giovedì 4 novembre 2010

Conversazioni con Rogerio Almeida 2° - Stromboli

Ci sedemmo sulla piattaforma di pietra e per alcuni minuti rimanemmo in silenzio, tentando di captare il rumore del vulcano che ribolliva sotto di noi.
Me lo immaginavo grande, rossissimo, con le bolle che si formavano e – flop – svanivano, pronto a esplodere in qualsiasi momento.
Nel cielo, dove si stagliava imponente la macchia della Via Lattea, a distanza di pochi minuti l’una con l’altra cadevano stelle a movimentare, per una frazione di secondo, quell’immensa immobilità.
Sirius, il cane, dal canto suo girava freneticamente le orecchie e la testa nel tentativo di individuare la fonte di quei guizzi repentini che i topi facevano tra una pietra e l’altra, senza però riuscirvi.
Poi decisi di rompere quel silenzio.
«Cosa cerchi in questa tua meditazione?» chiesi.
«Cerco la solitudine per vedere se, pur vivendo fra la moltitudine, è possibile trovarla».
«Perché la solitudine? La vita non ti piace, non ti diverte?».
«No, al contrario. Ma non forse nel modo in cui ti diverti tu. Quello che mi appassiona è la scoperta
della bellezza della vita».
Si fermò un attimo a guardare la mia faccia, inebetita per la risposta. « Ehi», dissi guardandolo un po’ storto, «fai parte di qualche setta mistica, qualche gruppo religioso? »




«No, di certo. Sicuramente non a sette o a religioni che pretendono di essere le uniche depositarie della verità, anche se anch’io, a ben pensarci, ne ho abbracciata una, quella dell’amore che unisce tutti gli esseri umani, di qualunque luogo essi siano, ed è a questa religione cui a mio modo appartengo».
 Guardai quel tizio con gli occhi un po’ socchiusi, pensando di trovarmi di fronte a un marziano che non aveva ancora capito che stava in Italia, che da pochi mesi avevano sequestrato Moro, chela polizia era da tutte le parti cercando quelli delle BR e i loro “fiancheggiatori”, che esisteva un movimento rivoluzionario in corso e che si stava  tentando di criminalizzarlo, che i compagni riempivano le galere, scappavano in Francia e chissà dov’altro, si frantumavano nell’eroina.
Gli chiesi brutalmente: «Ma tu sai dove sei? Sai cosa succede in questo momento qua in Italia o vivi fuori dal mondo? Hai mai sentito parlare di rivoluzione, di lotta di classe?».

«Se le rivoluzioni esteriori risolvessero le cose, credo che tutti i nostri problemi qua sulla Terra dovrebbero già essere stati risolti da molto tempo, e non mi sembra che questo sia il caso» sentenziò secco. «Credo invece che il vero e unico cambiamento che può rendere degna la vita è quello che si svolge lentamente e silenziosamente nell’intimo di ciascuna persona. Questo è sempre stato il principale obbiettivo di alcuni grandi uomini del passato, loro sì che con la loro rivoluzione intima hanno concretamente trasformato il mondo, cambiato la cultura e il modo di pensare di milioni di altri esseri».
 Decisamente quel tipo era strano e parlava di cose ancor più strane. Certo che ce ne vuole per salire sulla cima di un vulcano e trovarci un tizio così! Comunque lo lasciai proseguire.

