati, che permettesse ai primi di evolvere materialmente e spiritualmente, e ai secondi di avere, attraverso quella politica di un “nuovo inizio”, l’opportunità di ripensare ai postulati che li avevano già così tanto compromessi di fronte alle leggi cosmiche, per abbandonarli e riabbracciare gli ideali che sostenevano tutta la creazione. Voleva due pesci con un amo solo, quindi. Ma, come sempre, le cose non andarono esattamente come sperato.
A complicare tutta la vicenda cominciava a crearsi un conglomerato massiccio di navi spaziali che stavano asserragliandosi tutto attorno al pianeta, alcune nella dimensione fisica propria del nostro globo, altre – la maggior parte – in dimensioni “parallele” non visibili neanche ai capi “astralizzati” della ribellione.
Qualcosa di importante – a livello cosmico – stava veramente per succedere. Luzbel cominciò a rendersene effettivamente conto al notare l’incredibile aurea magnetica che s’era sprigionata in quello che fino a poco tempo prima era stato il territorio degli Annunaki – il modo in cui i Sumeri chiamavano i loro dei e comandanti provenienti dal pianeta Nibiru – l’attuale Medio Oriente, in occasione del battesimo di un uomo nelle acque del fiume Giordano. Non solo il fermento delle navi nei cieli divenne convulsivo, ma lui stesso ebbe una stranissima sensazione che lo inquietava enormemente: quell’uomo – dagli amici chiamato Yoshua – lo stava guardando negli occhi!

Luzbel era attonito, quasi terrorizzato: come poteva un semplice essere umano riuscire a trasportare la sua visione fino alle sfere astrali, e guardarlo in viso? Chi era costui? Il suo Maestro non poteva certo essere. Gli sarebbe stato impossibile - un suicidio quasi certo - incarnarsi in un corpo materiale, assoggettandosi alla vita terrena. Forse era lo stesso Ya Yevh, o un altro alto emissario della Spiritualità Maggiore. 
Luzbel non capiva, e decise così di continuare a monitorare i movimenti di quell’uomo chiamato Gesù, che non riusciva però a identificare. Solo all’ultimo, quando lo vide sulla croce, rivolgersi direttamente al Padre nella lingua di Cappella, capì di chi si trattava. Lo sgomento, l’orrore e il pentimento lo assalirono. S’inginocchiò – non visto se non da Lui – ai piedi del patibolo, e pianse per il Suo Maestro, a cui mai aveva mancato nell’affetto, nonostante tutte le dispute passate.
Quando il corpo materiale del Sovrano morì, e il Suo spirito eccelso s’innalzò – ora nella Sua veste cosmica – verso il Cielo dove tutti erano in festa, si rese conto dell’incommensurabilità di quell’Essere, della Sua ormai chiara ed evidente personalità celeste che da sola valeva a farne l’Essere più di tutti unito al Padre, e decise che era arrivata l’ora di mettere fine alla sua lunga e spericolata scorribanda di ribelle. 
Si ritirò quindi negli ambienti spirituali dove l’aspettava un lungo periodo di ravvedimento, di ricostruzione dell’equilibrio morale che per tanto tempo aveva contribuito a smantellare. La sua missione sarebbe ora finita solo quando l’ultimo dei suoi accoliti avesse compreso le stesse cose che ora lui capiva, e fosse rientrato nel sistema di pensiero che da sempre imperava nel cosmo. 

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