giovedì 3 marzo 2011

Conversazioni con Rogerio - Macchu Picchu 2

“Molto bene, Roberto. Giacché hai capito, perché non ricominciamo da dove ci eravamo lasciati, su quel magnifico vulcano? E visto che siamo qui, perché non parlare dei popoli straordinari che hanno vissuto fra questi altopiani, gli Incas, e magari anche dei loro cugini centroamericani Toltechi, Maya e Aztechi, che tanto avevano in comune con gli Incas?»
«Chiaro» dissi «sono tutto orecchi. Hai già visto come mi lasci inebetito con le tue storie, no? E allora puoi cominciare, ti ascolto!»
E cominciò.
«L’essere umano normalmente percepisce solo quello che gli salta agli occhi. Così, quando guardiamo il mare, rivolgiamo la nostra attenzione alle onde, dimenticandoci della grande
profondità che le sostiene.
I Maya, gli Incas e gli Aztechi formano solo le onde di un oceano più profondo, poiché  queste tre civiltà sono figlie di una cultura madre, la tolteca, che nella mia metafora è
quell’oceano profondo di cui ti ho parlato. Gli Incas, per esempio, non sono mai riusciti a spiegarsi le radici dell’eredità tolteca che avevano ricevuto dai loro antenati, anche perché non erano i veri ereditieri, bensì lo erano quei tre popoli da cui avevano avuto origine cioè i Mochicas, i Wari e i Tihauanacos.
Allo stesso modo in cui, non sapendo chiaramente spiegare chi avesse costruito la vera capitale della loro civiltà (Tihauanaco, in Bolivia), tramandavano la storia - o leggenda, se la vogliamo chiamare così - che i costruttori fossero Dei, essi non riuscivano ad avere la minima idea da dove arrivassero le tradizioni culturali e scientifiche che gli appartenevano per eredità ricevuta, a loro dire, da generici antenati. E questo, vedi bene, non era esclusività degli Incas. Anche i Maya e gli Aztechi avevano lo stesso problema, e non sapevano localizzare le origini delle loro ricchissime tradizioni».
«Mi ha detto un vecchio indio, che vende frutta al mercato di Cuzco, che il costruttore di Tihauanaco fu un tale di nome Viracocha. Ne sai qualcosa?» chiesi.
«È quello che dicono le tradizioni dei popoli precolombiani» aggiunse.
«Sì, ma chi era Viracocha?».
«Raccontano le tradizioni che gli antenati degli Incas ebbero il privilegio, subito dopo il grande diluvio che trasformò la regione con l’esondazione del lago Titicaca, di conoscere questo leggendario personaggio che apparve all’improvviso, sbucando dalle acque di quel lago, riorganizzando quella civiltà distrutta con i pochi sopravvissuti.
Lo descrivevano come un uomo alto, con una lunga tunica bianca, un’imponente barba, insomma l’immagine di un uomo apparentemente di razza caucasica. Dicono queste tradizioni che era un uomo dall’indole speciale, che dimostrava di sapere e interpretare le leggi divine di cui era portatore, con un’enorme conoscenza nel campo dell’arte, della cultura e delle scienze, estremamente pacifico e misericordioso con tutte le persone che incontrava nei suoi vai e vieni per la regione andina».
«Aspetta, hai parlato di un diluvio, è lo stesso di cui parla la Bibbia, quello di Noè?»
«Già. Stiamo trattando di un evento che ha coinvolto tutto il pianeta alcune migliaia di anni fa, o comunque di una serie di eventi localizzati e che sono stati tramandati da molti popoli appartenenti a differenti regioni della Terra, apparentemente nello stesso identico periodo, e riportando esattamente lo stesso evento: un diluvio, una previa raccomandazione a un uomo affinché con la sua donna raccogliesse esemplari di piante e animali con cui avrebbe dovuto ricostituire la flora e la fauna, dopo che le acque si fossero ritirate. Anche gli Incas, i Maya e gli Aztechi fecero la loro parte, così come i popoli dell’India, dell’Europa antica e dell’Asia Minore, in particolar modo quelli della Mesopotamia, che descrissero dettagliatamente tutte le tappe legate a quel fatto in tavolette di argilla, recentemente trovate e che oggi sono a disposizione per la consultazione storica.
Ovviamente anche il nostro Noè biblico sta nel mezzo di tutta questa confusione».
«Allora» dissi «Viracocha è la versione andina di Noè, o è un Dio? Oppure un inviato di Dio che era venuto a salvare il mondo? ».
«Tu e la tua mania cattolica della salvezza! Non c’entra niente!» sentenziò quasi seccato.
«Qualunque Dio minimamente intelligente non sarebbe stato così irresponsabile da contraddire le leggi che Lui stesso aveva emanato in ordine alla questione delle cause e dei loro effetti. Chi deve salvarsi è lo stesso essere che si è ficcato nei guai, che ha creato con le proprie azioni il suo inferno particolare. Questi deve rendersi conto dei suoi errori e “salvarsi” da solo.
Quello che noi chiamiamo Dio pretendeva e pretende solo di aiutarci affinché noi stessi, i terracquei, si possa costruire, attraverso i nostri propri sforzi e meriti, il cammino della redenzione delle coscienze in relazione alle leggi della vita cosmica.
Viracocha, che in Messico conoscono come Quetzalcoatl, fu solo un essere inviato dall’Alto per aiutare il genere umano in quest’opera di ricostruzione».
«Allora Viracocha e questo Quetzal... insomma erano la stessa persona?»
«Sì, solo che il suo personaggio è stato riprodotto con nomi differenti. Viracocha in Perù e Bolivia, Quetzalcoatl in Messico. In realtà poi era un extraterrestre con una missione da compiere, e che ha compiuto».
«Ancora con ‘sta storia degli extraterrestri! E da quanto tempo ‘sta gente ci sta accompagnando?».
Lui tirò un profondo sospiro prima di rispondere…



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