«L’unico modo di cambiare veramente le cose è facendo sì che ogni essere umano cerchi di migliorarsi dentro, abbellendo in questo modo la vita. Capitalismo, socialismo, fascismo, sono mille e tanti “ismi “ per cui ci si scanna, ci si ammazza, e io mi chiedo quale fra loro sia il maggior responsabile per lo stato di fatto in cui ci troviamo. Non credo, a dire il vero, che ci sia alcun “ismo” che funzioni sul serio, dal momento che stiamo cercando appena di preoccuparci degli effetti senza dar la dovuta attenzione alle reali cause dei problemi della Terra», concluse perentorio.
 La cosa cominciava a interessarmi, e d’acchito chiesi quali sarebbero state secondo lui queste cause reali.
 «Penso che il nostro reale problema» rispose « sia l’ incapacità di amarci l’uno con l’altro, non nel senso religioso del termine, bensì in quello della capacità di osare politicamente e proporre solidarietà e fratellanza anche con chi oggi ci è nemico».
 «Solidarietà con i fascisti, i celerini che ci aggrediscono nelle piazze, ma sei fuori?» ribadii indignato.
 «Il maggior coraggio», il tipo proseguì imperterrito, « è quello di chi, per rispetto e fratellanza è capace anche di “prenderle” dall’aggressore, senza per questo smettere di amarlo. Sto parlando di non violenza, di quella ad esempio che Ghandi usò per piegare tutto l’impero coloniale britannico in India. Ghandi sì che fece una vera rivoluzione, che ancora oggi serve a esempio ed è insegnata nelle scuole di tutto il mondo: praticando, mentre le “prendeva” e finiva ripetutamente in prigione, quel concetto di “amarsi l’un con l’altro” a suo tempo insegnato dal maggior rivoluzionario che la storia terrestre abbia mai conosciuto, Gesù, Maestro dell’esercizio politico dell’amore incondizionato».Eccolo, c’era arrivato, ora compariva pure Gesù. Ma da dove mi era spuntato questo?

«Lo stesso Gesù poi, per quello che ho appreso, non ha mai inteso creare in questo mondo alcuna religione. Credo che tutto quello che volesse, e ancora vuole, è che sorgesse un nuovo uomo, una nuova donna, che sapessero applicare il codice di condotta d’amore che gli è insito sin dalla nascita. Questa sì che credo sarebbe la rappresentazione emblematica della più ardita delle rivoluzioni mai viste sulla Terra! Quella alla quale tu sei adesso vincolato, nonostante i giusti principi che l’hanno fatta nascere, è tanto equivocata quanto ai fini pretesi che può tranquillamente essere associata a tutte le altre che l’hanno preceduta nel corso della storia».



 Il brasiliano già stava cominciando a irritarmi, ma decisi di farlo continuare in attesa che dicesse qualcosa di veramente intelligente che mi desse motivo per continuare ad ascoltarlo o altrimenti per mandarlo a quel paese una volta per tutte.













3 commenti:

  1. Ciao Roberto. Allora, leggendo queste parole ho avuto due flash, due esperienze della mia vita che vorrei condividere, ringraziandoti per avermele fatti ricordare...
    Una,la scalata notturna sullo Stromboli di moltissimi anni fa rimasta in assoluto uno dei miei contatti più magici con la natura e la madre terra (...anche se non ho incontrato Rogerio)
    L'altra relativa al concetto di fratellanza, d'amore e di non violenza. Come esperienza personale ho imparato con il tempo a mettere in pratica, nel mio piccolo, il metodo di "ringraziare il mio nemico". Nemico inteso come oausa di sofferenza e disagio, ringraziamento perchè riconosco che grazie alla sua azione sono costretta ad ascoltare me stessa, quale reazione suscita in me e a capire quale atteggiamento assumere per non farmi travolgere. Mi ha pertanto aiutato a crescere, e lo ringrazio per questo. "Amarlo" in realtà forse è ancora un ulteriore passaggio di questo percorso, ma é certo che solo trsformando i miei limiti e le mie paure, posso amare con più libertà e semplicità.
    Ciao, Lucia

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  2. Non ti crucciare, Lucia, neanch'io ho incontrato Rogerio sullo Stromboli. L'ho solo messo li' perchè da qualche parte dovevamo iniziare le nostre "conversazioni", e in quel contesto ho potuto ritirare fuori alcuni clichè di quegli anni che ero convinto - e tu lo dimostri bene - sarebbero serviti a qualcosa.
    Uno, l'hai subito bene evidenziato, e non posso che essere d'accordo con te su quanto dici.
    "Amare" è un verbo difficile da coniugare nella realtà, soprattutto se l'oggetto è il "nemico".
    "Rispettare" è sicuramente più adatto, anche se, pure qui, abbiamo tutti molto da imparare.
    Il tuo commento equilibrato, e profondo, dimostra a tutti che pero' è possibile.
    Grazie
    Roberto

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  3. volevo sapere dove è possibile incontrare il guaritore spirituale indicato nell'articolo Grazie

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